Apicoltura e agriturismo


 

La scelta di fare l'apicoltore, e di farlo come professione esclusiva, è una tentazione che buona parte degli appassionati del settore devono necessariamente subire. Insomma, primo o poi, con maggiore e minore virulenza, a tutti la fatidica frase " ma ne vado in campagna a curare le mie api" ha fatto capolino nella testa.

Un part time aziendale

E' indubbio infatti che lavorare in questo settore sia estremamente appagante. La monotonia del lavoro d'ufficio, la complessità dei rapporti gerarchici, la vita sedentaria, la frequente deresponsabilizzazione che molti lavori portano con se, sono altrettanti incentivi a prendere in considerazione l'ipotesi di dedicarsi anima e corpo a una attività dove invece libertà, gusto imprenditoriale e vita all'aria aperta sono i principali ingredienti.

Ma fare l'apicoltore inteso come vivere di questo lavoro non è affatto facile. E lo dimostra il numero davvero esiguo (poche migliaia) di professionisti attualmente attivi in Italia. Come recentemente mi confidava un amico che ha lasciato l'impiego nella capitale per concentrasi con entusiasmo e un pizzico di incoscienza esclusivamente nell'attività apistica "il vero problema dell'apicoltura è che si tratta di una attività troppo bella in cui sono in molti quelli che, pur di svolgerla, sono disposti a guadagni al limite della sussistenza".

Tutta questa premessa può sembrare forse eccessiva per affrontare l'argomento oggetto di questo articolo: l'agriturismo e apicoltura. Ma così non è. Dalla approvazione della legge quadro sull'agriturismo, avvenuta nel 1985, si è infatti aperto un possibile ambito di attività estremamente interessante per chi si dedica all'attività apistica. E' comune infatti per molti apicoltori - i cosiddetti semiprofessionali - svolgere attività a part time con altre occupazioni generalmente extra agricole (in fabbrica, in ufficio, ecc.) ed è soprattutto per loro che l'agriturismo offre concrete possibilità.

Ospitare turisti nella propria azienda, in stanze o appartamenti indipendenti, può essere infatti un'ottima forma di integrazione di reddito, col vantaggio di un part time aziendale strettamente collegato con l'attività di allevamento apistico.

Una valida integrazione al reddito

Stime fatte dall'Agriturist valutano infatti ampiamente plausibili integrazioni di reddito valutabili, anche per iniziative di ridotte dimensioni, sui 10- 15 milioni annui.

Certo fare agriturismo richiede un minimo di adempimenti burocratici, una propensione per il contatto con gli ospiti e alcune condizioni di contorno irrinunciabili.

La prima, essenziale, è quella di fare parte della categoria degli imprenditori agricoli. Su questo la legge quadro che regola il settore (legge n. 730/85) è tassativa. Si tratta di una condizione che comunque non offre particolari problemi per chi effettivamente trae un suo reddito dall'attività di allevamento di api. L'art. 2135 del Codice Civile definisce infatti come imprenditore agricolo coloro che esercitano professionalmente una attività diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura e all'allevamento del bestiame...api comprese. Tale affermazione è poi confermata dalla attuale normativa IVA (art. 34 del DPR 633/72) e dal testo unico imposte dirette (DPR 132/78) dove l'apicoltura è espressamente elencata tra le attività di allevamento agricole per le quali il reddito può venire determinato in via forfettaria.

L'altra condizione da rispettare è che l'attività agrituristica sia svolta in una condizione di connessione e complementarietà rispetto all'attività agricola, che deve rimanere principale. La dimensione dell'iniziativa deve quindi essere calibrata in modo che il reddito ricavabile dall'ospitalità resa ai turisti sia inferiore a quello ottenuto dall'attività di apicoltore o comunque da quello ottenuto dalle attività di coltivazione e allevamento svolte sul fondo. Stanze e appartamenti destinati ai turisti devono poi essere preesistenti o comunque essere ricavati utilizzando strutture già presenti in azienda (anche se bisognose di grossi lavori di riadattamento).

L'importanza del posto

Fatte queste premesse vediamo ora i possibili tipi di attività possibili. Secondo la legge quadro sono fondamentalmente quattro.

- offerte di alloggio (stanze e appartamenti):

- organizzazione di spazi aperti per campeggiatori;

- somministrazione di pasti e bevande

- organizzazione di attività ricreative e culturali nell'ambito dell'azienda.

Delle quattro possibilità previste solo la terza (somministrazioni di pasti e bevande) è difficilmente praticabile dall'apicoltore. Perché sia infatti possibile aprire un ristoro rurale è infatti essenziale che i prodotti utilizzati per la preparazione dei pasti siano prevalentemente di derivazione aziendale. Certo, chi si dedica esclusivamente all'allevamento apistico non può certo pretendere di ottemperare a questa norma, anche se non va esclusa a priori la possibilità di organizzarsi con qualche semplice allevamento rurale di bassa corte e di un orto sufficientemente esteso a cui attingere per la preparazione dei menù aziendali.

Molto interessante per l'apicoltore è la possibilità di organizzare corsi. Di apicoltura, naturalmente, ma anche su argomenti di carattere più genericamente ambientale come il riconoscimento delle piante, l'erboristeria ecc.

Per gli alloggi e le stanze da dare in affitto e per l'organizzazione di agricampeggi non ci sono particolari problemi. L'unico limite è dato dalla bellezza dei luoghi che devono ovviamente avere qualcosa da offrire dal punto di vista turistico . Le condizioni ottimali sono date dalle località di montagna che permettono di sfruttare ambedue le stagioni turistiche (invernale ed estiva) e dalle aziende ubicate in prossimità di città d'arte, dove l'afflusso turistico è costante in quasi tutti i mesi dell'anno. Qualche problema in più lo pone la promozione di aziende agrituristiche poste in zone collinari o di pianura che non possono godere di particolari attrattive locali. In questo caso la carta vincente è tutta affidata all'inventiva dell'imprenditore, al suo saperci fare con gli ospiti e al saper creare, all'interno della azienda degli incentivi sufficienti a motivare l'attrattiva dei turisti (i corsi prima ricordati, la semplice tranquillità dei luoghi, la dotazione aziendale di una piscina e di qualche semplice impianto sportivo).

I finanziamenti possibili

Ultima, ma non per questo meno importante motivazione per dar vita a una iniziativa di questo tipo, è il tema dei finanziamenti. Se soldi per l'apicoltura oggi se ne vedono decisamente pochi per l'agriturismo la situazione è un po' più incoraggiante. A parte i contributi previsti dalle diverse leggi regionali che regolano il settore, negli ultimi anni si sono infatti aperte numerose nuove vie di sovvenzione attraverso i fondi comunitari appositamente attivati a questo scopo. Tra i più interessanti vanno citati i programmi operativi plurifondo (P.O.P) previsti in favore del turismo rurale e dell'agriturismo dal reg. 2052/88 (Riordino dei fondi strutturali, obiettivo 5/b); il Reg. 2328/91 sugli interventi per l'ammodernamento delle strutture agricole e il progetto Leader II, che prevede consistenti aiuti a sostegno dello sviluppo rurale, anche agrituristico, purché tali programmi siano realizzati tra associazioni di imprenditori (anche associazioni apistiche quindi!) ed enti pubblici o privati denominati gruppi di azione locale (GAL).

Informazioni dettagliate su come accedere a tali fondi sono ottenibili rivolgendosi direttamente alle Regioni (in genere tutti i finanziamenti prevedono una fase locale previa di approvazione) o, più semplicemente, contattando le sedi delle associazioni agrituristiche regionali, presenti ormai ovunque.


Damiano Lucia

Tutte le leggi sull' agriturismo

Legge Quadro Nazionale

L. 5 dicembre 1985 n.730 "disciplina dell'agriturismo"

Leggi Regionali

Valle d'Aosta: L.R. 24 giugno 1983 n.1 "interventi a favore dell'agriturismo";

Piemonte: L.R. 23 marzo 1995 n. 38 "Disciplina dell'agriturismo";

Liguria: L.R. 3 gennaio 1989 n.39 "Disciplina e sviluppo dell'agriturismo";

Lombardia: L.R. 3 gennaio 1992 n. 3 "Disciplina regionale dell'agriturismo e valorizzazione del territorio rurale";

Provincia di Trento: L.P. 10 marzo 1986 n. 9 "Disciplina dell'agriturismo";

Provincia di Bolzano: L.P. 14 dicembre 1988 n. 57 " la disciplina e lo sviluppo dell'agriturismo";

Veneto: L.R. 18 luglio 1991 n. 15 "Norme per l'esercizio dell'attività agrituristica";

Friuli Venezia Giulia: L.R. 7 marzo 1989 n. 10/11 "Disciplina e sviluppo dell'agriturismo";

Emilia Romagna: L.R. 28 giugno 1994 n. 26 " Norme per l'esercizio dell'agriturismo e del turismo rurale ed interventi per la loro promozione";

Marche: L.R. 6 giugno 1987 n. 25 "Disciplina dell'agriturismo";

Toscana: L.R. 17 ottobre 1994 n.76 "Disciplina delle attività agrituristiche";

Umbria: L.R. 6 agosto 1987 n. 38 "Interventi a favore dell'agriturismo";

Lazio: L.R. 10 novembre 1997, n. 36 "Norme in materia di agriturismo";

Abruzzo: L.R. 31 maggio 1994 n.32 "Nuove norme in materia di agriturismo";

Molise: L.R. 25 gennaio 1994 n.2 "Provvedimenti a favore dell'agriturismo";

Campania: L.R. 28 agosto 1984 n.41 "Interventi a favore dell'agriturismo";

Puglia: L.R. 22 maggio 1985 n.34 "Interventi a favore dell'agriturismo";

Basilicata: L.R. 27 aprile 1996 n.24 "Nuova disciplina dell'agriturismo in Basilicata";

Calabria: L.R. 7 settembre 1988 n.22 "Promozione e sviluppo dell'agriturismo";

Sicilia: L.R. 9 giugno 1994 n.25 "Norme sull'agriturismo"

Sardegna: L.R. 20 giugno 1986 n.32 "Disciplina e incentivazione dell'agriturismo";