L'alimentazione stimolante


Scriveva un grande dell'apicoltura (Don Angeleri) 70 anni fa circa: l'alimentazione stimolante va fatta con sciroppo di zucchero di barbabietola o di canna, nella percentuale di 1 a 1, aggiungeva che era bene addizionare 1 cucchiaio di aceto per litro o un pizzico di acido tartarico, potendo anche succo di limone per scindere le molecole del saccarosio, descriveva poi gli effetti meravigliosi dell'aggiunta di latte. Raccomandava di iniziare l'alimentazione 40 - 50 giorni prima di un grande raccolto. Per sbagliare meno l’inizio della stimolazione scriveva di non guardare il calendario, ma di conoscere la flora che ci circonda e cogliere da lei i segnali dell'inizio.Metteva poi in guardia sui numerosi inconvenienti che un'alimentazione non corretta avrebbe portato.

(1) Se la quantità è maggiore del consumo, le api intaseranno le cellette dove la regina dovrebbe deporre e quindi si avrebbe una diminuzione di uova e non un aumento, quindi scriveva di cominciare con un bicchiere al giorno, per arrivare fino a un litro al giorno, ma che ogni alveare aveva bisogni diversi e quindi andava monitorato in continuo,

(2) Se la stimolazione aveva successo e arrivava un periodo di cattivo tempo molte api incalzate dal bisogno delle larve sarebbero uscite ugualmente senza più farne ritorno ( chi non ha visto decine di api con polline congelate davanti l'alveare?).

(3) Non sempre si ha un raccolto soprattutto in primavera che soddisfi le aspettative ed è possibile trovarci anziché un melario pieno una famiglia morta di fame.

(4) Un'alimentazione fuori luogo vuoi per la stagione avversa o per l'imperizia dell'apicoltore può portare quantitativi di sciroppo che fermenta e comunque porta freddo rallentandone lo sviluppo.

(5) In primavera, se le api non hanno la possibilità di voli frequenti, hanno buone probabilità di andare incontro alla diarrea che è l'anticamera del nosema.( Un altro grande, il maestro Andreatta di Trento ,suggeriva con belle giornate tiepide di aprire i copri favo anche con la neve per terra per stimolarle a purificarsi).

Qui di seguito ci sono alcuni spezzoni pescati qui e là da internet.

Usava dire Onelio Ruini: "vale più un etto raccolto dalle api che un chilo dato da noi".
Di cosa hanno bisogno le api?
Per prima cosa di glucidi (forniti dal nettare e dal miele) per il fabbisogno energetico e la secrezione della cera, e di protidi (forniti dal polline), per la costruzione dei tessuti corporei. Le proteine devono essere reperite in quantità (per il sostentamento, l'allevamento, la crescita) ma anche in qualità.

La semplice distinzione comunemente accettata tra "nutrizione di sostentamento" e "nutrizione stimolante" pone più l'accento sui bisogni dell'apicoltore che su quelli delle api e sulle dinamiche di interdipendenza dei componenti nutritivi.

Uno studio del Centro Svizzero di Ricerche Apicole svolto nello stesso gruppo di sperimentazioni, nutrizioni primaverili con soluzioni zuccherine (integrate o no con sostituti di polline) non hanno provocato né un aumento di covata né del numero di api rispetto a famiglie-campione. Tanto da far concludere che "il nutrimento stimolante di primavera non è economicamente conveniente".

E' possibile che in tanti casi le nostre operazioni di nutrizione siano solo un rituale propiziatorio il cui effetto si sarebbe (o non si sarebbe) comunque prodotto?

Steve Taber da ABJ
-Nessun animale (e le api sono animali) può essere stimolato a fare qualsiasi cosa essendo nutrito con una dieta di semplici carboidrati, se non per un breve momento. Se le api devono essere stimolate ad allevare più covata per produrre più api prima del flusso nettarifero, occorre sia somministrata loro una dieta equilibrata. E una dieta equilibrata per le api è la stessa che per tutti gli altri animali; dovrà contenere carboidrati, proteine, grassi, vitamine, minerali e certi sali. Do come nutrimento una miscela di polline (vero polline, non un surrogato) e zucchero, aggiungendo un po' d'acqua.-

Studi del dott.C. Peng dell'Università di California hanno mostrato che alveari più popolosi per l'impollinazione del mandorlo vengono ottenuti nutrendo le famiglie d'autunno, non solo con sciroppo zuccherino, ma anche con un surrogato del polline.

Gianni Savorelli
Non tutti i pollini sono di qualità tale da permettere un buon allevamento. Bisognerebbe considerare il valore biologico delle relative proteine. Da questo punto di vista non ci si può fidare delle osservazioni effettuate sull'apertura di volo. La raccolta di polline non è di per sé garanzia di buona alimentazione. Un polline abbondante, ma povero di proteine, può essere un freno allo sviluppo della famiglia. Nei casi estremi, l'interruzione dell'approvvigionamento provoca una carenza di proteine. Questo non porta a morte la colonia perché vengono messe in opera delle strategia di economia progressiva:
* le nutrici cominciano a fornire una quantità minore di gelatina reale e di qualità peggiore. Questo farà si che la generazione di larve interessate presenti un peso minore alla nascita e un'aspettativa di vita ridotta
* le nutrici cominciano poi ad utilizzare le proteine del proprio corpo, fino a perdere circa il 30% circa del loro peso. Questo ne condiziona evidentemente l'aspettativa di vita.
* le nutrici cominciano poi a ridurre il numero di larve allevate e cominciano i fenomeni di cannibalismo di uova e giovani larve.
Dopo una settimana circa di carenza proteica non sono più in grado di allevare correttamente la covata, che non arriva più a maturità Un'alimentazione stimolante contenente il 5-10% di proteine può portare effetti favorevoli.
Un alimento col 20-25% di proteine può consentire una produzione di gelatina reale sufficiente per un buon allevamento anche in condizioni relativamente difficili.
Un discreto surrogato proteico può essere ottenuto miscelando 3 kg di farina di soia, 1 kg di lievito di birra secco e 2 kg di latte in polvere sgrassato.

I suggerimenti che dava don Angeleri sono ancora tutti validi , quasi identici su tutti i manuali di apicoltura. Dunque niente di nuovo sotto il sole, tranne il latte sembra essere indigeribile per le api, ma buoni risultati si ottengono con apporto di proteine, Le giuste proteine però.
Cosa faccio io? Sto attento ai telaini con polline, che siano vicini alle api, se una famiglia e carente di miele o polline, gli do un favo di un'altra, quando i salici piangenti incominciano a far verde incomincio a nutrire, come suggerito da Angeleri, ma il più delle volte mi limito a graffiare qualche macchia di miele qua e là, per un totale anche di mezzo favo la settimana, quando vedo che ci sono tante api rispetto alla covata che una famiglia può sopportare anche in caso di avversità, metto un telaino esterno in mezzo, la regina contrariata da questa discontinuità di covata me lo riempirà in breve.
Come faccio perché abbiano nutrimento a sufficienza fino al nuovo raccolto? sto attento in autunno, nonostante ciò se sono scarse d'inverno do candito con proteine che compro già pronto.
Come faccio per accorgermi se sono in emergenza? Le apro anche a natale, basta che ci sia una temperatura superiore ai 10 gradi, logico do un'occhiata ultra veloce, con poco fumo, o senza.
Provare con un terzo degli alveari, è un test per vedere se effettivamente funziona, insistere almeno per 3 -4 anni, per avere anche una conoscenza più completa di quando e come iniziare, visto che la cultura e l'esperienza (anche se qualcuno afferma che la trova su internet) non si comprano al supermercato.

Saluti
Lino De Marchi
roberto.de_marchi@IOL.IT