Le api nell’araldica civica italiana
di Renzo Barbattini* *Dipartimento di Biologia e Protezione delle Piante – Università di Udine

Introduzione
In una precedente nota sono stati considerati alcuni esempi di api e di arnie usate spesso per pubblicizzare articoli del commercio e attività talvolta non strettamente correlate con la produzione apistica (BARBATTINI e D’AGARO, 2006). Esse si ritrovano anche in numerosi stemmi1 (di famiglie nobiliari, di comunità locali – specialmente di Comuni –, di corpi militari, di categorie lavorative, ecc.) diffusi in tutto il mondo.
Questo contributo si propone di fornire un panorama, il più possibile esaustivo, dei Comuni e delle Province italiane che, nel loro stemma, hanno utilizzato quale elemento simbolico api e/o alveari. Per meglio strutturarlo, si è seguito un ordine geografico e all’interno di ogni regione l’ordine alfabetico. Se qualche emblema fosse sfuggito, fin da ora si chiede scusa per l’involontaria dimenticanza.
Il linguaggio tecnico araldico si è specializzato a tal punto da rendersi spesso, per chi non lo “frequenta”, di difficile comprensione: per una più facile lettura, pertanto, i termini tipici del gergo araldico usati, saranno riportati in corsivo.
La parte principale dello stemma è lo scudo, simbolo di protezione dei soldati. Esso è il fondo sul quale sono disegnate le figure (naturali o ideali) e può essere di un solo colore o diviso2 in più parti con diversi colori. La parte superiore è detta capo, mentre quella inferiore è chiamata punta (GUELFI CAMAJANI, 1940).
Quasi tutti gli stemmi dei Comuni italiani sono sovrastati (tecnicamente si dice timbrati) da una corona turrita (simbolo di potere territoriale), a sottolineare la dignità del Comune stesso, e contornati da due rami: uno d’alloro (simbolo di gloria) e uno di quercia (simbolo di forza, in senso sia fisico sia morale). Se è assodato che l’alloro è simbolo di gloria, per quanto riguarda la forza è opportuno riportare la duplice versione che viene data: secondo alcuni starebbe a indicare la forza dell'Ente Comune, secondo altri quella della Repubblica (FRACASSO, in litteris).
Gli stemmi provinciali spesso presentano una corona formata da un cerchio d'oro gemmato, racchiudente due rami, uno d'alloro e uno di quercia al naturale, uscenti dalla corona stessa. Quest’ultima non è turrita in quanto, trattandosi di province, ad esse è stata attribuita una corona di metallo nobile, in ragione del fatto che difficilmente potrebbero essere circondate da mura; il significato, sia della corona sia dei rami è, però, lo stesso dei Comuni.
Corone differenti testimoniano concessioni precedenti all’Unità d’Italia (1861) o differenziazioni tra stemmi identici. Occorre precisare che il Regolamento Tecnico-Araldico prevede un modello standard di stemma civico (scudo sannitico, corona e serto vegetale alloro-quercia) che è spesso disatteso dagli Enti Locali o perchè essi preferiscono forme “auliche” più elaborate che fanno direttamente riferimento ad antichi documenti o perchè la formale concessione dello stemma ha previsto tale “speciale concessione” (pure prevista dalla regolamentazione vigente) (GHIRARDI, in litteris). E' opportuno segnalare che in araldica le direzioni (destra e sinistra) sono invertite rispetto all’osservatore perchè riferite sempre all’ipotetico portatore dello scudo!

Modalità di studio
Per questa rassegna, fondamentali sono stati i contatti con le Amministrazioni provinciali e comunali: infatti la possibità di “navigazione” nei loro siti internet è stata di grande importanza. Le stesse hanno fornito notizie storiche di grande utilità, frutto di un approndito lavoro di ricerca da parte di studiosi di storia locale. Molto proficua è stata anche la visita di alcuni siti internet dedicati all’araldica, in particolar modo “www.araldicacivica.it” nonché la possibilità di continuo scambio di informazioni con “cultori” della materia.
Quasi sempre sono state utilizzate le immagini degli stemmi inviati dagli Enti contattati; in oltre la metà dei casi, però, si è dovuti ricorrere a stemmi ridisegnati in quanto quelli ricevuti presentavano una bassa risoluzione e, quindi, non erano adatti per una buona resa tipografica. Infine, alcuni Comuni, non hanno risposto alle ripetute richieste. I grafici, autori del ridisegno (eseguito rispettando le caratteristiche araldiche degli originali) sono stati Massimo Ghirardi3 di Sala Baganza (PR) e Marco Foppoli4 di Brescia, affermati artisti araldici, che si ringraziano vivamente per la loro fattiva e competente collaborazione.

Nord-Italia
PIEMONTE
Comune di Avigliana5 (TO) (Fig. 1)
Lo stemma, concesso con D.P.C.M. del 4/11/1930, prevede una croce d’argento in campo azzurro (emblema diffuso, nella prima metà dell’800 come bandiera di guerra delle truppe piemontesi), accompagnata da quattro api operaie con le ali aperte. Le api simboleggiano l'operosità e la diligenza della comunità locale, nonché una supposta derivazione del toponimo da Apiliana. Quest’antica denominazione si spiega col fatto che in passato, in questa località, probabilmente c’era una forte produzione di miele e derivati dell’apicoltura.
Comune di Campertogno (VC) (Fig. 2)
Le tre api e l'albero (una quercia) rappresentati nello stemma (art. 4 dello Statuto, deliberazione C.C. n. 23 del 29/4/2004) vogliono simboleggiare, rispettivamente, la laboriosità e la tenacia dei Campertognesi.


Comune di Melazzo (AL) (Fig. 3)
Lo stemma è stato concesso con Regio Decreto del 9/4/1914 e le tre api operaie sono dipinte sul capo dello scudo. Esso è contornato da un ramo d’alloro e, a differenza degli altri stemmi, da un tralcio di vite con foglie diversamente conformate. Questa è una speciale concessione deIl'Ufficio Araldico nazionale e richiama un’attività agroindustriale molto importante per l’economia del territorio comunale. Infatti, in esso si produce una notevole quantità di vino; a partire dagli ultimi decenni dell'Ottocento, in seguito all'impianto dei vigneti, Melazzo divenne un polo d’attrazione per gli abitanti dei comuni limitrofi e punto di riferimento per gli operatori vitivinicoli della provincia.
E’ doverosa, a questo proposito, un’annotazione araldica: essendo il vino un prodotto del luogo, il richiamo potrebbe anche essere rappresentato dentro lo scudo e non all'esterno. D’altro canto non si può ignorare quanto è nella scritta esterna che richiama il nome della località.





Comune di Piatto (BI) (Fig. 4)
La figura principale dello stemma (D.P.R. 12/4/1965; art. 4 dello Statuto, deliberazione C.C. n. 18 del 2/7/2001) è una cornucopia d’argento traboccante di frutta; essa è sovrastata da tre api d’oro, al volo spiegato (anche se grammaticalmente sarebbe corretto “api d’oro dal volo spiegato”: l’Araldica usa una specifica grammatica di sapore “d’antan”), ordinate in fascia.
Dalla cornucopia (detta anche “corno dell’abbondanza”) escono non solo frutti ma, talvolta anche spighe e, addirittura, monete. Secondo la leggenda si tratterebbe del corno della mitica capra Amaltea, che aveva allattato Giove in fasce e alla quale egli spezzò inavvertitamente un corno; in parziale risarcimento il dio (detto anche “il padre degli dei”) fece in modo che da quel corno potessero uscire tutti gli oggetti desiderati dal possessore.






Comune di Pragelato6 (TO) (Fig. 5)
L’appartenenza di quest’area al Delfinato (in francese Dauphiné, regione storica e naturale della Francia sudorientale, situata tra le Alpi francesi e il Rodano; anche il cosiddetto Delfinato italiano, suddiviso attualmente tra le province di Torino e Cuneo, appartenne alla Francia fino al 1713) è testimoniata dalla riproduzione dei caratteristici delfini e dei gigli di Francia nello stemma. Questo (D.P.R. 8/1/1999; art. 2 dello Statuto, deliberazione C.C. n. 54 del 17/12/1999) è distinto in quattro parti (in araldica si dice inquartato). Nel primo quarto (superiormente, a sinistra) è riportata l’effige di un delfino azzurro, crestato e con la coda rossa; nel secondo (superiormente, a destra) un giglio d’oro. Inferiormente, nel terzo riquadro (a sinistra) vi sono tre api d’oro e nel quarto (a destra) un cuore rosso con croce d’argento, sicuramente sabauda.





Comune di Vezza d’Alba (CN) (Fig. 6)
L’art. 4 dello Statuto Comunale (deliberazione C.C. n. 14 del 27/6/2001) dice che il Comune ha un proprio stemma contrassegnato da un leone rampante con un ramo d’ulivo tra le zampe anteriori e da un’ape. Sia il ramo d’ulivo, sia l’ape potrebbero essere brisure (termine araldico che indica elementi introdotti in uno stemma per distinguere i rami collaterali o illegittimi di una famiglia) (GHIRARDI, in litteris).
Comune di Vignole Borbera (AL) (Fig. 7)
Secondo la tradizione, il nome antico era “La Vignole” e ciò ha portato a pensare che non si trattasse di un villaggio ma di diverse case sparse in un territorio oggetto d’intense coltivazioni di vite (BOCELLI, 1995). Nello stemma (art. 6 dello Statuto, deliberazione C.C. n. 32 del 23/11/2001), infatti, si ritrova un grappolo d’uva (il blasone specifica “nera”!); insieme con questo vi è una torre (simbolo dell'autonomia comunale ottenuta nel 1389) e un’ape (simbolo dell'operosità e della fatica “virtuosa”). Il grappolo richiama il fatto che in antichità il territorio era ricco di vigneti, più precisamente, di piccole vigne da cui: Vignole. La torre fa riferimento all’antico torrione del castello, ancora oggi presente; bisogna, però, porre l’accento sul fatto che, in araldica, la raffigurazione di una torre indica l’antica nobiltà, poiché nessuno poteva innalzare torri se non era di una illlustre e potente famiglia.

NOTE
1 Il termine “stemma” è di origine greca e significa “benda” o “corona”. Con i romani diventò “albero genealogico” perché vennero così chiamate le tessere con i nomi degli antenati. Nel Medioevo furono detti “stemmi” gli “scudi” che i cavalieri utilizzavano durante i tornei. Oggi è il simbolo di Enti Pubblici, di altre istituzioni o di famiglie nobili.
2 In araldica si usano i termini troncato per indicare uno scudo suddiviso in due parti orizzontalmente, partito per indicare la suddivisione in due parti verticalmente, tagliato se lo scudo è diviso diagonalmente da una linea che scende dall'angolo superiore sinistro verso l'angolo inferiore destro e trinciato se la linea di divisione è obliqua da destra verso sinistra (Guelfi Camajani, 1940).
3 Grafico ed illustratore, specializzato nell’illustrazione araldica ha curato diverse pubblicazioni su questo argomento, lavora come insegnante-atelierista presso l’Istituzione Nidi e Scuole dell’Infanzia di Reggio Emilia. Cura, con Bruno Fracasso, il sito www.araldicacivica.it
4 Illustratore e accademico dell'Académie Internationale d'Héraldique (sodalizio internazionale che riunisce gli araldisti più qualificati) e Consigliere della Società Svizzera di Araldica nonché autore di numerosi studi storici e araldici.
5 Avigliana è una città, l'Amministrazione non ha ancora provveduto a modificare la corona.
6 A Pragelato c'è una (l'altra è a Reaglie) delle due sedi dell'Osservatorio di Apicoltura "Don Giacomo Angeleri" dell'Università di Torino, attualmente annesso al Dipartmento di Valorizzazione e Protezione delle Risorse Agroforestali (VIDANO, 1982) con presenza di un apiario sperimentale.
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da Apitalia numero 1 2008
Link http://www.araldicacivica.it