Gli effetti delle carenze di polline sullo sviluppo delle api(Commento)

Gianni Savorelli ,Luca Tufano , David Baracchi*
L’essenzialità della dieta proteica, sia per il sostentamento che per l’espressione della competenza immunitaria dell’alveare è di nuovo ribadita da questo studio.
Un aspetto centrale è il capire con molta fermezza come tutta la vita di un ape sia determinata dalla quantità di proteine che essa riesce ad accumulare nei primi 8 giorni di vita da adulta. La dieta determinerà in buona parte sia la sua efficienza come nutrice che la sua aspettativa di vita come bottinatrice. E’ perciò piuttosto evidente come periodi di carenza di polline possano creare difficoltà di allevamento e di bottinamento nei periodi successivi. L’apicoltore deve sempre tener in considerazione che per l’alveare il futuro deriva dal presente. Il benessere attuale porterà benessere nel futuro e le difficoltà presenti comporteranno ulteriori difficoltà nel futuro. In altre parole l’alveare ha un modo di lavorare che si basa sull’accumulo di “riserve”, che sono fondamentali sia per passare i periodi più difficili (inverno),ma anche per gestire eventuali variazioni di diponibilità nei periodi propizi. Tuttavia talune difficoltà che la colonia incontra, che pure vengono superate “apprentemente indennemente” comporta il consumo di risorse che verranno a mancare al momento del bisogno. Un esempio è la creazione di nuclei fatti con poche api e scarsa capacità di bottinamento. Le api allevano covata trasferendo le proteine stoccate nei loro corpi grassi. Ma se la prima covata che nasce non riesce a bottinare il nucleo va in crisi.
In parallelo, come mostrano i lavoro di Alaux ,di Ament e di Di Prisco, una maggior quantità di proteine incamerate nei primi 8 giorni di vita è funzionale all’espressione di una maggiore competenza immunitaria (già nel 2011 Di Prisco e collaroratori avevano dimostrato che le api a minor disponibilità di vitellogenina sono più vulnerabili al DWV).
Secondo gli studi di Alaux e colleghi, nutrici alimentate con polline hanno diverse vie metaboliche coinvolte nella percezione delle sostanze, nel metabolismo, nell’invecchiamento, e nelle risposte immunitarie sovra regolate, mentre le vie coinvolte nella risposta allo stress e alla regolazione dell’espressione genica sotto regolate. Analogamente Ament e collaboratori hanno trovato un’attivazione dei processi legati al metabolismo dei nutrienti e una riduzione dell’espressione della trascrizione coinvolta neo processi di glicolisi, crescita e sviluppo, neurogenesi, riproduzione e contrazione muscolare. Questi due studi usando differenti approcci, hanno entranbi trovano che i geni coinvolti nel controllo della regolazione trascrizionale dei meccanismi di comunicazione cellulare sono sotto regolati in api nutrite con polline mentre quelli coinvolti nel controllo della biosintesi e del metabolismo dei lipidi sono sovra-regolati.
Come si traduce in termini coloniali che i processi di sviluppo di una giovane ape in nutrice vengono alterati da una dieta sub ottimale?
I dati suggeriscono che i nutrienti presenti nel polline regolano le transizioni chiave dello sviluppo che l’ape subisce durante la prima fase della vita da adulta e che la preparano per il compito critico da nutrice. La trascrizione che risulta sotto regolata in api private di polline di entrambe le età include quella con potenziale ruolo nello sviluppo della muscolatura e delle funzioni motorie. Questi risultati sono in accordo con quelli di Ament e colleghi (esposti poco sopra). Semplificando un poco, questo significa probabilmente che queste api diventeranno bottinatrci al limite dell’handicap fisico. Piuttosto poco portate per il compito. La vera conseguenza sarà che l’alveare avrà minor capacità di raccolto, e questo, con un effetto domino, porterà la colonia a produrre api sempre più deboli ed inefficienti. Sebbene, le colonie siano generalmente ben equipaggiate per far fronte a carestie ci potranno essere situazioni che permetteranno alla colonia di compensare, ma i periodi di mancato guadagno non possono essere compensati completamente e i risultati saranno inferiori.
L’espressione di MRJPs, geni immunitari e geni codificanti enzimi di detossificazione declina in conseguenza della dieta povera esclusivamente nell’età più tarda. Dato che le MRJP non hanno solo valenza nutrizionale, ma sembrerebbe, anche valenza fisiologica e neurologica la carenza di polline le porta ad essere api più sensibili a fitofarmaci presenti nell’ambiente e varroacidi. Ammesso che da ciò le api non subiscano effetti letali si è comunque molto lontani dal funzionamento e dalle produzioni ideali.
La sotto regolazione, ovvero la minore espressione delle proteine leganti la chitina che mantengono l’integrità della membrana peritrofica è un altra questione molto importante. Dato che questa particolare membrana agisce da barriera fisica al contenimento dei patogeni (tra cui virus e Nosema), tanto più sarà compromessa tanto più i patogeni riusciranno ad farsi strada (il tutto è aggravato dal fatto che la competenza immunitaria sarà decisamente limitata). In parallelo la competenza immunitaria delle api è decisamente limitata: l’espressione dei peptidi antimicrobici AMPs è verosimilmente correlata alla disponibilità di vitellogenina e altre proteine di stoccaggio mentre i fattori che mediano la risposta immunitaria nei confronti di virus (i quali sono talvolta prevalenti negli alveari al collasso) sottoespressi. Si fa presto a capire che da ciò le nutrici possono diventare facilmente vettore di virus verso tutti gli altri membri dell’alveare attraverso nutrizione e trofallassi e in parallelo subire l’infezione del Nosema in arrivo dalle api più vecchie. Una potenziale conseguenza, perciò, della privazione di polline nelle nutrici, ma non in quelle appena nate come adulte è UNA RIDOTTA RESISTENZA A PATOLOGIE E INSETTICIDI.

Infine lo studio suggerisce che l’invecchiamento è mal regolato in api prive di polline e verosimilmente saranno caratterizzate da minore aspettativa di vita. L’alveare potrà in parte compensare mandando più api al bottinamento con squilibri nella percentale di api fra le varie caste. Questo squilibrio potrà regredire o essere compensato ma bisogna anche considerare si tratterà comunque di api piuttosto spente dal punto di vista immunitario e non è improbabile che si scopra che abbiano deficit cognitivi.
Dunque periodi di carenza di polline determinano scompensi non di poco conto nell’alveare, che potranno forse essere compensati, ma che porteranno lo stesso lontano dalla performance ottimale e in uno stato di maggiore suscettibilità ai patogeni. Difficile fare valutazioni precise su tutti i vari aspetti dell’immunità sociale, ma “a occhio “ di sicuro le colonie non trarranno giovamento dalla scarsità di polline.In molti casi il polline può essere scarsamente disponibile per motivi climatici o per motivi legati alla frammentazione dell’habitat, ma in altri può esserlo per errate decisioni dell’apicoltore.
*Dr. David Baracchi resecare activity is currently supported by a Marie Curie Intra European Fellowship within the 7th European Community Framework programme.