Lazise del Garda, 2 Ottobre 1999
Produzione e tecnologia di lavorazione del miele
Considerazioni tecnico-scientifiche sulle tecnologie di lavorazione del miele

Da tempo si stanno compiendo apprezzabili sforzi per qualificare il miele nazionale, anche elevando il livello nelle tecnologie di produzione e di lavorazione e migliorando la professionalità degli addetti. Ciò ha comportato, tra l'altro, l'applicazione di norme igieniche severe, l'utilizzo di materiali adatti al contatto con il miele e un controllo continuo dei cosidetti "punti critici del processo produttivo" come, d'altra parte, previsto dal D.L. 26 maggio 1997 n 155.

Da un punto di vista teorico, le operazioni fondamentali nella lavorazione del miele potrebbero limitarsi all'estrazione dai favi, alla successiva filtrazione e decantazione ed infine al confezionamento. Nella pratica invece, si attuano processi e si utilizzano attrezzature in grado di modificare le caratteristiche del prodotto e soprattutto di potenziare la capacità lavorativa (filtri,pompe, centrifughe, camere riscaldate, deumidificatori, ecc.).

Questa "necessità tecnologica", se ben condotta, non comporta un apprezzabile peggioramento delle caratteristiche del prodotto, anzi il più delle volte intende migliorare la possibilità di conservazione e cerca di soddisfare le richieste del consumatore - condizione che oggi viene definita con il termine "qualità".

Il condizionamento del miele comporta piccoli e grandi problemi connessi soprattutto alla natura stessa del prodotto da lavorare: umidità, viscosità, cristallizzazione, ecc. che talvolta sono risolti in modo empirico, in quanto gli strumenti progettati specificatamente per trattare il miele sono pochi e spesso hanno un costo inaccessibile ai piccoli produttori.

Può accadere, ed è un paradosso, che un grosso confezionatore, che ha standardizzato e posto sotto controllo ogni fase del processo, riesca a fornire un prodotto migliore (o standard) di quello di un piccolo produttore che non ha le stesse disponibilità.

Preservare la freschezza del miele è una condizione irrinunciabile non solo perché rappresenta una prerogativa cui altri prodotti hanno rinunciato da tempo ma anche perché, a differenza d'altri alimenti che con la stagionatura tendono a migliorare, dal momento del raccolto per il miele inizia un progressivo declino, che può essere accelerato da interventi inopportuni e maldestri.

Data la composizione ricca in zuccheri e il pH acido, il miele non subisce processi degenerativi dovuti a microrganismi in grado di causare danni alla salute, ma le modificazioni dovute all'invecchiamento comportano la perdita progressiva delle sostanze aromatiche e dell'attività degli enzimi, l'aumento dell'acidità e dell'idrossimetilfurfurale (HMF), una variazione nello spettro zuccherino e un progressivo inscurimento: col tempo il miele si trasforma in un semplice dolcificante che ha perso buona parte delle proprietà caratteristiche. Se poi il miele è sottoposto a un prolungato o eccessivo riscaldamento queste modificazioni avvengono più rapidamente.

 

RISCALDAMENTO

Il miele deve le sue caratteristiche peculiari alla presenza di numerosi "componenti minori" -purtroppo termolabili e instabili nel tempo - derivanti direttamente dai fiori e dalle api e che gli conferiscono qualità speciali (aroma, gusto e proprietà biologiche).

La legislazione (Legge 752/82) riconosce questa prerogativa, differenzia il miele da altri prodotti zuccherini e ne tutela la freschezza, ponendo un limite massimo al contenuto di idrossimetilfurfurale e un valore minimo all'attività dell'enzima diastasi.Questa premessa è fondamentale, altrimenti certe precauzioni relative al riscaldamento e allaconservazione del miele sembrerebbero inutili complicazioni.

Tempo di dimezzamento della diastasi in funzione della temperatura di conservazione( White. Kushnir&Subers. 1964)

Temperatura °C

Tempo di dimezzamento

10

34 anni

20

4

25

18 mesi

30

7

32

4

35

78 giorni

40

31

50

5

60

1

63

16 ore

70

5

71

4

80

1

 

Tutti i processi che prevedono un riscaldamento del miele, sono causa di alterazioni negative; quando si opera con scrupolo e competenza, utilizzando apparecchiature progettate per trattare il miele i danni iniziali possono essere molto modesti, ma l'invecchiamento naturale sarà più rapido.

Uno dei motivi per cui il miele può venire riscaldato è per aumentare la fluidità durante le fasi di lavorazione, ma il più delle volte il calore serve a liquefare un prodotto già cristallizzato o a renderlo stabile dal punto di vista microbiologico (pastorizzazione).

I mieli più fragili risultano essere quelli con un pH più acido: i mieli di lavanda, erba medica, timo, sono pertanto più soggetti all'invecchiamento rispetto alle melate o al miele di robinia.

Càpita spesso di leggere sulle etichette dei vasi in commercio, l'indicazione di sciogliere il miele cristallizzato per gustarlo fluido; non si considera che i consumatori non sono attrezzati per farlo in modo controllato. Il miele è un prodotto che contiene sostanze caratteristiche e quando è proprio indispensabile riscaldarlo, si deve operare alla temperatura più bassa e per il tempo strettamente necessario. Non esiste una regola fissa, vi sono mieli che possono fondere facilmente a 40°C (miele d'agrumi) altri che necessitano di temperature maggiori (girasole), altrimenti non fondono.

Un elemento importante da tenere in considerazione è la ridotta conducibilità termica del miele, che si oppone ad un riscaldamento uniforme della massa: ciò rischia di far surriscaldare gli strati più esterni, quelli vicini alla fonte di calore, mentre la parte più interna resta fredda.

Per questa ragione è molto vantaggioso riscaldare il miele in piccoli contenitori anziché in grossi fusti.

 

Tempi di fusione secondo la capacità dei recipienti

Capacità dei recipienti

40°C

45°C

50°C

20

24 h

18 h

16 h

50

48 h

36 h

24 h

80

108 h

72 h

60 h

300

-----

108 h

72 h

DEUMIDIFICAZIONE DEL MIELE

Nell'attività professionale si tende a togliere i melari con una certa frequenza, anche se non ancora completamente pieni, in modo da suddividere le diverse produzioni. In questo modo si asporta un miele più pregiato, che può fregiarsi di una denominazione specifica, ma con un contenuto d'acqua spesso eccessivo.

All'interno dell'alveare la maturazione del miele avviene durante i passaggi del nettare da un'ape all'altra e prosegue nelle celle per l'azione disidratante dell'aria mantenuta in costante movimento delle api ventilatrici.

Se si considera che la quantità d'acqua da evaporare può rappresentare anche il 60-70% del liquido importato, l'impegno delle api di casa non è certo trascurabile. Normalmente sono necessari alcuni giorni perché l'umidità del miele scenda fino a valori in grado di garantire una perfetta conservazione, ma se nel frattempo inizia un'altra fioritura i nettari si mescoleranno.

Anche le condizioni climatiche e l'abbondanza del flusso nettarifero incidono sul tenore in acqua del miele.

Se il processo non è stato completato nell'alveare, spetta all'apicoltore provvedere successivamente all'eliminazione dell'eccesso d'acqua, altrimenti non resta che utilizzare tutto il miele prima che abbiano inizio i processi fermentativi.

Per queste ragioni, negli ultimi anni si è diffusa la pratica di condizionare l'umidità del miele quando il valore non è ottimale. Ciò ha indubbiamente portato dei vantaggi: è diminuito il quantitativo di miele sottoposto alla pastorizzazione per scongiurare la fermentazione e ha permesso sempre più di selezionare varietà di mieli monoflorali.

I metodi di concentrazione più utilizzati sfruttano l'azione disidratante di aria calda o di aria secca e l'umidità in eccesso può essere rimossa sia prima che dopo la smielatura. Industrialmente si procede addirittura ad una vera e propria distillazione sotto vuoto dell'acqua e al recupero degli aromi dispersi. Per i sistemi che prevedono un riscaldamento vale quanto detto a proposito dei trattamenti termici.

Una delle osservazioni più frequenti, relativamente all'utilizzo di queste metodiche, si riferisce alla perdita delle sostanze aromatiche durante il processo di lavorazione. Attualmente sono disponibili pochi dati al riguardo; da un punto di vista commerciale è certamente preferibile un miele deumidificato rispetto ad un miele umido che rischia di fermentare e che risulta meno sgradevole sotto l'aspetto organolettico.

Roberto Colombo Istituto Nazionale di Apicoltura

 

Gli Atti Lazise 1999 possono essere richiesti a Veneto Agricoltura-Via Roma 34, 35020 Legnaro(PD)-Fax 049.8293754