TOSSICOLOGIA DEI VELENI DI IMENOTTERI E LORO IMPIEGO TERAPEUTICO (apiterapia)

 

Dott. Franco Feraboli Divisione di Ortopedia Azienda Ospedaliera di Cremona

 

Il veleno degli imenotteri serve ,nel caso delle api, a difendere l'alveare dalla intrusione di altri invertebrati o di piccoli mammiferi che aggrediscono questi insetti per depredarli del miele e , per quanto riguarda le vespe, ad immobilizzare altri insetti catturati per potersene cibare.

Durante una singola puntura d'ape o di vespa viene iniettata una quantità di 0,5 - 2 ml di veleno . Esso è un liquido proteico incolore con un odore aromatico pungente, amarognolo , con una reazione acida.
Il residuo secco è circa il 12% e di colore giallognolo.
In generale si possono identificare tre differenti componenti con una distribuzione quantitativa più o meno costante : sostanze a basso peso molecolare , peptidi ed enzimi.

COMPOSIZIONE DEL VELENO
COMPOSIZIONE DEL VELENO DELLE VESPE COMPOSIZIONE DEL VELENO DELLE API
SOSTANZE A BASSO PESO MOLECOLARE SOSTANZE A BASSO PESO MOLECOLARE
Istamina Istamina
Tiramina Dopamina
Dopamina Norepinefrina
Epinefrina Amino acidi
Norepinefrina Oligopeptidi
Serotonina Fosfolipidi
Acetilcolina Carboidrati
Putrescina
Spermidina
Spermina

PEPTIDI PEPTIDI
Chinine Mellittina
Mastoporani Apamina
Peptide chemiotattico Peptide 401 degranulante le mast-cellule
Secapina
Tertiapina
Inibitore delle proteasi
Procamina A e B

SOSTANZE AD ALTO PESO MOLECOLARE SOSTANZE AD ALTO PESO MOLECOLARE
Fosfolipasi A e B Fosfolipasi A e B
Ialuronidasi Ialuronidasi
Fosfatasi acida Fosfomonoesterasi acida
Fosfatasi alcalina a-D-Glucosidasi
Proteasi
DNAasi
Colinesterasi
Istidindecarbossilasi
"Antigene 5"
"Vmac 1"
"Vmac 3"

Veleno delle vespe

SOSTANZE A BASSO PESO MOLECOLARE

L'istamina è la più comune amina biogena presente nel veleno delle vespe. Essa provoca dolore e dilatazione dei capillari sanguigni .

PEPTIDI

I peptidi presenti nel veleno delle vespe provocano la degranulazione dei mastociti , cellule presenti nel tessuto connettivo all'interno delle quali vi sono numerosi granuli ripieni di sostanze farmacologicamente attive che sono importanti mediatori delle reazioni di tipo allergico.Con la degranulazione si ha pertanto la liberazione di mediatori chimici quali l'istamina, la serotonina , l'eparina, il fattore chemiotattico per gli eosinofili e la sostanza a lenta reazione (SRS). Queste sostanze , insieme alle amine biogene viste precedentemente, sono responsabili della maggior parte degli effetti locali causati dalla puntura di questi insetti.

PEPTIDI

ISTAMINA - SEROTONINA - EPARINA
FATTORE CHEMIOTATTICO PER EOSINOFILI - SRS
( Degranulazione dei mastociti )

SOSTANZE AD ALTO PESO MOLECOLARE

Nel veleno delle vespe sono stati identificati vari tipi di sostanze ad attività enzimatica. Queste hanno un effetto digestivo sui tessuti ed aumentano la tossicità dei prodotti visti in precedenza. La fosfolipasi , la ialuronidasi e la fosfatasi alcalina sono dei potenti allergeni che possono provocare pericolose reazioni allergiche nei soggetti sensibili.

 

Veleno delle api

 

SOSTANZE A BASSO PESO MOLECOLARE

L'istamina , la dopamina e la norepinefrina sono amine biogene presenti nel veleno delle api in quantità consistente.

PEPTIDI

Circa il 50% dell'estratto secco del veleno d'api è rappresentato dalla MELITTINA , un peptide costituito da 26 aminoacidi senza zolfo. La distribuzione di questi aminoacidi nella molecola è piuttosto interessante in quanto le conferisce una alta specificità d'azione per le membrane cellulari , agendo come un detergente naturale. Essa provoca delle lacerazioni nelle membrane cellulari che facilitano la diffusione degli ioni fra il liquido intracellulare e l'ambiente esterno.
Ciò comporta una caduta del potenziale di membrana con conseguente insorgenza dello stimolo doloroso.
L' APAMINA , un peptide formato da una catena di 18 aminoacidi , blocca i canali del calcio e potassio nelle membrane cellulari potenziando l'effetto della MELITTINA.
Il PEPTIDE 401 provoca una liberazione massiccia di istamina dai mastociti .

SOSTANZE AD ALTO PESO MOLECOLARE

La fosfolipasi A2 è l'enzima presente in maggior quantità nel veleno d'ape. Essa insieme alla lisolecitina , che si forma in seguito all'azione della fosfolipasi , ed alla melittina è particolarmente attiva contro la membrana cellulare provocando la citolisi cioè la morte cellulare.
D'altra parte la fosfolipasi è il più importante allergene del veleno d'api.
La ialuronidasi agisce come " fattore di diffusione del veleno" sciogliendo l'acido ialuronico che è una sostanza presente nel tessuto connettivo e che lega fra di loro le cellule.

( Azione della ialuronidasi come "fattore di diffusione del veleno" )

 

CONSIDERAZIONI EPIDEMIOLOGICHE

Durante la stagione estiva vi è quotidianamente la possibilità di venire in contatto con api e vespe. Esse non sono generalmente animali aggressivi.
Molte persone , comunque , essendo spaventate da questi insetti , reagiscono per difendersi da una eventuale ma improbabile aggressione, con gesti rapidi ed inconsulti degli arti superiori. In questo modo possono risvegliare la loro predisposizione aggressiva.
Punture multiple possono essere la conseguenza del tentativo di distruzione di un nido di vespe o di una visita ad un alveare. L'odore del veleno agisce come ferormone e provoca l'aggressione di altri imenotteri dello stesso tipo presenti nelle vicinanze.
Api e vespe nascoste all'interno di dolciumi o di bevande zuccherine possono essere inghiottite per errore. Ciò può provocare un edema della laringe , che può occasionalmente comportare l'insorgenza di problemi respiratori per la massiccia tumefazione delle vie aeree superiori.
Comunque il rischio maggiore della puntura di imenottero è la reazione allergica di tipo 1°, la cosiddetta anafilassi.
Circa i 2/3 di tutti gli incidenti mortali avvengono dopo una sola puntura (figura 1 ) ,entro un periodo di tempo molto breve (figura 2 ) e la vittima è generalmente di età superiore ai 40 anni (figura 3 ).
La maggior parte delle punture "mortali" sono localizzate nella regione della testa e del collo (figura 4 ).

 

FIGURA 1 : Numero di punture mortali.

% dei casi di morte

Numero di punture

Colonna 1 : 1 sola puntura

Colonna 2 : da 2 a 50 punture

Colonna 3 : più di 50 punture

FIGURA 2 : Intervallo di tempo intercorso dalla puntura al decesso.

 

% di casi di morte

Tempo intercorso fra la puntura e il decesso ( ore )

Colonna 1 : fino ad 1 ora

Colonna 2 : da 1 a 24 ore

Colonna 3 : più di 24 ore

FIGURA 3 : Età delle vittime

 

% dei casi di morte

Età delle vittime ( anni )

Colonna 1 : da 1 a 19 anni

Colonna 2 : da 20 a 39 anni

Colonna 3 : più di 40 anni

FIGURA 4 : Regione del corpo ove è stata inflitta la puntura.

%di punture

Regione del corpo

Colonna 1 : testa

Colonna 2 : collo

Colonna 3 e 4 : estremità

ASPETTI CLINICI DELLE PUNTURE DI IMENOTTERI

Le differenti componenti del veleno degli imenotteri provocano reazioni tossiche in tutti gli individui.

Le amine biogene a basso peso molecolare ( istamina , dopamina , noradrenalina , ecc.) sono implicate nelle reazioni locali. Esse agiscono sui vasi sanguigni e sulle terminazioni nervose provocando gonfiore , arrossamento cutaneo, dolore e prurito.
Le reazioni tossiche maggiori causate dal veleno dal veleno possono essere attribuite ad altri peptidi quali la melittina , l'apamina, le chinine , l'emolisina ed i fattori chemiotattici e di degranulazione dei mastociti. Questi peptidi possono danneggiare le membrane cellulari portando alla liberazione di enzimi dai granuli endocellulari dei mastociti ed in seguito alla morte cellulare.
La ialuronidasi ha una azione indiretta aumentando la penetrazione dei peptidi attivi all'interno dei tessuti sciogliendo il tessuto connettivo che mantiene unite fra di loro le cellule .
I vari enzimi e le componenti vasoattive del veleno inducono una infiammazione locale nella zona della puntura.
Una reazione "normale" è rappresentata da una area cutanea di circa 10 cm tumefatta ed arrossata che può rimanere tale per alcuni giorni.
Le reazioni abnormi alle punture d'insetto sono per convenzione classificate in 4 gradi (tabella ).
In aggiunta ai sintomi oggettivi descritti nella tabella 1 vi è una varietà di altri sintomi soggettivi e non verificabili , che possono essere causati semplicemente dalla paura e dalla conseguente iperventilazione , quali cefalea , palpitazioni , parestesie , sensazioni di caldo.
I primi sintomi spesso insorgono entro alcuni minuti dalla puntura e durano generalmente per alcune ore o alcuni giorni. In alcuni rari casi le reazioni sono durate per alcune settimane .
La maggior parte dei pazienti deceduti per punture di imenotteri sono stati punti sulla testa e sul collo. La morte potrebbe essere causata da reazioni allergiche , dalla tossicità del veleno e dalla tumefazione locale conseguente , per esempio , ad una puntura in gola o sul collo o nelle vie aeree superiori , con conseguente soffocamento.
La dose letale per un individuo adulto in buona salute è probabilmente di alcune migliaia di punture. Il decesso avviene generalmente rapidamente entro la prima ora.

TABELLA 1

Classificazione delle reazioni allergiche da puntura di imenottero ( secondo Mueller )

- Ampia reazione locale : Gonfiore in sede di puntura con un diametro superiore ai 10 cm e che dura più di 24 ore.

Reazioni sistemiche :

- grado I Orticaria generalizzata , prurito, malessere ,ansietà

- grado II Oltre ad alcune delle reazioni precedenti , due o più delle seguenti : angio-edema (è un grado II anche se è presente solo questo sintomo) , senso di costrizione toracica ,nausea ,vomito ,diarrea ,dolore addominale,vertigini.

- grado III Oltre ad alcuni dei sintomi precedenti , due o più dei seguenti : dispnea , affanno , stridore polmonare ,disfagia , disartria , debolezza , afonia, confusione mentale , sensazione di morte imminente.

- grado IV Oltre ad alcuni dei sintomi precedenti, due o più dei seguenti : ipotensione , collasso cardio-circolatorio ,perdita di coscienza , incontinenza urinaria e fecale,cianosi.

REAZIONI INUSUALI :

Sindrome della malattia da siero : febbre , artrite, linfoadenopatia , esantema , vasculite purpurea.

Interessamento renale : glomerulonefrite , sindrome nefrosica.

Interessamento del sistema nervoso : neurite periferica , poliradicolopatia , reazioni epilettiche , danno nervoso centrale reversibile ed irreversibile.

Complicazioni sanguigne : trombocitopenia , anemia emolitica , CID (coagulazione intravasale disseminata).

Complicazioni cardiache : angina pectoris , infarto miocardico.

 

 

EPIDEMIOLOGIA

Naturalmente sono più frequenti i sintomi meno severi rispetto alle reazioni più gravi.
Importanti reazioni locali sono state registrate nel 15% della popolazione e reazioni interessanti tutto l'organismo sono presenti in meno dell ' uno per cento della popolazione giovane ed in circa il 2% degli adulti.
La frequenza di reazioni patologiche alle punture di imenotteri aumenta proporzionalmente al tempo di esposizione a questi insetti : gli apicoltori ed i contadini sono pertanto esposti ad un elevato rischio. In questi soggetti è stata riportata una percentuale del 20-35% di reazioni patologiche.

TRATTAMENTO

Mentre il pungiglione liscio di una vespa non rimane conficcato nella cute dopo la puntura , quello seghettato dell'ape resta al contrario infisso nella pelle dopo che l'insetto si è allontanato , insieme al sacco del veleno e ai muscoli che lo avvolgono e che, contraendosi , continuano a pompare veleno per alcuni minuti nei tessuti della vittima dell'aggressione. E' perciò importante rimuovere rapidamente il pungiglione dell'ape utilizzando l'unghia di un dito per evitare di schiacciare il sacco del veleno.
Una singola puntura in una persona non allergica non necessita di trattamento.
Le persone invece che accusano reazioni generalizzate a tutto il corpo , come ad esempio una imponente orticaria, possono essere trattate con antiistaminici.
Individui punti in bocca necessitano di una rapida assistenza medica con la somministrazione endovenosa di cortisone , antiistaminici ed eventualmente adrenalina.
Stesso tipo di trattamento deve essere riservato a pazienti con precedenti gravi reazioni allergiche o in seguito all'insorgenza di problemi respiratori.

APITERAPIA

Le proprietà curative del veleno d'api hanno una tradizione lontanissima. Nell'antico Egitto molte malattie venivano curate con i prodotti dell'alveare . Trattamenti simili sono stati riportati da Plinio e Galeno . Carlomagno ed Ivan il terribile , che soffrivano di problemi articolari , furono curati con il veleno d'api.
Likomskiy nel 1864 e Terc nel 1888 pubblicarono i primi studi clinici sull'influenza delle punture d'api sulle patologie reumatiche.
Comunque l'impiego dell' apiterapia nella cura delle patologie reumatiche iniziò soltanto nei primi anni del novecento e rapidamente si diffuse in Europa. In America fu il dottor Beck di New York che diffuse questo metodo di cura attraverso una sua ancora attuale monografia pubblicata nel 1934.
In questi ultimi anni stiamo assistendo ad un rinnovato interesse verso l'apiterapia grazie all'impegno di alcuni medici americani quali il dottor Saine , Broadmann , Cherbuliez ed altri ancora.
Nonostante tutto , questa terapia ha avuto il suo periodo di declino : infatti nella maggior parte dei testi classici di reumatologia essa è considerata un metodo di scarsa efficacia , ammettendo però il suo effetto come terapia istaminica e la sua efficacia antiinfiammatoria.
La causa di questo declino va ricercata nelle eccessive aspettative riversate in questa metodica e la sua troppo vasta diffusione senza che vi fossero esatte indicazioni terapeutiche . La conseguente poca credibilità di questo metodo è dovuta al fatto che mentre le ricerche cliniche e farmacologiche si sono svolte in laboratori con un rigore altamente scientifico , le ricerche cliniche sono state condotte , da una parte , con un entusiasmo quasi mistico e , dall'altra parte , da un gruppo di medici che credevano ciecamente nelle forze "naturali" presenti nel veleno d'ape. Inoltre molti prodotti terapeutici contenenti il veleno d'ape hanno molto spesso uno scopo esclusivamente commerciale contenendo una imprecisata e infinitesimale quantità di principio attivo di irrilevante significato terapeutico.
Se vogliamo ottenere una significativa valutazione dell'efficacia terapeutica del veleno , non dobbiamo considerarlo una panacea per ogni tipo di malattia reumatica , ma piuttosto un efficace coadiuvante del trattamento classico di queste patologie.
Le più importanti componenti del veleno , come abbiamo visto prima, sono l'istamina , la lecitinasi e la ialuronidasi.
L'istamina provoca dolore locale , edema, aumento dell'afflusso sanguigno ed agisce come un potente antiinfiammatorio. La vasodilatazione da essa provocata avviene per via riflessa , attraverso il sistema nervoso , anche nei tessuti profondi e può esercitare una influenza favorevole sulle infiammazioni croniche aumentando il metabolismo tissutale ed eliminando i prodotti dannosi dell'infiammazione.
La lecitinasi trasforma la lecitina in isolecitina (fosfolipasi B) che ha uno spiccato effetto emolitico distruggendo i globuli rossi ed altre cellule dei tessuti e partecipa all'azione fibrinolitica caratteristica del veleno d'api.
La ialuronidasi agisce come un fattore di diffusione del veleno , sciogliendo l'acido ialuronico del tessuto connettivo.
Altre sostanze proteiche presenti nel veleno hanno caratteristiche antigeniche e stimolano in questo modo le reazioni di difesa del sistema immunitario.
A quale di tutti questi fattori sia da attribuire l'effetto curativo del veleno d'api resta un mistero.
Generalmente nel punto in cui si viene punti da un imenottero si forma una piccola tumefazione di colore rosso , pruriginosa e calda che persiste per alcune ore o per alcuni giorni.
Reazioni più violente sono caratterizzate da un gonfiore più esteso che può interessare anche un intero arto.
In alcuni pazienti si associano effetti collaterali quali dolori in altre articolazioni ed in altre parti del sistema muscolo scheletrico , affaticamento, tumefazione generalizzata a tutto il corpo, cefalea , nausea e vomito , caduta della pressione sanguigna , aumento della temperatura corporea.
Queste reazioni non alterano l'efficacia terapeutica del veleno e non sono considerate un ostacolo al proseguimento della terapia , che potrà continuare utilizzando dosaggi di veleno inferiori a quello che ha scatenato l'effetto indesiderato.
L'intervallo ottimale fra una serie di punture e l'altra è di 5-7 giorni.
Le indicazioni al trattamento sono :

Dove si punge ? Si punge generalmente sulle zone dolenti utilizzando l'ape viva applicata più volte , con l ' ausilio di una retina finissima per estrarre il pungiglione, oppure più api fino ad un massimo di 30 punture.
La durata della terapia varia da un minimo di una seduta fino ad un massimo di alcuni mesi , come nel caso dei pazienti affetti da sclerosi multipla.

Ricerche sull'efficacia della terapia con veleno d'api.

L'unico modo di convincere gli increduli e gli scettici sull'efficacia terapeutica del veleno d'api è di sperimentare questo prodotto su diverse patologie.
Negli ultimi vent'anni sono state eseguite numerose ricerche utilizzando modelli animali . Nei ratti , ad esempio , sono state iniettate nelle articolazioni degli arti sostanze per indurre lo sviluppo di processi infiammatori ; è stata quindi valutata l'efficacia del veleno d'api e del placebo nel ridurre o prevenire l'infiammazione.
Una di queste ricerche , condotta da Y.Chang e M. Bliven nel 1979 , verificò come il veleno non soltanto riducesse l'infiammazione , ma anche riuscisse a prevenire lo sviluppo dell'artrite nel ratto.
Lorenzette , Fortenberry e Busby avevano ottenuto gli stessi risultati nel 1972 .
Queste ricerche sono state avvalorate dallo studio di Eiseman , Von Bredow e Alvares che nel 1981 dimostrarono come il veleno (somministrato giornalmente ai ratti per 24 giorni ) ha la capacità di sopprimere ma non di eliminare l'infiammazione artritica degli arti posteriori di questi animali.
Vick ed altri suoi collaboratori studiarono nel 1975 l'eficacia di questa terapia su alcuni cani affetti da artrosi dell'anca , trovando che la capacità di movimento di questi animali aumentava del 70% rispetto al gruppo di controllo.
Nel 1992 nel New Jersey fu condotto il primo studio sull'uomo . Un gruppo di 108 soggetti affetti da artrosi , in cui le terapie tradizionali avevano fallito, furono trattati con il veleno d'api due volte alla settimana per un periodo di dieci settimane .
Non furono registrate complicazioni e la maggior parte dei soggetti mostrò un significativo miglioramento della sintomatologia dolorosa.
Nonostante questi incoraggianti risultati sono necessarie ulteriori ricerche , in special modo sull'uomo , prima che la comunità medica scientifica possa accettare il veleno d'api come un trattamento per l'artrite e per altre patologie in cui trova indicazione.

 

Esempi di trattamento
Artrosi di ginocchio
Lombalgia e lombosciatalgia
Epicondilite
Sindrome del tunnel carpale
Periartrite scapolo-omerale

Cervicalgia