Miele in favetti


Anzitutto una precisazione. Per chi vuole specializzarsi nella produzione di miele in favo, il consiglio è di acquistare l'ottimo libro che la FAI ha pubblicato tempo fa sull'argomento (R. A. Morse - La produzione del miele in favo - ed. FAI Roma). Nel leggerlo ci si accorge subito che si tratta di un testo scritto ad uso e consumo degli apicoltori statunitensi. Ciò spiega perché spesso sia necessari "tradurne" i consigli (peraltro molto interessanti) alle nostre latitudini. Ma una volta chiarito questo, rimane il fatto che si tratta di un testo fondamentale per chi vuole realizzare questo tipo di produzioni.

Questo breve contributo non è però rivolto al pubblico del professionisti dell'Honey comb, come lo chiamano gli americani. Le righe che seguono sono infatti indirizzate a chi vuole cimentarsi in produzioni di piccola entità, ad uso familiare o semplicemmente per differenziare maggiormente la gamma di produzioni della propria azienda.

Una produzione non facile

Per prima cosa va detto che produrre miele in favo non è banale. Se si è alle prime armi con le api è meglio aspettare di essersi fatti per un po' le ossa, prima di cimentarsi in questa produzione. Mettere i favetti sulla famiglia sbagliata, o semplicemente fuori tempo, vuol dire infatti trovarsi con i fogli cerei bucati (nel migliore dei casi) o provocare una sciamatura. Anche le migliori famiglie, usando questo tipo di favetti, hanno infatti difficoltà a salire a melario e non è raro trovarsi con arnie dove le api, in pieno flusso nettanifero, si rifiutano ostinatamente di salire nei piani superiori preferendo colmare all'inverosimile di miele la zona del nido piuttosto che mettersi a costruire tra gli angusti spazi caratteristici del melario "a favetti".




Famiglie forti

La prima regola per avere successo con questa produzione è quella di mettere il melario "a favetti" solo a famiglie molto popolate e quando il flusso di nettare è forte. Ad esempio appena inizia la fioritura dell'acacia o del castagno. Per favorire l'andata a melario delle api ho sperimentato con successo l'uso delle sezioni starter. Si tratta di mettere al centro del melario un telaino con sezioni già in parte costruite provenienti dall'anno precedente e non utilizzate perché incomplete. La tecnica favorisce in modo evidente la salita a melario delle api. Le sezioni starter, una volta opercolate, non dovrebbero però essere vendute, ma semplicemente smielate (lo si può fare tranquillamente, a patto di utilizzare lo smielatore a bassa velocità). Questi favi (basta assaggiarne uno per accorgersene!) presentano infatti della cera vecchia di almeno un anno e sono più duri degli altri.

Pure possibile è l'accorgimento descritto da C. Dadant e L. Langstroth nella prima edizione italiana (1928!) del libro L'ape e l'arnia. "Se l'apicoltore non possiede un numero sufficiente di sezioni iniziate, da servire come richiami per attirare le api nel melario, ne dia delle vuote a famiglie forti: poi appena le avranno incominciate a costruire, ne toglierà quante ne sono necessarie per attirare le famiglie deboli".

L'inversione dei telaini

Per quanto la famiglia sia forte, è comunque impossibile che le sezioni vengano tutte completate contemporaneamente. Di fatto la situazione normale è quella di trovarsi con belle sezioni complete e opercolate al centro e con sezioni solo un parte riempite ai lati. Per evitare tale inconveniente, Morse consiglia la rotazione regolare, lato per lato, dei melari. Il sistema funziona. Ma personalmente ho trovato più pratico e meno faticoso spostare semplicemente le sezioni più vuote al posto di quelle quasi completamente opercolate.

Non è invece necessario prevedere l'uso dell'escludiregina. Finora non mi è infatti mai capitato di trovare sezioni con della covata e ritengo che la graglia possa ulterirmente aggravare le difficoltà prima accannate a far salire quanto prime le api a melario

Un altro problema di cui si parla parecchio nei libri che descrivono la produzione del miele in favo è il pericolo di ottenere dei favi le cui facce quando sono opercolate, non sono regolari. A tale scopo viene consigliato l'utilizzo di complicati "separatori" che dovrebbero eliminare il problema.

A dire il vero il problema, dalle esperienze che ho fatto, non mi sembra particolarmente importante. A patto (evidentemente) di posizionare molto bene i diversi telaini, curando che le sporgenze in platica presenti sui lati di ogni favetto combacino perfettamente con quelle dei favetti che vengono affiancati.

La propoli: un problema

Riguardo poi alla conduzione dell'arnia durante la produzione, gli altri accorgimenti da adottare riguardano la necessità di evitare al massimo che le sezioni vengano sporcate di propoli. Ottenerlo non è sempre facile, ma è essenziale. Oltre che da evitare assolutamente l'uso delle griglie per la raccolta della propoli, la cosa migliore è quella di ritirare subito le sezioni una volta opercolate. Al posto del telaino che contiene le sezioni complete, se si prevede che il flusso di nettare continui, si possono mettere sezioni col solo foglio cereo, oppure telaini normali già costruiti.

Un altro sistema, utilizzabile solo nel caso si vogliano produrre solo poche sezioni per arnia, è quello di inserire due-tre telaini con favetti, inframezzati con altri normali, ad una famiglia che sta raccogliendo "alla grande". Le sezioni in questo modo vengono costruite e opercolate in tempi brevissimi. Ocorre però inserirle sempre tra due telaini ben costruiti e regolari le cui facce devono combaciare perfettamente con le piccole sporgenze in plastica dei portafavetti.

La commercializzazione

L'altro grosso problema che il produttore di miele in favo deve affrontare è quello della commercializzazione. Produrre "favetti" costa parecchio (di solo materiale, poco meno di 2.000 £ a confezione!). Occorre quindi piazzarlo a un prezzo abbastanza alto (in media 10.000 £ a confezione, con punte di 15.000 £ per i monoflora di acacia). Tenendo conto che un favetto contiene circa 400 g di miele, è evidente che la strategia di vendita debba puntare sulle qualità intrinseche ed esclusive di questo prodotto. Per questo è assolutamente essenziale spiegare bene di cosa di tratta.

A tale scopo vanno bene dei semplici foglietti esplicativi o delle fascette da incollare sulla scatola di plastica trasparente che contiene le sezioni. Mi è anche capitato di trovare un pezzo di miele in favo al centro di un piatto di portata di formaggi ordinata in un ristorante di buon livello. Si tratta di un accoppiamento molto intelligente e di sicuro effetto che può essere proposto con relativa facilità a ristoratori che sono attenti anche al minimo dettaglio nella presentazione dei loro piatti.

Un altra forma di utilizzo abbastanza diffusa è qulla di utilizzare il miele in favo nei cesti "regalo" che non pochi apicoltori propongono in occasione delle festività natalizie. Un bella sezione di miele in favo, accompagnata da una buona scelta di mieli estratti, dal polline e magari da una bottiglia di idromele la sua figura la fa...e molto bene!

Damiano Lucia


I favetti

A quanto mi risulta in Italia l'unico tipo di favetto utilizzato è quello rettangolare, in plastica bianca, che viene venduto assieme a una scatoletta in plexiglass trasparente da utilizzare al momento del confezionamento. Il montaggio del foglio cereo (se ne usa uno ogni quattro favetti) è intuitivo e non richiede particolari spiegazioni. I quattro favetti vanno poi inseriti all'interno di un comune telaino da melario delle dimensioni standard. Per evitare la spiacevole sensazione che si prova quando si "morde" il favo, l'ideale sarebbe poter utilizzare fogli cerei più leggeri del normale. In giro però non si trovano e sono alla portata solo di chi è in grado di costruirseli da soli.

A quanto ne so, non sono invece disponibili in Italia favetti a sezione rotonda. Questi, parecchio diffusi in USA e Canada, sembra diano risultati molto più buoni. Come è noto infatti le api lavorano con difficoltà negli angoli, tanto che spesso questi risultano vuoti o addirittura forati.

Ho fatto la prova su Internet per vedere chi produce materiale per produrre sezioni circolari, ma ho trovato solo una ditta statunitenze. Si tratta della S and F Honey Farm, Inc. , 57 Amwell Rd., Flemington, NJ 08822, tel. (908)782-7525, fax (908)806-0770. Chi volesse fare la prova può contattarli per saperne il costo e soprattutto l'aggravio di spedizione che non è sicuramente molto economico.


un esempio di cosa può essere scritto sulla fascetta da incollare sulla confezioni di miele in favo


miele in favo

Il miele in favo non l'abbiamo inventato noi. Sono le api ad aver scelto questo modo di confezionare e conservare il miele: dentro le cellette chiuse ermeticamente da un tappo
di cera.

Assaggiandolo, scoprirete che ha un sapore diverso... soprattutto per il profumo. Non è un caso. Il miele che si acquista nei vasetti, durante l'estrazione con la centrifuga, subisce un forte contatto con l'aria che ne disperde parte della componente aromatica. Non così il miele in favo, lavorato dalle sole api operaie, senza alcuna manipolazione da parte dell'apicoltore.
Chi se ne intende dice che il modo migliore per gustarlo è di masticarlo assieme alla cera (che, ovviamente, non va deglutita). Ma per spremere il miele va anche molto bene una semplice forchetta o un comune schiacciapatate