Gli effetti del Nosema ceranae su regine , sulla durata di vita delle operaie in situazione di carenza di antiossidanti e sull’aumento della presenza virale negli alveari

Continua da parte dei ricercatori lo studio del Nosema ceranae e da ciò continua a essere sempre più evidente come il patogeno sia una presenza invisibile per l’apicoltore ma assolutamente devastante per l’alveare .
Nel lavoro pubblicato su Apidologie:Effects of host age on susceptibility to infection and immune gene expression in honey bee queens (Apis mellifera) inoculated with Nosema ceranae gli autori Veeranan CHAIMANEE, Panuwan CHANTAWANNAKUL, Yanping CHEN, Jay D. EVANS, Jeffery S. PETTIS presentano le loro valutazioni di quali possano essere gli effetti per l’alveare quando la regina diviene infettata dal patogeno e descrivono come e quando questo avviene. L’ “introduzione “ della pubblicazione giova alla comprensione e “ ricorda “ alcune caratteristiche del patogeno e della sua infezione. Gli autori scrivono:
L’infezione da Nosema avviene quando le spore sono ingerite insieme a cibo contaminato oppure anche acqua egualmente contaminata (Webster 1993). Le spore così ingerite possono germinare e svilupparsi nelle cellule epiteliali dello stomaco di tutti i membri dell’alveare ,operai , fuchi e regine . N. ceranae è stato rinvenuto non solo nei tessuti dello stomaco dell’ape infetta , ma anche nelle ghiandole salivari e ipofaringee oltre che nei corpi grassi (Chen et al. 2009). N. ceranae può cambiare la fisiologia e il comportamento delle api infette (Dussaubat et al. 2013; Goblirsch et al. 2013). L’infezione da N. Ceranae diminuisce il livello di carboidrati nell’emolinfa (Mayack and Naug 2010) e induce stress energetico (Mayack and Naug 2009; Alaux et al. 2010; Martín-Hernández et al. 2011) e stress ossidativo (Dussaubat et al. 2012) nell’ape , la quale se potesse parlare in qualche idioma umano direbbe “ faccio fatica a reggermi in piedi “ . La questione dello stess ossidativo è particolarmente interessante e vale la pena aprire una parentesi . Il lavoro Gut Pathology and Responses to the Microsporidium Nosema ceranae in the Honey Bee Apis mellifera di Dussaubat e altri riporta che :
Nosema Ceranae induce stress ossidativo nello stomaco delle api . Secondo le osservazioni (Dussaubat et al. 2012) i geni coinvolti nei processi di ossido riduzione risultano in maniera consistente sovra regolati a seguito dell’infezione dal patogeno. Questo aumento di ossido riduzione nell’epitelio dello stomaco delle api parassitizzate da N. ceranae dovrebbe indicare una aumentata generazione di ROS ( specie di ossigeno reattivo ) in risposta alla infezione e suggerisce che la produzione di ROS nello stomaco è una risposta immunitaria generale alle infezioni da microrganismi , incluse quelle da microsporidia. Tuttavia residui di ROS possono causare patologie infiammatorie , ed è necessario un bilanciamento tra lo loro sintesi e la loro eliminazione attraverso antiossidanti per proteggere lo stomaco dell’ospite [letteratura citata] ( e forse anche altri tessuti ) . Perciò, il sistema “ antiossidante “dell’ape gioca un ruolo essenziale durante l’infezione dello stomaco [ dato che l’ape ospite infettata potrebbe paradossalmente ricevere più danni dall’attivazione delle sue difese immunitarie non neutralizzate che dal patogeno stesso ] . In questo senso è stato con interesse notato attraverso le analisi funzionali che l’ape esprime una “ risposta alla stress ossidativo “ nello stomaco , da intendersi come sovra regolazione dei geni deputati alla produzione di catalasi e glutatione perossidasi- like 2 .
In maniera del tutto inaspettata l’attività generale di un altro antiossidante endogeno glutatione perossidasi risulta significativamente diminuita dall’infezione causata dalle spore del patogeno . Da ciò sono possibili diverse deduzioni speculative . ---------------Se si può ritenere che la potenzialità di espressione di antiossidanti endogeni sia legata alla disponibilità proteica, si apre di nuovo il grosso interrogativo relativo all’alimentazione sintetica . Essendo questa completamente priva di antiossidanti esogeni ovvero completamente priva di capacità antiossidante rispetto a quanto esercitato ( in vario modo ) dal miele , è ragionevole chiedersi se api infette da Nosema che si alimentino con alimento sintetico tradizionale campino tendenzialmente di meno di quanto non farebbero con miele . Dato che il problema oggi giorno è far campare le api , questo aspetto non pare di secondaria importanza . In maniera informale , alcuni ricercatori dell’INRA hanno detto di ritenere molto probabile che la nutrizione sintetica tradizionale produca una durata inferiore di vita di api infette da nosema ceranae rispetto a quanto ottenibile con miele . Tutto questo , in maniera similare a quanto prodotto dall’infezione di N. Apis, fa si che l’ape infetta da N. ceranae, abbia una aspettativa di vita ridotta (Malone et al. 1995; Goblirsch et al. 2013). [ ma , di nuovo , se potesse farsi capire , prima di morire anticipatamente direbbe” non mi reggo in piedi “]. Diviene allora ragionevole chiedersi cosa possa succedere alla regina se viene colpita dall’infezione , dato che questa non è solo il riproduttore ( unico ) dell’alveare , ma la sua presenza ( o meglio i suoi feromoni ) mantengono la coesione dell’alveare .Nella produzione commerciale di regine, queste possono venire infettate nel nucleo di fecondazione o colonia in conseguenza dell’ingestione di spore ricevute da operaie infette . Anche le accompagnatrici nella spedizione la possono infettare e può essere infettata quando inserita nell’alveare di destinazione . Le regine infette da Nosema hanno ovari più piccoli del normale (Farrar 1947). Le loro uova non risultano tutte funzionali e risultano spesso rapidamente sostituite una volta divenute infette (Farrar 1947). Alaux et al. (2011) hanno esplorato l’effetto di N. ceranae sulla fisiologia delle regine .I risultati dimostrano che N. ceranae ha effetti sulle funzioni fisiologiche e modifica la produzione feromonale .Secondo gli autori questo potrebbe spiegare la rapida sostituzione delle regine infette . Perciò i ricercatori hanno esaminato l’effetto della quantità di spore infettante sul manifestarsi dell’infezione e l’effetto dell’età della regina alla quale avviene l’ingestione delle spore relativamente al decorso della infezione . Per lo studio è stata scelta l’età di 12 giorni per il fatto che corrisponde spesso al tempo di permanenza nei nuclei di fecondazione. E’ stato chiaramente dimostrato che la regina diviene meno suscettibile all’infezione dal patogeno invecchiando e che per ciò il periodo di vita nel nucleo di fecondazione è critico relativamente alla possibilità di infezione da N. ceranae.Secondo i ricercatori i risultati suggeriscono che qualsiasi misura che riduca la contaminazione con spore di N. ceranae del cibo destinato alle regine appena nate è di aiuto a prevenire l’infezione della stessa da parte del patogeno. Le regine appena nate sono più suscettibili al patogeno di quelle più attempate . I risultati mostrano che la regina contrae l’infezione ( osservabile 12 giorni dopo l’inoculazione delle spore ) ricevendo quantità elevate di spore , dell’ordine di 105–106 spore/ml. Quando l’età della regina diviene 12 giorni, servono quantità di 106 spore/ml per far si che il 100 % delle regina contragga l’infezione . Quantità più basse di spore , dell’ordine di 103 - 104 spore/ml non infettano tutte le regine anche di età giovanile .
Non bisogna dimenticare che nello stomaco dell’ape non si trova solo il Nosema ceranae a tentare di riprodursi , ma vi può essere l’intera schiera dei patogeni dell’ape .
Ceranae e DWV risultano nello stomaco dell’ape antagonisti per lo sfruttamento delle risorse finalizzate alla riproduzione .In questa corsa all’oro si possono manifestare situazioni di diverso tipo .
All’arrivo del nosema vi può essere ( per molti motivi ) una infezione pregressa da DWV nello stomaco dell’ape e in diversi altri organi fra cui il cervello, essendo possibile che l’ape avesse un carico di virus già dalla regina , che ne abbia contratto attraverso l’alimentazione , o per via cutanea o dai contatti con la varroa .
Come dimostrato da Nazzi e colleghi questa infezione è tenuta a bada da una determinata quantità di NF-kB.
La risposta immunitaria ( AMPs ) da produrre per fronteggiare il nosema in arrivo sottrae parte del fattore NF-kB al controllo virale ( come descritto da Nazzi e altri ) rendendo possibile una replicazione del virus fino allora bloccata.
A questo punto i due patogeni diventano competitori nello stomaco, in cui la somma di presenza dei due patogeni dipende dalla quantità di NF-kB disponibile ovvero con una sorta di scorretta equazione :
Infezione da nosema + infezione da DWV = NF-kB
Questo porta a considerare che la semplice valutazione numerica della presenza di spore del nosema nello stomaco delle api non è interamente descrittiva della pericolosità della patologia perchè trascina uno sviluppo virale . Nei fatti a seconda di determinate condizioni, la corsa potrebbe essere vinta dal nosema, oppure potrebbe essere vinta dal DWV oppure più raramente finire in parità , ma la presenza di patogeni nello stomaco dell’ape è diversa dal semplice numero di spore di nosema .Chi di sicuro la corsa la perde è l’ape .
Mac Donnel e colleghi dell’INRA dimostrano un aumento di presenza del virus DWV nel cervello di api infette da nosema ( al limite del significato statistico ) in api di 10 giorni di età ovvero relativamente poco sensibili al nosema . L’aumento potrebbe essere decisamente più consistente in api di età maggiore , maggiormente sensibili al patogeno .
Altresì è ragionevole pensare ad un aumento di presenza di virus anche in altri organi .
Dal lavoro di Cornman e altri viene verificata una correlazione di presenza fra ceranae e diversi tipi di virus sia a livello di singola ape che di alveare nelle famiglie colpite da CCD. Questo può essere una conferma del fatto che la riduzione di presenza di NF-kB prodotta dall’infezione del ceranae porta ad aumento della presenza virale nella singola ape prima e nell’alveare poi in conseguenza di aumento di trasmissione orizzontale e diminuzione di disinfezione ( immunità sociale ) .
Altresì Cornman trova anche alveari deboli,ovvero con poche api, ma con minore co varianza di patogeni . Dal momento che Creilsheim ha dimostrato che le api possono allevare molta covata “debole” o poca “forte” regolandosi normalmente su una via di mezzo, non sono impossibili situazioni in cui le api tendano ad allevare meno api ma al meglio delle possibilità immunitarie,costituendo ciò elemento di tolleranza dei patogeni . Questo ,secondo il modello di Khoury permette la sopravvivenza dell’alveare come alveare con poche api e scarso accumulo di scorte . E’ però plausibile che il ceranae produca un aumento di presenza di DWV anche attraverso vie indirette.Dato che il ceranae riduce la capacità di bottinamente,all’alveare risultano disponibili minori quantità di scorte proteiche.Ciò fa si che le api vivano a basso livello di vitellogenina da ciò però risultando minore capacità di espressione di NF-Kb e di AMPs.
Di Prisco e colleghi hanno mostrato come le api a minor disponibilità di vitellogenina siano maggiormente sensibili al DWV e da ciò si deduce come l’azione di impoverimento prodotta dal ceranae si possa tradurre in una maggior presenza del virus DWV. Ovviamente tanto più quanto in parallelo vi saranno fattori di diffusione “propri “ del virus (Varroa o infezione virale della regina ) .
Se queste considerazioni sono poco belle , vi è poi qualcosa di orribile . Virus e Nosema utilizzano le “scorte “ diciamo così proteiche e di carboidrati dell’ ospite per riprodursi . Dai lavori di Alaux e Di Prisco ( ancora in corso ) sembrerebbe che una volta che queste infezioni hanno preso il sopravvento sulle difese immunitarie delle api ( prevalenza ) ed iniziano la loro riproduzione , aumenti della disponibilità alimentare alle api infette giochino molto di più a favore di detti patogeni che all’ape .. Dimostrandosi così di non potersi concedere distrazioni relativamente alla presenza di questi patogeni .

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