Produzione di miele impazzita, tutta colpa dei cambiamenti climatici


Montalcino - 11 Luglio 2006
PRODUZIONE DI MIELE “IMPAZZITA”, TUTTA COLPA DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI CHE INFLUISCONO ANCHE SUL LAVORO DELLE API. MUTA LA MAPPA DEL RACCOLTO ITALIANO: RECORD DI ACACIA AL NORD, MA NIENTE MIELE DI AGRUMI IN SICILIA. "STATI GENERALI" A MONTALCINO

I cambiamenti climatici influiscono sull’instancabile lavoro delle api e determinano sconvolgimenti nella produzione del miele: cambia radicalmente la mappa del raccolto italiano, con una sorprendente inversione di ruoli tra nord e sud del Paese. Così, mentre in Piemonte e Lombardia si registra un’eccezionale produzione di miele di acacia favorita dalla primavera soleggiata, in Sicilia per colpa del maltempo non c’è stato raccolto per il tipico miele di agrumi.

Sarà questo uno dei temi della “Settimana del Miele” di Montalcino (8-10 settembre 2006), la più importante rassegna italiana del settore.

“Anche se per il bilancio definitivo dovremo aspettare settembre - spiega Francesco Panella, presidente dell’Unione Nazionale degli Apicoltori Italiani - i primi dati del raccolto 2006 sono rivelatori di una tendenza che mostra la geografia del miele italiano quasi ribaltata: l’andamento meteorologico insolito e particolarmente disordinato, il troppo caldo o il troppo freddo, influenzano infatti la “bottinatura”, vale a dire la raccolta del nettare da parte delle api e la secrezione del nettare delle piante. Così, se nelle regioni del nord si è realizzato un raccolto record di miele di acacia, dovuto ad un anomalo innalzamento delle temperature primaverili e all’assenza di pioggia - mentre un tempo la produzione di miele d’acacia risultava assai più incostante - in Sicilia per il terzo anno consecutivo non è stato prodotto miele di agrumi, a causa della primavera segnata da continue perturbazioni climatiche”.

Anche il Wwf alcuni mesi fa, al Summit di Montreal, ha denunciato come i cambiamenti climatici influiscano sulla produzione del miele: a causa delle temperature più miti, le fioriture si verificano in momenti insoliti dell’anno. Questo comporta un cambiamento nel comportamento delle api e una riduzione della loro attività. Gli attacchi dei parassiti della flora, che prolificano grazie alle elevate temperature, determinano anche una riduzione nella produzione del miele. “Le api sono - continua Panella - una specie particolarmente fragile e sensibile agli squilibri ambientali. Rappresentano, in questo senso, un autentico “sismografo” degli scompensi che colpiscono l’intero ecosistema. Certo costituiscono un indicatore minore rispetto ad altri più importanti e macroscopici, ma il loro comportamento è comunque significativo per confermare gli enormi squilibri climatici degli ultimi anni”.

Quali sono, secondo i primi dati, i mieli che quest’anno hanno ottenuto le migliori performance? In primis il miele di acacia, in assoluto il più amato e ricercato in Italia: la raccolta è nella media molto buona, con punte di eccellenza, sia in qualità che in quantità, in Toscana e nelle altre regioni del centro. Eccezionale la produzione nelle regioni più vocate del Nord - Lombardia, Piemonte e Liguria - e buone rese anche in Veneto, Emilia e Friuli. Anche il raccolto di millefiori primaverili è andato bene in tutto il Paese. Negativo invece l’andamento del miele di agrumi, penalizzato nelle isole, in particolare in Sicilia, mentre in Calabria, Basilicata e Puglia i raccolti del profumatissimo miele d’arancio sono stati abbastanza buoni. Per il tiglio la quantità è risultata scarsa, e anche la fioritura degli immensi boschi appenninici e alpini di castagno è stata segnata da grande e crescente siccità, il raccolto è ancora in corso ma si preannuncia un’annata con basse medie produttive. Si è infine avviata da poco, pur tra qualche difficoltà, la raccolta dei mieli di alta montagna.

Sulle tavole degli italiani si consumano ogni anno quasi 400 grammi di miele a testa, con un interesse ed una conoscenza in continua crescita tra il grande pubblico. Nel settore operano ben 50.000 apicoltori, con 1,1 milioni di alveari che ospitano una popolazione di 55 miliardi di api. Il giro d’affari dell’apicoltura italiana è di 60 milioni di euro, ma arriva a 2,5 miliardi se si considera il servizio di impollinazione fornito dalle api all’agricoltura.

da http://www.winenews.it/index.php?c=detail&id=8650&dc=58