Il recupero di uno sciame selvatico in un muro


Il periodo migliore per recuperare o travasare gli sciami dalle arnie rustiche a quelle razionali coincide con l’inizio della stagione apistica, quando nel nido ci sono poche api e miele. Queste condizioni, facilitano le operazioni di trasferimento dei favi, nel Salernitano coincidono con la fioritura del ciliegio.

Le api, da questo periodo in poi, hanno tutto il tempo per diventare una famiglia forte, ricostruire il nido e ripristinare le scorte per l’inverno successivo.

La tentata distruzione di una famiglia d’api ospitata nell’intercapedine di una finestra chiusa con tramezzi di mattoni forati dall’interno e con muratura di tufo dall’esterno (foto 1) era stata tentata per ben due volte, prima con il fuoco e poi con i prodotti chimici. Poiché la famiglia era lasciata a se stessa, il rischio che poteva trasmettere le malattie come la peste americana, la peste europea e la varroa, compromettendo anche la sopravvivenza delle altre famiglie della zona, ha spinto l’autore dell’articolo a recuperare la famiglia.

Questi tipi di travasi, di famiglie naturali alloggiate in posti stabili e inamovibili, sono più complicati di quelli che si effettuano dalle arnie rustiche, poiché si deve lavorare con tutte le bottinatrici che rientrano dai campi con il loro carico.

Per tale motivo, i travasi che avvengono dalle arnie rustiche si fanno spostando l’arnia lontano dal posto primitivo.


Data la complessità dell’operazione, per il recupero dello sciame posto a circa tre metri dal piano di campagna, è stato richiesto l’intervento di due apicoltori e l’allestimento di un’impalcatura (foto 2).
Una raccomandazione, che non mi stanco mai di rinnovarla, è che quando si raccolgono gli sciami da posti pericolosi, l’impalcatura, scale o altri attrezzi, indispensabili per recuperare lo sciame, devono essere sempre posti e installati a regola d’arte. La ragione è semplice: il valore dello sciame recuperato non compenserà mai un’eventuale infortunio sul lavoro.

Oltre agli attrezzi da muratore usati per demolire il muro, per effettuare il travaso, è stato utilizzato il seguente materiale: un pigliasciame a cinque telaini; tre telaini da nido vuoti precedentemente ingabbiati con rete metallica a maglie larghe; due telaini costruiti; un affumicatore; un coltello; una corda; dei chiodi; un gancio; due recipienti per contenere i favi asportati e una spazzola continuamente inumidita in un secchio d’acqua, per non irritare le api durante la spazzolatura dei favi.

L’ingresso del nido, sulla parete esposta a sud, da un esame visivo si presentava di colore scuro, tendenzialmente al nero. Ciò faceva trapelare che la famiglia d’api dimorava nel nido da circa tre anni, come è stato ampiamente confermato dalla proprietaria del fabbricato.

Il recupero della famiglia dallo stato naturale è stato svolto in una giornata di pieno sole, con temperatura esterna di circa 18° gradi, in assenza di vento, dopo aver abbondantemente affumicata la famiglia d’api attraverso la fessura d’ingresso in modo che le api si riempissero di miele, diventando meno aggressive.

Si è proceduto poi ad eliminare tutta la parete esterna di tufo, con gli attrezzi consueti da muratore, portando allo scoperto tutti i favi del nido.

L’intercapedine, dove aveva trovato rifugio la famiglia d’api, aveva una capienza volumetrica maggiore rispetto alle esigenze biologiche della famiglia d’api, presentava le seguenti dimensioni 70*140*20 cm per un volume di 196.000 cm cubici, di cui solo la metà era occupata dai favi. Il volume scelto dalle api è superiore a quello che noi gli offriamo ospitandole nell’arnia razionale.

Il nido all’interno era costituito da undici favi. Per circa 50 cm in prossimità dell’ingresso erano disposti a favi caldi, i restanti a favi freddi (foto 3).
Il sesto e il settimo favo erano amalgamati con quelli a favo caldo. Da un’analisi attenta dello stato di conservazione dei favi, si è riscontrato che i primi due, quelli disposti a caldo, nella parte bassa si presentavano ammuffiti.

Le api, comprendendo che lontano dalla fessura d’ingresso non riuscivano più a mantenere costante il microclima interno, hanno cambiato l’orientamento dei favi per avere una migliore ventilazione.

Dopo aver ispezionato dettagliatamente il nido e verificato che la famiglia non era malata di peste o di varroa, si è proceduto al taglio d’alcuni favi di covata compatta con celle aperte e al loro ingabbiamento in un telaino da nido vuoto, rispettando sempre la naturale posizione.
Al termine del riempimento, i telaini sono stati inseriti nel pigliasciame per facilitare il richiamo delle api nutrici. Poi sono stati tagliati i restanti favi di covata opercolata, sempre a misura dei telaini da nido vuoti e ingabbiati nei telaini.

Il telaino da nido vuoto ha, sulle due facciate della rete zincata a maglie larghe (foto 4 ), facilmente asportabile e incastrabile. Questa è mantenuta in verticale e aderente al telaino, piegando l’estremità a 90° ed incastrandola nei forellini fatti nella cornice di legno del telaino.

Durante l’innesto, per agevolare l’operazione d’inserimento dei favi, viene tolta una parete di rete zincata. Quando il telaino è completo di favi naturali, con una leggera pressione delle dita s’incastra la rete precedentemente asportata.

Questo sistema del telaino ingabbiato è il migliore in senso assoluto, per quanto mi ha dimostrato la mia esperienza, perché tutte le operazioni avvengono in modo rapido e veloce. Rispetto al sistema tradizionale, che prevede la legatura dei favi nel telaino da nido con filo di rafia naturale o spago, si riduce il rischio del saccheggio e del raffreddamento della covata.

Durante l’innesto e il taglio della cera si controllavano attentamente i favi per cercare di scorgere la regina (foto 5 ) e di non recarle danno.

Man mano che si tagliavano, i favi erano tutti selezionati: i favi vuoti erano depositati in un recipiente per poi essere destinati direttamente alla fusione, i favi pieni di miele in un altro recipiente per essere poi destinati alla torchiatura per ricavare un po’ di miele che doveva servire come nutrizione, immediatamente dopo il travaso della famiglia dal pigliasciame nell’arnia razionale.

Terminato il taglio di tutti i favi, è stato completato il pigliasciame con telaini già costruiti, chiuso e sistemato nel posto occupato in precedenza dalla fessura d’ingresso della famiglia, fino a tarda sera, per recuperare tutte le bottinatrici che ritornavano dai campi e tutte le api che si erano alzate in volo durante il travaso, richiamate dalle compagne che già avevano preso possesso della nuova casa.

Il tempo impiegato dai due apicoltori per recuperare lo sciame è stato di quattro ore.

Il successo nel recupero della famiglia è dipeso molto dal favo di covata che ha trattenuto le api e la regina nel pigliasciame.

L’ultima fase del recupero si è svolta il giorno dopo, (foto 6) quando la famiglia è stata travasata dal pigliasciame all’arnia razionale, controllando se era stata catturata anche la regina.

Il travaso definitivo nell’arnia razionale, è avvenuto inserendo prima un telaino di scorte, pieno di miele e polline, adiacente alla parete est dell’arnia, poi i tre favi naturali ingabbiati, altri due favi costruiti, un telaino con foglio cereo e un’altro telaino di scorte, restringendo il tutto con un diaframma.

Durante il travaso i telaini sono stati attentamente osservati per cercare di scorgere la regina perché, in mancanza, bisognava subito correre ai ripari ed inserire una nuova regina in gabbietta o una cella reale prossima allo sfarfallamento per normalizzare al più presto lo sciame. Non è stato il nostro caso perché la regina era stata catturata e dalla deposizione compatta s’intuiva che non aveva più di un anno d’età.

Durante le successive visite di controllo, si è accertato che la regina deponeva normalmente nei favi ingabbiati, quindi le pareti di rete zincata che ingabbiano i telaini non sono d’ostacolo alla deposizione della regina.

Per avere sempre favi perfetti, tutti a celle d’operaie, man mano che nasce la covata nei telaini ingabbiati, è consigliabile spostarli ai lati dell’alveare per poi sostituirli con telaini con fogli cerei o favi costruiti.

Auguro a tutti un buon recupero di sciami selvatici.

Apisticamente, Angrisani ing.Pasquale.

pasquale.angrisani@libero.it