ONOREVOLI SENATORI. - In quasi tutti i Paesi del mondo esiste
l'attività di apicoltura; si calcola che gli apicoltori siano
piú di sei milioni e circa 50 milioni siano gli alveari, con una
produzione annua di circa 1 milione e 200 mila tonnellate di miele.
A) Apicoltura: situazione internazionale e
nazionale.
I maggiori produttori sono la Cina, la Russia, gli Stati Uniti, e,
quindi, via via, l'Argentina, il Canada, il Messico.
I 12 Paesi della CEE producono circa l'8 per cento del miele mondiale,
piú di 100 mila tonnellate nel 1991, con un incremento del 3,3 per
cento rispetto al 1990. Vi é nei Paesi della Comunità europea
una espansione di questo settore: le maggiori produzioni si sono avute in
Germania, in Spagna, in Francia ed in Italia.
Nei Paesi della Comunità europea si ha un consumo annuo di
piú di 200 mila tonnellate e nel 1990 si é avuto un incremento
dei consumi del 2,2 per cento. La Germania é il Paese in cui si ha il
maggior consumo pro capite
annuo, (chilogrammi 1,5), seguita da Grecia e Danimarca, rispettivamente
con 1,3 e 0,8 chilogrammi.
La Comunità europea ha importato nell'anno 1990 circa 150 mila
tonnellate; la Germania é il Paese che assorbe piú del 50 per
cento del miele importato, seguita dal Regno Unito con il 18 per cento e,
quindi, dagli altri Paesi.
Le importazioni sono andate aumentando costantemente negli ultimi anni,
da circa 80 mila tonnellate del 1975 a quelle attuali.
Le esportazioni della Comunità europea sono decisamente piú
basse delle importazioni (circa 30 mila tonnellate annue); le esportazioni
sono state effettuate quasi per il 50 per cento dalla Germania.
A livello comunitario abbiamo, quindi, una produzione non sufficiente a
far fronte al fabbisogno interno; é del 47 per cento il grado di
autoapprovvigionamento.
L'apicoltura in Italia ha una tradizione antica. Nei censimenti del 1928
e del 1933 erano 100 mila gli apicoltori, con circa 600 mila alveari. Poco
prima della guerra vi era circa 1 milione di alveari, con una produzione di
circa 100 mila quintali di miele. Con la guerra il patrimonio apistico si
dimezzó e la sua ricostituzione é stata lenta e difficile, a
causa dell'esodo dal settore primario, della meccanizzazione, dello sviluppo
dell'agricoltura intensiva, dell'uso spesso eccessivo di fitofarmaci e dei
bassi prezzi del miele.
Intorno agli anni '70 é iniziata una lenta ripresa dovuta ad un
aumento del prezzo, ad una politica comunitaria che ha incentivato questo
settore e, infine, ad un maggiore interesse dei coltivatori verso
l'apicoltura.
Negli anni '80 la varroasi (una malattia che colpisce le api), ha portato
ad un arresto della crescita.
In questi ultimi anni, comunque, stabilizzatosi il male, si é
avuta una certa ripresa.
A causa delle particolari caratteristiche del settore e delle
insufficienti e contrastanti informazioni statistiche a disposizione,
é difficile fare una stima precisa del numero degli apicoltori e di
quello degli alveari e quindi della produzione annua di miele. Quasi sempre
i dati ISTAT contrastano con quelli forniti dalle organizzazioni apistiche e
le differenze non sono di poco conto. Per fare un solo esempio, nel 1985
l'ISTAT censiva 370 mila alveari, la Federazione Apistica Italiana (FAI), ne
censiva 850 mila.
Comunque, comparando i due dati, é possibile avvicinarsi alla
situazione reale, sintetizzata nella tabella n. 1.
Come emerge dalla tabella, nel nostro Paese vi é stata una
espansione del settore apistico; la tendenza, pur con tutte le cautele sui
dati, é quella di una crescita di questo settore, nonostante che in
alcune regioni, (Sicilia, Calabria, Abruzzo), vi sia stato il riacutizzarsi
della varroasi.
L'espansione del numero delle aziende e di quello degli alveari é
confermata dalla crescita della quantità del miele prodotto, come
emerge dalla tabella n. 2.
La tendenza alla crescita della produzione é stata rallentata nei
primi anni '80 da diversi fattori, ad esempio l'andamento negativo del
mercato e l'esplodere della varroasi.
La resa media degli alveari stanziali va dai 10 ai 20 chilogrammi annui,
quella degli alveari nomadi é di 30-60 chilogrammi. É evidente
che queste rese variano a seconda dell'andamento stagionale, dell'area
geografica in cui é ubicato l'apiario e soprattutto in base alla
professionalità dell'apicoltore.
L'alveare non produce solo miele, ma anche altri prodotti, dalla cera al
polline, dal propoli alla pappa reale, dall'ape regina agli sciami, anche se
per ottenere alcuni di questi prodotti l'apicoltore deve avere raggiunto un
alto grado di professionalità.
Per quanto riguarda la tipologia delle imprese apistiche, secondo la FAI,
la situazione é quella che emerge dalla tabella n. 3.
I professionisti sono quelli che vivono solo con il reddito prodotto
dall'attività apistica ed hanno un numero di alveari che vanno dalle
2-300 unità per azienda a cifre molto piú elevate.
I semi-professionisti sono quelli che esercitano altra attività,
ma hanno un buon numero di alveari e una buona preparazione professionale.
Gli hobbisti hanno un numero di alveari modesto ed esercitano
l'attività con finalità non economiche, ma a scopo amatoriale.
Secondo un'indagine dell'Istituto per studi, ricerche e informazioni sul
mercato agricolo (ISMEA), le dimensioni delle aziende apistiche sono quelle
riportate nella tabella n. 4.
L'attività apistica non é rilevante ai fini
dell'occupazione: si ha, infatti, solo una media di 2,29 addetti per azienda
e non a tempo pieno.
Il numero complessivo di addetti del comparto apistico puó essere
stimato in circa 20 mila unità: in questa cifra tuttavia non si
comprende l'indotto.
Per le sue produzioni dirette l'apicoltura italiana é da
considerarsi un'attività di modeste proporzioni.
Si calcola che il valore del miele prodotto in un anno si aggiri intorno
ai 30 miliardi di lire, 10 miliardi di lire quello delle altre produzioni
dell'alveare e 10 miliardi di lire quello dell'indotto, in totale solo l'uno
per mille del prodotto lordo vendibile dell'agricoltura italiana. Il
prodotto annuo di ogni azienda ha un valore medio di circa 550 mila lire.
Il valore aggiunto che l'apicoltura produce attraverso l'attività
di impollinazione si calcola raggiunga i 2.000-2.800 miliardi di lire.
Non é semplice individuare il costo medio di produzione di un
chilogrammo di miele, in quanto esso varia in base alla tipologia delle
aziende, all'andamento della stagione e alla posizione geografica
dell'apiario. Comunque l'azienda apistica italiana ha certamente costi
piú elevati di quelle degli altri Paesi europei, ed extraeuropei.
Con le riserve di cui sopra é possibile formulare una ipotesi sui
costi di produzione del miele nel nostro Paese molto vicina a quelli reali:
a tal proposito vedi la tabella n. 5.
Il costo di produzione per le aziende di piccole dimensioni (20 alveari),
puó arrivare anche a 7.500 lire/kg.
Ai costi di cui sopra va aggiunta una spesa di lire 500-1000/kg per la
trasformazione e il confezionamento.
Il 50 per cento del costo di produzione é dovuto alla manodopera.
In Italia il consumo pro capite
di miele é basso se confrontato con quello delle altre nazioni
europee. In questi ultimi anni, comunque, forse anche per una maggiore
sensibilità verso il consumo di prodotti natura li, si é
registrato un apprezzabile aumento, come emerge dalla tabella n. 6.
Nel 1992 il consumo é apparso in ulteriore crescita.
La media del consumo pro capite
europeo é di grammi 500.
I dati relativi alla produzione complessiva di miele in Italia oscillano
a seconda della fonte da cui essi provengono: quelli dell'ISTAT, che prende
in considerazione solo il miele commercializzato e censisce un numero
inferiore di alveari, sono piú bassi, quelli della FAI, che, invece,
prende in considerazione l'intero quantitativo di miele prodotto e si basa
su un numero maggiore di alveari, sono piú alti.
Ció premesso si calcola che la produzione annua si aggiri intorno
alle 100.000 tonnellate di fronte ad un fabbisogno di circa 230.000, come
evidenzia la tabella n. 7.
Come emerge da tale tabella abbiamo un deficit
molto elevato e siamo costretti ad importare miele dagli altri Paesi. Il
prezzo del miele di importazione é molto piú basso del costo
di produzione del miele italiano. I prezzi medi, compreso il dazio di circa
il 26 per cento, sono quelli riportati nella tabella n. 8.
Il miele argentino nel 1987 veniva importato in Italia a 1420 lire/kg.,
compreso il dazio doganale, e quello cinese a 1535 lire/kg; molto
competitivo é stato in questi anni anche il miele tedesco che non ha
mai superato le 2.500 lire/kg. Il dazio doganale non é sufficiente
quindi a colmare il divario tra il costo di produzione del miele italiano e
il prezzo di vendita di quello straniero.
Poiché non é possibile contenere i costi di produzione del
miele italiano al di sotto di un certo limite, il nostro prodotto é
potenzialmente fuori mercato.
Le importazioni italiane provengono dai Paesi del continente americano,
per il 46 per cento; da quelli dell'Est europeo, per il 25 per cento; da
quelli della Comunità europea, soprattutto dalla Germania, per il 22
per cento e solo per il 7 per cento da altri.
Nell'ultimo decennio le importazioni si sono decuplicate.
B) Importanza dell'apicoltura.
Il settore apistico é stato nel nostro Paese ingiustamente
trascurato. Poco ci si é preoccupati di questa attività
produttiva, della trasformazione e commercializzazione dei suoi prodotti,
degli aspetti biologici e sanitari degli alveari. Lo scarso interesse per
l'apicoltura soprattutto da parte degli enti pubblici é dovuto a
varie cause: al modesto reddito diretto che dalle api si ottiene, al
limitato numero di occupati nel settore, alla presenza di molti hobbisti,
che non hanno come fine il profitto, al fatto che non ci si é resi
ben conto della grande funzione che le api svolgono per l'economia e
l'ambiente.
Si é tardato molto a riconoscere, anche per assenza di dati certi,
che l'apicoltura é un settore strategico per le produzioni agricole.
A questo riguardo ci sono stati studi attraverso i quali si é
dimostrato che circa 40.000 miliardi del prodotto lordo vendibile in
agricoltura risulta legato all'attività di impollinazione delle api.
Il massiccio impiego di fitofarmaci tossici e non selettivi, la pratica
di monocolture su vaste estensioni, la meccanizzazione, la scomparsa di
cespugli e di essenze spontanee, hanno provocato da un lato la quasi totale
scomparsa degli insetti pronubi utili, che vivono allo stato selvatico e
dall'altro la comparsa di altri organismi dannosi, che resistono anche
all'uso dei pesticidi. A questo va aggiunto il fatto che oggi vi é la
tendenza ad utilizzare in frutticoltura cultivar
autosterili e di usare sementi ibride che dipendono da impollinazione
incrociata. In questa situazione il servizio di impollinazione delle api
é essenziale. Per alcune colture l'unica forma valida di
impollinazione é quella entemofila: la produttività e la
riproduzione del soggetto vegetale sono oggi quindi garantite dalle api.
Molti sono gli alberi e le piante che usufruiscono di questo servizio di
impollinazione, dal mandorlo, all'albicocco, al susino, al pesco, dal melo
al pero, al ciliegio all'actinia, dagli agrumi alla vite, all'olivo, dalle
piante erbacee (fragole, melone, cocomero) alle piante oleaginose (soia,
girasole, colza) alle leguminose e alle foraggere (sulla, trifoglio, erba
medica). L'impollinazione in questo caso non solo é necessaria, ma
aumenta anche la produttività degli alberi da frutto e delle piante;
il melone senza l'impollinazione rimarrebbe pressoché improduttivo.
L'azione impollinatrice delle api é indispensabile anche per
equilibri ecologici della flora spontanea.
Un calcolo per difetto ci porta a dire che l'intervento delle api sulle
piante e sugli alberi da frutto attraverso l'impollinazione assicura
all'agricoltura italiana un incremento produttivo valutabile intorno ai
2.000 miliardi di lire all'anno, ogni alveare garantisce un reddito agricolo
indiretto tra un milione e seicentomila e due milioni di lire annui.
Il servizio di impollinazione effettuato mediante le api puó
essere diretto, quando le api trasportano polline da un fiore all'altro o
indiretto, quando viene inserito all'ingresso dell'arnia un dispensatore di
polline, che le api, uscendo, prendono e trasportano sull'apparato femminile
del fiore.
Le api costituiscono la migliore garanzia per il servizio di
impollinazione in quanto gli alveari sono facilmente reperibili e
agevolmente trasportabili.
Le api, inoltre, sono preferibili ad altri insetti pronubi perché
vivono in colonie numerose, perché le bottinatrici insistono su fiori
appartenenti alle stesse specie vegetali, e perché fra i componenti
della colonia vi é uno scambio di informazioni.
Quattro, dieci alveari assicurano il servizio di impollinazione per un
ettaro di frutteto.
In una agricoltura sempre meno spontanea e sempre piú razionale il
ruolo dell'apicultura diventa sempre piú determinante. L'ape é
ormai un fattore produttivo dell'economia agricola.
L'agricoltore, soprattutto per le colture specializzate, non puó
piú limitarsi a preoccuparsi solo del clima, della concimazione,
della potatura, della lotta ai parassiti, ma deve pensare soprattutto a come
ottimizzare l'impollinazione e quindi l'impiego delle api.
Il rapporto tra l'uomo e la natura é stato sempre difficile nei
secoli passati e spesso a soccombere é stato l'uomo. Dopo la
rivoluzione industriale, e soprattutto negli ultimi decenni, avendo
potenziato i suoi poteri di intervento, l'uomo rischia, se non si
autocontrolla, di apportare, come spesso avviene, squilibri rilevanti
all'interno della natura.
L'uomo esercita un intervento sempre crescente all'interno dei cicli
naturali, rendendo sempre piú delicato e problematico il suo rapporto
con la natura, un rapporto che richiede necessariamente una visione globale
e non parziale della realtà e dei vari settori d'intervento.
Gli equilibri all'interno dell'ecosistema sono tali che non si puó
intervenire su un settore senza apportare modifiche negli altri, a volte
anche su quelli che sembrano i piú lontani.
Oggi é una necessità tener conto di questo ed ogni nostra
scelta a livello politico, economico, urbanistico, territoriale non ne
puó prescindere. Lo sfruttamento delle risorse, l'impiego di certi
prodotti, gli investimenti in un certo settore, l'uso dello sviluppo
tecnologico e dei mezzi di cui disponiamo, i nostri consumi, i nostri stili
di vita, devono necessariamente tener conto dell'ambiente, delle risorse
naturali, del futuro nostro e dell'intero pianeta.
Oggi é necessario trovare il giusto equilibrio, il compromesso tra
le attività dell'uomo e la salvaguardia della natura e del
territorio.
Spesso abbiamo difficoltà a renderci conto dei danni che la nostra
azione provoca sull'ambiente anche perché i riflessi non sono
immediati e diretti, a volte, infatti, sono molto lontani nel tempo e dal
settore in cui stiamo operando.
Spesso l'osservazione diretta dell'uomo attraverso tecniche anche
raffinate non riesce a darci indicazioni esatte di ció che sta
avvenendo nell'ambiente e nel territorio in cui operiamo, neanche i
complessi calcoli matematici fatti attraverso i potenti elaboratori di cui
oggi disponiamo ci permettono di raggiungere questo fine.
Vi sono indicatori ambientali che possono a volte descrivere meglio di
qualsiasi sofisticato strumento ció che sta avvenendo nell'ambiente,
fornendoci una rappresentazione sintetica della realtà, che spesso si
presenta in maniera molto complessa. Questi indicatori ci permettono di
scoprire, ad esempio, quelle sostanze che sono state immesse nell'ambiente
in maniera abusiva e di individuare quelle interazioni sinergiche che nella
natura si verificano in seguito all'azione degli uomini e degli altri agenti
naturali, vegetali ed animali che in essa vivono ed operano.
Tutti gli organismi che vivono in un determinato ambiente ci possono
indicare quanto accade attorno a loro, ma non tutti gli organismi hanno
caratteristiche tali da prestarsi in modo efficace al monitoraggio
ambientale.
Le api possono essere usate come indicatori biologici e insetti-
test . Esse si muovono molto sul territorio, tanti sono i chilometri
che percorrono nell'arco di una giornata, e centinaia, migliaia, sono i
prelievi che ogni giorno effettuano. L'ape é, inoltre, un insetto che
possiamo controllare, cosí come possiamo controllare i prelievi che
essa fa. L'ape é in breve un sensore viaggiante e in questi suoi
viaggi di andata e ritorno dagli alveari, raccoglie diverse sostanze. Ci si
puó rendere conto dell'importanza dell'opera di monitoraggio che le
api possono svolgere se si considera che in un solo alveare ci sono circa 10
mila bottinatrici e che ognuna di esse si posa giornalmente su circa un
migliaio di fiori: le api di un solo alveare fanno quindi, circa, 10 milioni
di prelievi al giorno. L'azione di monitoraggio dell'ape é, inoltre,
importante perché i suoi prelievi sul territorio avvengono non solo
attingendo ai fiori e all'acqua, ma anche intercettando con il suo corpo
peloso le particelle aerodisperse.
L'ape si posa sulle foglie, penetra nei fiori, nelle gemme degli alberi,
beve acqua nei fossi, raccoglie nettare e polline, capta elementi inquinanti
dell'aria: é, in sintesi, l'indicatore ambientale per eccellenza.
Per verificare la qualità e la salute di un certo ambiente a volte
non é possibile affidarsi soltanto ad analisi chimiche, ecco
perché si é pensato di far ricorso a degli indicatori
ambientali: un organismo animale o vegetale con la sua presenza o assenza,
con il diradarsi o infittirsi ci puó indicare la pericolosità
o meno di un determinato ambiente. Anche una pianta é un indicatore
ambientale, peró essa sta ferma e quindi la sua indicazione é
limitata. L'ape non solo con la sua morte ci puó indicare la
pericolosità di un determinato ambiente ma, analizzando i prodotti
del suo bottinaggio, possiamo scoprire ció che avviene in un
determinato territorio.
Attraverso una ricerca effettuata un decennio fa si é scoperto che
in una zona della Romagna i tumori dell'apparato digerente dell'uomo sono
piú frequenti che altrove e che vi é una correlazione fra i
tumori e i pesticidi; si é inoltre scoperto che i pesticidi sono nove
volte su dieci cancerogeni pure per l'ape, il che significa che là
dove vi é un alto rischio per l'ape vi é un alto rischio anche
per l'uomo.
Le api possono essere impiegate non solo per fare rilievi in territori
agricoli, ma anche in zone industriali, per verificare l'impatto ambientale
di determinate aziende, cosí come possono essere utilizzate
all'interno delle città, in zone urbanizzate, per verificare
l'entità dei fattori inquinanti; in anni non molto lontani, infatti,
esperimenti in tal senso sono stati effettuati in varie città
italiane.
L'università di Bologna sta portando avanti questo discorso su
tutto il territorio nazionale con risultati eccellenti.
Le api sono degli insetti che si rivelano molto sensibili agli
anticrittogamici, agli antiparassitari, agli insetticidi e quindi attraverso
di esse noi possiamo controllare la pericolosità, la nocività
di questi prodotti.
Le api in questo modo diventano strumenti essenziali per la ricerca nel
settore ambientale e in modo particolare per controllare l'inquinamento del
territorio.
Questo servizio é ancora piú efficace quando le api sono
dislocate in territori dove manca la vegetazione spontanea e selvatica e
quindi sono costrette a bottinare sulle coltivazioni, facendo cosí un
rilevamento piú diretto.
La funzione delle api quindi va al di là del mondo
dell'apicoltura; possiamo ri nunciare anche al miele e agli altri prodotti
dell'alveare, ma l'uomo, la flora, l'ambiente non possono rinunciare a
questo insetto prodigioso.
Se si individua questo profondo legame tra l'ape e la flora, tra l'ape e
la natura, tra l'ape e l'uomo che coltiva, é necessario,
indispensabile e utile che si stabilisca un rapporto di collaborazione tra
l'apicoltore e l'agricoltore.
Questo rapporto é spontaneo e naturale quando le due figure si
identificano, quando cioé é l'agricoltore che nei tempi morti
é anche apicoltore e viceversa, o quando l'agricoltore ha bisogno
delle api per l'impollinazione delle sue piantagioni. Spesso diventa
conflittuale, invece, quando le due figure sono separate e le esigenze
dell'uno entrano in conflitto con quelle dell'altro. Ad esempio quando
l'agricoltore ha necessità di usare diserbanti, anticrittogamici,
antiparassitari per combattere insetti nocivi che danneggiano le sue piante
o i suoi campi e l'apicoltore, invece, ha bisogno di fare in modo che le sue
api vadano di fiore in fiore per produrre miele senza essere vittime dei
veleni dell'agricoltore.
É necessaria una maggiore informazione dell'apicoltore e
dell'agricoltore affinché entrambi comprendano che é utile
all'uno e all'altro il rispetto delle esigenze e dell'attività
altrui; se ció non avvenisse entrambi sarebbero destinati a
soccombere.
In futuro le api sicuramente saranno sempre piú necessarie per
l'impollinazione, gli apicoltori devono prepararsi a svolgere questo
servizio in modo da avere colonie adatte all'impollinazione nel momento
della fioritura.
Gli agricoltori, se vogliono raccogliere e raccogliere di piú,
devono capire che non possono usare prodotti che distruggono gli insetti che
sono a loro servizio, anzi devono cominciare a prepararsi per remunerare e
remunerare anche bene gli apicoltori che attraverso le api rendono loro il
servizio di impollinazione.
Questa collaborazione é necessaria al di là degli aspetti
economici per la salvaguardia e il rispetto dell'ambiente.
Collaborazione deve esserci non solo nel senso che l'agricoltore non usa
prodotti nocivi, ma anche differenziando le colture, utilizzando
cultivar nettarifere e ricorrendo a tecniche agricole non dannose per
gli insetti.
L'ape é un insetto che vive in stretto legame con l'ambiente ed
é l'unico insetto controllato dall'uomo, attraverso di esso quindi
l'uomo puó influire sull'ambiente, sulla sua tutela e puó
anche controllare la sua attività di uomo, controllando attraverso le
api i riflessi che questa sua attività ha sull'ambiente stesso.
C) Prodotti e commercializzazione.
Il miele é senza dubbio il prodotto piú importante
dell'alveare e il piú apprezzato dai consumatori.
Secondo la definizione che figura nella direttiva 74/609/CEE del
Consiglio del 22 luglio 1974, recepita con la legge 12 ottobre 1982, n. 753,
"il miele é il prodotto alimentare ricavato dalle api mellifere
partendo dal nettare dei fiori o dalle secrezioni provenienti dalle parti
vive delle piante o che si trovino su di esse, che le api stesse raccolgono,
trasformano, addizionano di sostanze specifiche, immagazzinano e lasciano
maturare nei favi dell'alveare".
Il miele che puó essere considerato una delle pochissime sostanze
alimentari "primitive" ancora esistenti, ha un alto valore energetico e
nutritivo; é un prodotto completo ed é indicato nella dieta
dei bambini, degli adolescenti, degli atleti, degli anziani, perché
esso é immediatamente assorbito dall'organismo senza alcuna
digestione preventiva. Contiene soprattutto glucosio e fruttosio, ma anche
acidi organici e sostanze minerali, in primo luogo potassio, e contiene
anche proteine e vitamine. Il miele viene utilizzato a fini terapeutici,
nella produzione di cosmetici e nell'industria dolciaria. Comunque la
maggior parte, i due terzi della produzione totale, viene destinata
all'alimentazione.
In Italia, grazie alle condizioni geografiche e climatiche favorevoli e
alla professionalità degli apicoltori, produciamo piú di 30
tipi di miele pregiato. In base ai fiori da cui proviene abbiamo varie
qualità di miele, dal miele di agrumi, castagno, corbezzolo a quello
di eucalipto, tiglio, sulla, girasole, da quello di trifoglio, colza e
frutta a quello dei millefiori e delle melate varie fino ai mieli di
limitate quantità, ma di qualità pregiate, che derivano dal
timo, dal rosmarino, eccetera.
Per la lavorazione, il confezionamento e l'etichettatura del miele non
occorrono operazioni complesse né attrezzature sofisticate. Circa il
60 per cento del miele italiano viene lavorato e confezionato dai
produttori; la sua lavorazione non avviene in impianti di grandi
capacità lavorative e ad alto sviluppo tecnologico, la lavorazione e
il confezionamento avvengono anche nelle aziende apistiche piccole con
impianti semiautomatici, a volte azionati anche a mano.
La parte restante, il 40 per cento, viene conferita alle industrie e alle
cooperative. In Italia ci sono cooperative, circa 50, e aziende industriali,
circa 20, che si occupano in modo specifico del settore apistico e curano
non solo l'aspetto produttivo, ma anche il confezionamento e la
commercializzazione del miele.
Non é possibile fare un discorso preciso sui canali attraverso cui
avviene la commercializzazione del miele: essa varia col mutare del tipo di
azienda e delle sue dimensioni; quasi nessun produttore vende in base ad un
preciso programma commerciale.
Quasi tutte le aziende produttrici, comunque, a prescindere dalle loro
dimensioni, collocano una parte del prodotto direttamente sul mercato.
Per gli hobbisti il problema commerciale non esiste: tra uso familiare,
regali ad amici e parenti, vendita a conoscenti e a colleghi il prodotto
é collocato; se qualcosa avanza viene conferito ai grossisti o ad
altri apicoltori.
Il semiprofessionista, spesso confeziona in casa, attraverso laboratori
artigianali, il proprio miele e lo colloca direttamente sul mercato,
vendendo a clienti affezionati o occasionali; il professionista segue la
stessa via e, a volte, aggiunge alla vendita diretta sul luogo di produzione
quella presso negozi ed erboristerie.
Il professionista che ha fatto il salto di qualità ed é
passato al confezionamento del prodotto con marchio proprio distribuisce
direttamente o attraverso i negozi. Questo naturalmente puó farlo
solo chi produce quantità rilevanti di miele, puó assicurare
continuità nella fornitura, prezzi non molto alti, un prodotto
standardizzato ed é infine in grado di fare una certa azione
promozionale. Ció che non é possibile collocare con questi
sistemi viene conferito alle cooperative, ai grossisti, all'industria di
trasformazione.
In breve, circa la metà del miele passa attraverso le grandi
aziende trasformatrici ed arriva al consumatore attraverso i banchi di
distribuzione al dettaglio; un 40 per cento attraverso la grande
distribuzione; la parte restante é acquistata dal consumatore
direttamente nelle aziende produttrici.
D) Vincoli strutturali.
L'apicoltura nel nostro Paese non si sviluppa come dovrebbe a causa di
alcuni rilevanti vincoli di carattere strutturale, ambientale, giuridico e
sanitario.
Brevemente e schematicamente li elenchiamo.
Si é generato uno squilibrio tra aree dove sono presenti
apicoltori ed alveari e quelle dove vi sono sufficienti disponibilità
di piante e di alberi melliferi idonei alla produzione di miele.
In molte zone del Paese, in seguito alla meccanizzazione e alla
specializzazione colturale, si é sviluppata la monocoltura che,
modificando interi ecosistemi, ha comportato la riduzione della
disponibilità e delle varietà floreali; nelle zone di collina
e di montagna si va perdendo la copertura ar borea, arbustiva e erbacea e
gli ecosistemi boschivi si sono profondamente modificati.
La meccanizzazione, le monocolture e l'agricoltura intensiva hanno
portato alla necessità di un uso massiccio e a volte indiscriminato
di diserbanti e pesticidi anche durante il periodo della fioritura con
conseguente moria di api e a volte di interi apiari.
I costi di produzione del miele in Italia, per carenze strutturali ed
organizzative, sono molto superiori a quelli di quasi tutti gli altri Paesi
membri della Comunità europea, e non solo. I prezzi sul mercato sono
molto al di sotto dei costi di produzione. Gli apicoltori italiani riescono
a produrre a a vendere ancora perché si accontentano di una
ricompensa per la manodopera ed anche per i capitali investiti, inferiore
alle quotazioni di mercato.
La Germania poi attua una vera e propria concorrenza sleale, in quanto
importa miele dai Paesi extraeuropei a prezzi bassi, lo lavora, lo
confeziona e lo riesporta nei paesi della Comunità europea, e molto
in Italia, a prezzi inferiori a quelli del costo di produzione dei nostri
mieli; da questa tenaglia, se continua a stringersi, gli apicoltori italiani
non possono che essere schiacciati, infatti i prezzi molto spesso non sono
tali da permettere di far fronte ai costi di produzione.
I bassi prezzi del miele in Italia sono dovuti anche alla polverizzazione
dell'offerta che riduce il potere contrattuale degli apicoltori e al fatto
che essi sono imposti da poche aziende agro-alimentari.
Vi é una polverizzazione delle aziende, tutte piccole, e questo
é un pesante ostacolo allo sviluppo dell'apicoltura, perché
nelle aziende non si attuano criteri di imprenditorialità e la
professionalità non si sviluppa.
Le aziende non sono dotate di attrezzature tecnologicamente adeguate e
tali da permettere un alto livello produttivo.
Non sono diffuse, come sarebbe necessario, strutture consortili,
cooperative, idonee allo stoccaggio, alla lavorazione, e al confezionamento
del miele.
Il miele, pur essendo conosciuto come un alimento sano, in effetti non
é molto consumato nel nostro Paese, il nostro consumo pro
capite
é tra i piú bassi di Europa. I consumatori non conoscono e
non apprezzano l'utilità del miele.
Manca ancora un marchio di qualità riconosciuto ufficialmente.
Mancano controlli sulla qualità dei prodotti per cui i mieli
migliori, quelli italiani, sono penalizzati, in quanto i mieli di altri
Paesi, di qualità scadente, sono immessi sul mercato a prezzi
piú bassi e, quindi, fanno una concorrenza sleale al nostro prodotto.
Questi controlli non si fanno perché mancano tecnici capaci e
laboratori di analisi adeguati. Ció comporta che sul mercato vi siano
prodotti non condizionati, con etichette irregolari, senza indicazione
dell'origine e delle eventuali miscelazioni.
Manca una adeguata assistenza sanitaria, non vi sono veterinari
preparati, non vi sono insegnamenti a livello universitario, sono assenti le
strutture diagnostiche alle quali gli apicoltori potrebbero rivolgersi.
L'intervento sanitario invece di essere diretto a prevenire le malattie, a
curare, si limita a reprimere, a ordinare la distruzione delle api colpite
da mali. Non sapendo curare si uccide| Questa carenza é grave, questa
ignoranza degli organi di controllo é assai dannosa per gli
apicoltori se si pensa che questo ostacola il nomadismo, che é una
forma diffusa ed essenziale della nostra apicoltura per sfruttare
adeguatamente le risorse nettarifere del Paese e per rendere il servizio di
impollinazione. La mancanza delle conoscenze delle diverse malattie, a
volte, fa sí che venga impedito lo spostamento di un apiario
perché malato, cosa sbagliata, in quanto il fatto non comporterebbe
alcuna conseguenza negativa.
Non si fa una politica di ricerca e di sperimentazione; i mezzi
finanziari messi a disposizione dall'ente pubblico sono limitati e manca un
coordinamento tra le diverse iniziative che si intraprendono.
Vi dovrebbe essere ricerca nel settore della produzione, in quello
sanitario, sulla vita e l'attività delle api, sul miglioramento
genetico delle stesse e sul rapporto api-am biente. Completamente assente
é la formazione professionale degli addetti al settore apistico,
necessaria per ottenere buoni risultati, per usare bene i fattori produttivi
e per conseguire profitti economici oltre che ambientali.
Vi sono carenze legislative gravi. L'apicoltura é regolata nella
sostanza ancora dal regio decreto-legge 23 ottobre 1925, n. 1079, convertito
dalla legge 18 marzo 1926, n. 562, e non si é riusciti a fare una
nuova legge quadro, richiesta da decenni dagli apicoltori e dalle loro
associazioni. Né il Governo né le forze politiche presenti in
Parlamento hanno avanzato disegni di legge per questo settore.
Molti altri vincoli e carenze possiamo riscontrare nel settore
dell'apicoltura: dalla mancata valorizzazione degli altri prodotti
dell'alveare, alla carenza di assistenza tecnica, ad altri ancora. Comunque
il limite piú grave é politico. Chi ha governato questo paese,
non si é reso conto della grande importanza che ha l'apicoltura per
la produzione agricola, per la conservazione delle piante e degli alberi,
per la tutela della flora, del territorio e in generale dell'ambiente e
pertanto non le ha prestato l'attenzione dovuta.
E) Proposte.
Se le carenze sono quelle di cui abbiamo detto non é difficile
immaginare quale debba essere l'azione da fare in futuro: bisogna lavorare
per superare ció che impedisce agli apicoltori di sviluppare la loro
attività.
É evidente che bisogna legare l'apicoltore al prodotto e, quindi,
al profitto per fare in modo che curi l'apiario per avere un prodotto sempre
migliore, ma ormai bisogna entrare nella logica che l'ape ha un valore che
va al di là di quello strettamente economico dovuto alla produzione
di miele.
La funzione principale delle api é quella della conservazione
dell'ambiente e dell'aiuto all'agricoltura, é, quindi, necessario
fornire un sostegno economico all'apicoltore anche e soprattutto in quanto
operatore ambientale e operatore al servizio dell'agricoltura.
Bisogna partire allora dal presupposto che l'apicoltura é un
settore importante non tanto per la produzione diretta, che é poca
cosa, quanto per il servizio che rende all'agricoltura, al territorio e
all'ambiente. Questo aspetto é stato completamente trascurato in
passato, non solo per mancanza di conoscenze adeguate, ma anche
perché il problema solo oggi si pone in maniera pressante.
Sono state le profonde trasformazioni avvenute nel settore agricolo a
portare a questo cambiamento di prospettiva dell'allevamento apistico. Sono
state già evidenziate le cause che hanno creato il problema
dell'impollinazione con il conseguente grave pericolo, in sua mancanza, per
la produzione agricola sia da un punto di vista quantitativo sia
qualitativo, problema che solo le api oggi possono risolvere.
Gli imprenditori agricoli e gli enti pubblici devono prendere coscienza
della importanza del settore apistico e intervenire di conseguenza. Non si
puó sperare né pretendere che gli apicoltori si facciano
carico di mantenere a loro spese un settore che é sottoposto ad una
spietata concorrenza da parte degli apicoltori degli altri Paesi. É
necessario, invece, che l'ente pubblico intervenga in modo massiccio e
programmato per mantenere e sviluppare questa attività.
Prima di pensare ad un intervento specifico sulla struttura produttiva e
commerciale delle aziende apistiche, pur necessario, bisogna intervenire
sull'ambiente in cui l'ape vive e lavora.
É necessario in primo luogo intervenire sul modo in cui si produce
oggi in agricoltura e sulle varie cultivar.
Nelle zone di pianura bisogna equilibrare il rapporto tra le varie
colture, una diffusa monocoltura é dannosa per gli insetti, in quanto
provoca la moria di alcuni e il diffondersi eccessivo di altri, ma anche la
produttività non ne guadagna da un punto di vista quantitativo e
qualitativo.
L'uso sconsiderato di diserbanti, anticrittogamici, pesticidi é
nocivo per gli insetti e per i prodotti. É necessario, quindi,
limitar ne l'impiego per evitare di inquinare l'ambiente e distruggere gli
insetti. Un primo intervento, quindi, va fatto in questa direzione: é
necessario razionalizzare e diminuire l'uso di sostanze chimiche nel settore
agricolo. Bisogna inoltre obbligare le ditte fornitrici di fitofarmaci a
dare informazioni adeguate agli agricoltori sui loro effetti nocivi come
é necessario informare e obbligare questi ultimi a fare un uso
razionale degli stessi. Occorre che l'ente pubblico faccia un intervento
deciso per fare in modo che si ricorra sempre piú alla lotta guidata,
integrata, biologica.
Nell'agricoltura del futuro bisogna prendere in attenta considerazione il
problema delle diverse cultivar
e dell'equilibrio che tra esse vi deve essere. É vero che
l'imprenditore é portato a coltivare ció che dà maggior
reddito, ma é anche vero che quello agricolo é il settore dove
é maggiormente presente l'intervento dell'ente pubblico, che non deve
limitarsi solo a disciplinare le eccedenze produttive, ma deve vigilare
anche sulla qualità delle coltivazioni.
L'agricoltura é il settore economico che forse piú
contribuisce alla conservazione o al degrado del territorio, del paesaggio e
dell'ambiente. Gli operatori agricoli non possono essere, quindi,
abbandonati soltanto alla libera dialettica economica, ma l'ente pubblico
deve intervenire affinché questo settore oltre a produrre generi
alimentari contribuisca anche a conservare e a tutelare il territorio e
l'ambiente.
In un mondo agricolo piú sano sopravvivono le api, gli altri
insetti pronubi e vivono meglio anche gli altri animali e con essi l'uomo.
In un'agricoltura piú rispettosa degli equilibri naturali le api e
gli altri insetti potrebbero favorire raccolti piú abbondanti e di
migliore qualità.
Bisogna intervenire sull'agricoltura delle zone interne che sono
piú soggette all'abbandono e al degrado ambientale.
Il disboscamento, il deteriorarsi del manto erboso, le terre abbandonate
e non coltivate hanno reso queste zone economicamente povere, l'uomo
é fuggito e l'ape non trova nettare da bottinare né svolge la
funzione che potrebbe, quella di impollinatrice. In queste zone bisogna fare
interventi strutturali non solo per evitare l'ulteriore degrado del
territorio, ma per cercare di invertire la direzione. Le api possono dare un
contributo in questo senso anche perché in queste zone, non essendo
possibile un'agricoltura intensiva, meno massiccio é l'uso dei
pesticidi. Non solo é piú facile la sopravvivenza delle api,
ma i loro prodotti, in primo luogo il miele, sono piú genuini, quindi
di qualità piú pregiata perché inferiori sono i residui
e per questa ragione maggiore, molto maggiore, puó essere il suo
prezzo sul mercato.
Nelle zone interne molto puó e deve fare l'ente pubblico,
perché qui meno presente é il mercato e quindi
l'attività del privato. L'ente pubblico deve intervenire per il
rimboschimento di queste zone e nel farlo deve tener conto della
necessità di piantumare alberi che possano favorire lo sviluppo
dell'apicoltura.
L'impianto di nuovi boschi o la cura di quelli esistenti dovrà
mirare a sviluppare quelle piante del bosco, del sottobosco e delle macchie
che hanno essenze nettarifere in quantità e qualità tali da
permettere al settore apistico di svilupparsi e di produrre miele pregiato.
La forestazione produttiva e quella protettiva devono avere come fine
anche il settore apistico. La messa a dimora di piante di determinate specie
nettarifere, anche nei vivai, raggiunge fini diversi, non solo quello di
tutelare il territorio, di garantire la salubrità dell'aria, di
produrre legno e legna, ma anche quello di permettere la produzione di mieli
pregiati.
Nelle zone interne é possibile da parte dell'ente pubblico
intervenire per sviluppare la coltivazione delle piante officinali. Queste
coltivazioni non solo danno un reddito diretto e quindi possono contribuire
al mantenimento delle popolazioni in queste zone, ma agevolano anche la
produzione di mieli monoflorali pregiati.
Nelle zone interne puó essere sviluppata anche la coltivazione di
alberi da frutto cosiddetti minori. More, lamponi, mirtilli possono essere
risorse per l'agricoltore, ma anche per le api, che a loro volta possono con
tribuire a migliorare le produzioni in quantità e qualità. In
queste zone, attraverso interventi adeguati ed opere dirette al governo
delle acque bisogna tutelare il manto erboso per permettere allevamenti
bradi e anche per creare un ambiente ideale per lo sviluppo dell'apicoltura;
le api possono attingere nelle diverse stagioni e per piú lunghi
periodi alle tante specie di fiori spontanei presenti in queste zone e che
permettono la produzione di pregiati mieli millefiori.
L'istituzione nelle aree montane di parchi, che mirano alla tutela della
flora, delle acque, dell'aria e dell'ambiente nel suo complesso é
certamente un fatto positivo per lo sviluppo dell'apicoltura e per la
produzione di mieli di qualità, che possono essere immessi sul
mercato con specifiche etichettature che ne indicano la provenienza, le
caratteristiche, i pregi e a prezzi piú alti.
L'apicoltura puó essere un'attività complementare,
integrativa, per gli operatori economici delle zone interne, e potrà
contribuire al riequilibrio economico e sociale del territorio; il reddito
dell'apicoltura potrà essere integrativo degli altri redditi da
quello dell'agricoltore a quello del lavoratore dipendente, di tutti coloro
che vivono in queste zone marginali e piú difficili del Paese.
In una agricoltura, come quella nostra, specializzata e intensiva, il
nomadismo é necessario per poter permettere alle api di lavorare e
produrre nelle diverse stagioni dell'anno, per sfruttare, volta a volta, la
fioritura di questa o quella specie di albero o di pianta e per avere,
quindi, una maggiore produzione di miele e degli altri prodotti, onde poter
elevare il reddito degli apicoltori.
I nostri apicoltori per poter trasferire gli apiari da un luogo
all'altro, spesso anche molto distanti tra loro, affrontano spese elevate
che certamente aumentano i costi di produzione. Infatti essi sono piú
alti di quelli degli altri Stati, soprattutto extraeuropei, dove una
struttura diversa dell'agricoltura permette di ottenere le stesse
quantità di prodotto o poco meno senza trasferire gli apiari da un
luogo all'altro. Comunque nel nostro Paese il nomadismo é necessario
e bisogna favorirlo ed incentivarlo. E ció non solo al fine di avere
una maggiore produzione, ma anche per avere mieli che, prodotti con nettari
di alberi e piante diverse, sono per gusto, colore, caratteristiche, sapore,
piú pregiati. Questi mieli possono essere immessi sul mercato a
prezzi maggiori di quelli importati e conquistarsi particolari nicchie di
mercato.
Considerata la struttura attuale della nostra agricoltura, il nomadismo,
oltre a garantire una maggiore e migliore produzione, assolve al
fondamentale ed essenziale servizio di impollinazione.
L'ente pubblico deve favorire il nomadismo attraverso norme valide e
uguali per tutte le regioni, facilitazioni sanitarie e di ubicazione degli
apiari e soprattutto deve svolgere un'azione di informazione presso gli
agricoltori per renderli consapevoli della grande utilità del
servizio di impollinazione, che é necessario abbia un riconoscimento
anche ai fini giuridici, fiscali ed economici.
Entrando piú nello specifico del settore apistico, della struttura
produttiva delle aziende, della qualità del prodotto, della sua
commercializzazione, delle norme e dei regolamenti che regolano la
produzione e il commercio del miele e degli altri prodotti dell'apicoltura,
é necessario fare alcuni interventi.
Nel nostro Paese dobbiamo aumentare il patrimonio apistico per i fini di
cui si diceva sopra: servizio di impollinazione, aumento della produzione
per soddisfare il fabbisogno interno, tutela dell'ambiente. Bisogna produrre
soprattutto miele di qualità per soddisfare una domanda che va
crescendo e diventa sempre piú esigente.
É necessario mettere gli apicoltori nelle condizioni di produrre e
di vendere a prezzi remunerativi.
Lo sviluppo deve mirare a mettere gli apicoltori in condizione di avere
un sufficiente reddito dai prodotti dell'alveare e in primo luogo dal miele,
questa é la migliore garanzia che essi continueranno la loro
attività.
Bisogna mirare, da questo punto di vista, allo sviluppo e all'aumento
degli apicoltori professionisti e semiprofessionisti organizzati in aziende
moderne e tali da permettere loro di avere un reddito sufficiente, ma
bisogna sostenere e sviluppare anche gli apicoltori hobbisti perché
questo tipo di apicoltura non solo puó essere un utile passatempo, ma
puó avere due funzioni fondamentali: quella di permettere una
integrazione di reddito a lavoratori di altri settori e della stessa
agricoltura (soprattutto nelle zone marginali), e quella di assicurare un
servizio di impollinazione nelle zone interne, dove gli operatori economici
del settore agricolo incontrano difficoltà.
Per raggiungere questi obiettivi utili per gli apicoltori e per i
consumatori, indispensabili per una apicoltura qualificata e competitiva,
necessari per verificare e mantenere gli equilibri ambientali e tutelare la
flora, la fauna e la salute dell'uomo, bisogna che ci sia un intervento
dell'ente pubblico nel settore dell'apicoltura, un intervento sulle
strutture produttive, su quelle commerciali, su quelle della ricerca e della
formazione professionale e su quella associativa.
Occorrono finanziamenti da destinare alle aziende apistiche per fornir
loro i mezzi necessari ad ampliare e migliorare le strutture produttive,
onde abbassare di molto i costi di produzione e per poter essere competitive
sul mercato internazionale.
La ricerca ha anche in questo settore una funzione e un'importanza
strategiche. Perché le nostre aziende siano competitive a livello
internazionale é necessario che l'attività dei nostri
apicoltori si basi su una solida conoscenza scientifica delle api, della
loro attività, delle tecniche produttive e gestionali delle aziende.
Il fatto che le api producano miele dagli albori dell'umanità non
significa che le api possano essere abbandonate a loro stesse e che l'uomo
possa limitarsi a raccogliere il prodotto del lavoro di questi insetti.
Come negli altri settori dell'agricoltura e della zootecnia sono
necessarie la ricerca e la sperimentazione, é necessario
l'approfondimento scientifico sotto l'aspetto entomologico e zootecnico.
Bisogna approfondire la conoscenza della biologia dell'alveare e delle
diverse patologie apistiche, selezionare e migliorare la razza propria del
nostro Paese, quella ligustica, ma bisogna anche e soprattutto ricercare per
meccanizzare e automatizzare le operazioni all'interno dell'azienda per
ridurre i costi, aumentare la produzione e migliorare la qualità.
É necessario approfondire lo studio sui rapporti complessi
esistenti tra apicoltura ed agricoltura, sulla flora nettarifera e
pollinifera, sul come ottimizzare le produzioni mellifere.
Occorre studiare come modificare le composizioni floristiche nelle
diverse zone per avere maggiore potenzialità mellifera, redigendo
anche una mappa mellifera dei diversi territori.
Necessita, per migliorare la qualità, non solo che le api
attingano a fiori sempre piú idonei, ma anche che non vi siano
residui di fitofarmaci, residui di sostanze estranee, che rendono i mieli
meno pregiati.
Occorre individuare le proprietà alimentari, terapeutiche,
cosmetiche del miele e degli altri prodotti dell'alveare sull'organismo
umano per promuoverne la loro diffusione.
Insieme alla ricerca é necessaria la formazione professionale
degli apicoltori e di coloro che lavorano in questo settore, cosí
come bisogna informare gli agricoltori sull'utilità delle api, sulla
loro biologia e sui problemi generali dell'apicoltura.
Alla ricerca e alla formazione va accompagnata l'assistenza tecnica e,
soprattutto, quella sanitaria, che costituiscono lo strumento indispensabile
per lo sviluppo dell'apicoltura, per la tutela e la salvaguardia degli
apiari.
Un altro obiettivo che ci si deve porre nella situazione italiana
é quello di migliorare ancora di piú e tipicizzare il nostro
prodotto.
La concorrenza dei mieli stranieri puó essere battuta sia
abbassando i costi, come si diceva prima, sia, soprattutto, migliorando la
qualità e la genuinità del nostro miele.
L'ambiente piú sano, la ricerca, la conoscenza delle tecnologie
produttive e un adeguato trattamento, portano ad un prodotto di migliore
qualità e tale da poter occupare una fascia di mercato medio alta in
cui il miele estero non puó entrare.
Per raggiungere gli obiettivi di cui sopra, bisogna anche conoscere le
esigenze dei consumatori e dare loro una informazione adeguata sulle
proprietà del miele.
Per le non grandi dimensioni delle aziende e per il fatto che le varie
associazioni apistiche non sono adeguate alle esigenze del settore, é
mancata in questo comparto produttivo una sufficiente pubblicizzazione del
prodotto miele e delle sue qualità nutritive, dietetiche e
terapeutiche. Bisogna rimediare a questa carenza e, inoltre, é
necessario arrivare a dei prodotti DOC, con marchi facilmente riconoscibili,
in modo che il consumatore, una volta acquisito con la qualità, non
si perda, perché é in grado di riconoscere il prodotto al
momento dell'acquisto.
Non basta avere un buon prodotto, un prodotto conosciuto e ricercato dal
consumatore, é necessario anche avere una adeguata rete commerciale,
ció soprattutto per i produttori professionisti, che sia tale da far
arrivare con regolarità il prodotto al consumatore.
Per fare questo occorre che le associazioni degli apicoltori si
rafforzino e che gli apicoltori, soprattutto quelli piccoli, si riuniscano
in cooperative per avere migliori strutture per la preparazione, il
confezionamento e la ricerca degli sbocchi commerciali del prodotto.
L'ente pubblico per tutelare gli apicoltori e i consumatori deve inoltre
necessariamente intervenire per controllare la qualità dei prodotti
immessi sul mercato per impedire la vendita di mieli scadenti, soprattutto
di quelli esteri, spacciati per buoni, in una parola per evitare e reprimere
ove necessario vere e proprie frodi commerciali.
Di qui la necessità di un adeguamento normativo e legislativo alle
esigenze di una apicoltura ed agricoltura moderne, una legislazione che
possa mettere in condizione i nostri apicoltori di produrre a costi
piú bassi, di produrre mieli di qualità e di vendere a prezzi
competitivi in un mercato sempre piú ampio.
Se si riesce a fare prodotti di qualità, ad abbassare i costi di
produzione, e far conoscere ai consumatori le proprietà del miele, ed
avere una adeguata rete di distribuzione e ad evitare le frodi vi é
la possibilità per gli apicoltori italiani di collocare il loro
prodotto a prezzi remunerativi anche alla luce del fatto che vi é la
concreta possibilità di un aumento del consumo pro capite .