I report di Gianni Savorelli alla lista aol-mondoapi Aprile 2001


Data: Mon, 2 Apr 2001
Sulla resistenza genetica degli alveari

La produttività e la resistenza alle malattie da parte delle famiglie di api è per molti versi legata alle loro caratteristiche genetiche.
Molto spesso ci si dimentica che una regina è fecondata da molti fuchi ( poliandrismo ) e che perciò la famiglia che da essa deriverà è in realtà l'insieme di sorellastre con la stessa madre, ma padri differenti. Diverse ricerche su questo sono state sviluppate e hanno dimostrato che le sorelle con identico patrimonio genetico tendono a collaborare tra loro mentre si creano rapporti di dominanza e sottomissione ra i vari gruppi genetici. Questo aspetto è stato molto ben descritto da Hillescheim, Koeniger e Moritz ( 1989).
I vari gruppi genetici non sono rappresentati all'interno dell'alveare dallo stesso numero di api. La produttività è stata verificata maggiore quando in esso vi è un alto numero di operaie del ceppo " subordinato" e un basso numero di operaie " dominanti ". Proprio come in una fabbrica in cui il numero degli operai deve essere molto superiore al numero dei dirigenti. Secondo gli autori citati, nell'attività di trofallasi le operaie dominanti sono per la maggior parte nutrite dalle altre. Le subordinate offrono cibo con regolarità. Le diverse sottofamiglie di un alveare ( Page ;Robinson 91)esprimono anche una quantità diversa di api per i vari lavori nell'alveare.
Una particolare sottofamiglia potrà avere un alto numero di guardiane, ma un basso numero di bottinatrici etc. I vari ceppi genetici, identicamente a quanto succede anche per gli esseri umani, oltre a presentare delle differenze anche marcate per quanto riguarda capacità lavorative o di allevamento di covata etc. presenteranno anche delle differenze per quanto riguarda la suscettibilità alle malattie. La resistenza a malattie batteriche o ai funghi sembra molto correlata alle caratteristiche genetiche.
Anche la resistenza alla varroa non fa eccezione. La "sopportazione" del parassita da parte delle larve e i relativi danni ad esse provocati potranno essere più o meno elevati a seconda dell'efficacia di particolari meccanismi biochimici. All'interno della famiglia ci potranno essere differenze di attrattività per la covata delle varie sottofamiglie in base a differenze delle caratteristiche feromonali. Le varroe potranno perciò tendere a riprodursi in una particolare sottofamiglia. Anche la capacità igienica e il comportamento di autopulizia potranno variare a seconda delle caratteristiche genetiche feromonali. della covata
In conclusione la resistenza della api agli agenti patogeni non deve essere considerata come un blocco unico, ma piuttosto come l'insieme delle caratteristiche dei sottoinsiemi che la costituiscono. Ad esempio si potrebbe paragonare alla capacità di resistere all'influenza degli abitanti di Milano.


Data: Thu, 5 Apr 2001
Considerazione sulle virosi
Flores; Puerta @ al Università di Cordoba Spagna da vida apicola n° 65

Le virosi hanno costituito negli ultimi anni uno dei problemi più complessi della patologia apistica. Non è ancora possibile disporre di metodi diagnostici sicuri. Tantomeno di mezzi preventivi e curativi efficaci. La sintomatologia più ampiamente descritta consiste in un comportamento anormale delle api adulte.
Il quadro clinico inizia con una proporzione variabile di individui che presentano un aspetto strano, frequentemente con perdita di pelosità che dà al torace e all'addome dell'insetto un aspetto insolitamente brillante. Si presentano in aggiunta incapacità di volare e tremori.
Le api si affannano a non permettere l'accesso alle sorelle inferme e in tal modo si forma un insolito accumulo di individui sulla porta di volo. Questo comportamento delle api sane si può certo definire un mezzo di difesa naturale.
In alcuni casi lo sviluppo della patologia può estendersi all'intero alveare e portarlo a morte. in altri può essere così veloce che l'apicoltore non fa in tempo ad osservare la prima fase della sintomatologia in cui la parte sana della famiglia tenta di allontanare gli individui colpiti.
Meccanismi di diffusione
Una delle vie di entrata dei virus più ampiamente accettate dalla scienza è quella parenterale..
Nella pratica può essere prodotta in tre modi:
* a causa della varroa che si nutre dell'emolinfa dell'ape
* Per contatto attraverso una zona interna dell'ape, come il tubo digerente deteriorato per qualche motivo
* attraverso eventuali rotture dell'esoscheletro in corrispondenza di perdite peli ( i peli dell'ape contengono una parte di materia viva in contatto con l'emolinfa )
Questa terza via è particolarmente importante quando esiste un'elevata densità di individui o quando le api si trovano per motivi diversi a combattere tra loro.
I sintomi descritti per la paralisi virale corrispondono in maggiore o minor misura a quelli di altre infermità.
Ad esempio tra i sintomi della nosemiasi, oltre alla diarrea sono descritti comportamenti e alterazioni nervose simili a quelli sopraesposti.. E' dunque probabile che esista una relazione indiretta tra virus e nosema a causa delle alterazioni nelle cellule dell'epitelio digestivo e che la pericolosità della nosemiasi possa essere aggravata dalla presenza di agenti virali. Nella disinfezione dei materiali può perciò essere utile usare i prodotti oggi disponibili in grado di essere efficaci anche contro i virus.
Varroa e quadri virali
Il ruolo di vettore virale dei virus è stato ampiamente dimostrato. I virus sembrano avere negli alveari due tipi di effetto , uno a breve e uno a lungo raggio.
A breve possono aversi epizoozie anche violente. Le famiglie possono arrivare a morte anche con presenza non elevata di varroe. Possono presentarsi casi di repentini spopolamenti. I fenomeni non appaiono con costanza e soprattutto all'interno degli alveari colpiti raramente il fenomeno risulta in maniera generalizzata.
Il secondo è meno evidente e più graduale. La varroa ha esteso in tutti gli alveari una popolazione virale che prima era limitata ad un numero di alveari estremamente ristretto.
La maggior parte delle sintomatologie virali sono osservabili nel momento in cui è presente nell'alveare un gran numero di individui. Ciò può essere dovuto alla gran densità delle api che favorisce rotture nella cuticola e la penetrazione attraverso esse degli agenti virali


Data: Tue, 10 Apr 2001
Azione della varroa sull'ape
J. Le Conte; F. Jeanne - B.T.A. 18 -2

La varroa si nutre dell'emolinfa delle larve. Questo porta a dei cambiamenti qualitativi e quantitativi dello spettro proteico dell'emolinfa di queste larve dovuto non solamente alla diminuzione delle proteine, ma anche alla possibile liberazione di sostanze tossiche nell'emolinfa.
L'abbassamento del tenore in proteine delle larve è del 15/20%.Queste proteine vengono prelevate dalla varroa per il suo sviluppo e per la maturazione delle uova.
Il prelievo di emolinfa porta ad un calo del peso della linfa di ape. In conseguenza numerose modificazioni possono apparire.
Il peso è ridotto alla nascita dal 6,3 al 25%.. L'aspettativa di vita è ridotta del 50%.. Si presentano modificazioni morfologiche evidenti come riduzione di taglia, atrofia dell'addome, malformazioni del pungiglione e delle ali , nonchè riduzione della taglia delle ghiandole ipofaringee e disfunzioni delle ghiandole ceripare..
Il metabolismo della varroa consuma durante l'inverno una quantità di emolinfa uguale al volume totale di emolinfa di un ape..
In primavera le api adulte parassitizzate presentano una riduzione degli emociti del 30% e un tenore di acidi nucleici nei tessuti muscolari significativamene ridotto.
L'organismo diviene dunque estremamente più suscettibile ai microrganismi patogeni. Le ferite aperte dalla varroa sono vie aperte alle infezioni batteriche e virali.
La varroa può anche iniettare direttamente certi agenti patogeni nell'emolinfa delle api.
Infezioni batteriche conseguenti sono state osservate. Api parassitate presentano nell'emolinfa un numero di batteri doppio rispetto a quello di api sane.


Data: Thu, 12 Apr 2001
Sulla covata calcificata
Dr Keith Delaplane da American Bee Journal genaio 95 sintesi

Come si sa le covata calcificata è provocata da un fungo. Le spore del fungo vengono distribuite dalle api adulte sia all'interno dell'alveare che all'esterno durante la loro normale attività. Possono ad esempio venire a contatto con fonti d'acqua, fiori o pollini in cui è presente un'alta carica di spore.
Anche attraverso il saccheggio possono essere importate spore. Nell'alveare le larve vengono contaminate con la nutrizione. Come molti altri funghi l'agente patogeno della covata calcificata prospera in condizioni di fresco -umido, in cui la spora può germinare al meglio. Di conseguenza la patologia si manifesta maggiormente in primavera e autunno. Le zone a più bassa temperatura del nido risultano in genere le più colpite. Allo stesso modo la scarsa ventilazione dell'alveare con ristagno di umidità può favorire la diffusione del patogeno.
La patologia può apparire facilmente quando nell'alveare vi è sproporzione fra covata e api adulte. La covata tende così a raffreddarsi e a divenire più facile preda del fungo.
Gli alveari non dovrebbero essere mantenuti in punti in cui risultino accumulare troppa umidità. Allo stesso modo l'ombreggiamento andrebbe per quanto possibile evitato. E l'erba periodicamente rimossa dalla porta di volo.
Quando si riscontra la presenza di covata calcificata per prima cosa verificare la corretta ventilazione dell'alveare e la possibilità di eliminazione dell'umidità.
In secondo luogo aggiungere api adulte o al contrario togliere covata che si possa ipotizzare non adeguatamente riscaldata, verificando se il legno del telaio risulta freddo o tiepido.
La suscettibilità alla covata calcificata deriva poi da condizioni genetiche. Può dunque essere il caso di cambiare la regina. Bisogna osservare che allo stato attuale non è possibile sapere a priori se il ceppo genetico proveniente da una nuova regina sarà suscettibile alla patologia, dunque non si può essere sicuri che cambiando la regina si risolverà il problema. Si è però sicuri di quanto è suscettibile alla patologia il ceppo prodotto dalla regina presente e che attraverso i fuchi che immette nell'ambiente va a perpetrare le caratteristiche di suscettibilità alle generazioni successive.
Le spore di covata calcificata possono persistere nei favi e nel materiale per anni. Ciò sembra un buon argomento per una disinfezione regolare . Da ultimo evitare per quanto possibile gli stress e trattare la varroa in maniera che questa non risulti a sua volta forma di indebolimento della colonia


Data: Thu, 12 Apr 2001
Effetti della temperatura sulla mortalità da ascosferiosi
Rust; Torchio Apidologie vol 23-1 /92

L'ascosferiosi risulta come patologia di molti generi apidi. Il patogeno risulta svilupparsi in differenti ceppi dotati di variabile pericolosità. La temperatura dell'ospite ha effetto sulla possibile pericolosità del fungo. Al crescere della temperatura di allevamento aumenta significativamente la sopravvivenza delle larve infettate:
a 29°C 97,9 di sopravvivenza delle larve infettate
a 25°C 85,7%
a 21°C 78,7°
Anche l'età delle larve infettate ha un ruolo sulla sopravvivenza al patogeno. La temperatura ha anche effetti notevoli sul tempo di sviluppo delle larve. Più la temperatura è bassa e maggiore è il tempo di sviluppo delle larve e di conseguenza anche maggiore la possibilità di contagio delle larve.
Sembra probabile che anche un numero relativamente basso di spore induca l'infezione


Data: Thu, 19 Apr 2001
Sulle caratteristiche delle melate
H.Horn Università di Stoccarda da ADIZ -sintesi

Tutti gli insetti che producono melata appartengono all'ordine dei rincoti. La melata appena secreta è incolore. A contatto con l'aria assume un colore brunastro. Il suo contenuto di acqua è generalmente molto altro( 80/90%). A contatto co l'aria diminuisce fino al 30%. Il peso specifico della melata è dipendente dal contenuto di sostanza asciutta e varia tra 1 e 1,3.
La quantità complessiva di sostanze azotate risulta tra 0,2 e 1,8% della sostanza secca.
Di questa, dal 70 al 90% è costituito da aminoacidi e amidi. Il ph risulta variare tra 5,1 e 7,9 ( la melata può cioè essere sia acida che basica ) .
In melate di diversi rincoti si trovano fino a 22 diversi aminoacidi e amidi. E' noto che questi elementi sono presenti nelle melate, ma non nell'emolinfa delle piante. Sono quindi aggiunti dall'opera di metabolizzazione dei rincoti . Nelle melate si trovano con regolarità anche acido citrico e altri acidi organici.
La simbiosi degli insetti produttori di melata con microrganismi rende possibile la compensazione di oscillazioni o addirittura mancanze di certe sostanze. Questo riguarda particolarmente vitamine, sterine e aminoacidi. Contrariamente al nettare, le melate risultano ricche di sostanze minerali (potassio, magnesio, fosfati, calcio e sodio).
Altri elementi come rame e ferro, manganese, zinco, cobalto e molibdeno possono essere rinvenuti in tracce.
I carboidrati costituiscono il 90/95% della sostanza secca che costituisce le melate. Si tratta di zuccheri di particolare tipo, in parte provenienti dalla linfa della pianta e contenuti anche nella linfa dell'insetto, in parte modificati nell'intestino di questo da specifici enzimi.
Il tipo e la quantità di zuccheri presenti determina il tipo di condizione fisica in cui la melata si presenta.
Alcuni tipi di melata risultano difficili da gestire perchè cristallizzano nelle celle i maniera estremamente tenace e le api hanno poi grossi problemi a consumarle.
Lo spettro zuccherino di una melata è anche caratteristico del tipo di insetto che l' ha prodotta. Risulta invece indipendente dal tipo di piante su cui gli insetti si nutrono .


Data: Tue, 24 Apr 2001
Sulla peste americana
da Apiforum 96 friburgo ,germania

Le nuove conoscenze batteriologiche permettono di riconoscere la grande somiglianza tra Paenibacillus larvae e bacillus pulvifaciens, caratterizzato da minor virulenza
Secondo la dottoressa Brodsgaard dell'Istituto di apicoltura di Danimarca se si infettano artificialmente larve di ape in tempi e modi diversi, la maggioranza di queste risulterà morire già prima dell'opercolazione mostrando i caratteristici sintomi clinici. Nelle condizioni di campo queste larve potrebbero essere rimosse ed evacuate dalle api.
Il Dr Hansen dello stesso istituto ha effettuato uno studio sul decorso della peste americana in alveari infettati artificialmente. Viene comunicato che sono necessari da 50 a 300 miliardi di spore per far scoppiare la malattia e che famiglie che mostravano i sintomi clinici contenevano nelle scorte alimentari un numero di spore analogo ad altre che non mostravano sintomi clinici. Questo dimostra che alcuni alveari possiedono una maggior resistenza contro questa patologia.
Il Dr Van der Ohe ha riferito sulle ricerche effettuate all'istituto di Celle ( Hannover ) basate sul prelievo di riserve alimentari. Questo tipo di verifiche offre la possibilità di riconoscere la malattia prima della comparsa dei sintomi clinici. Più risulta aumentare la presenza di spore, più vi è necessità di disinfezione dell'arnia e della cera e sostituzione delle scorte alimentari

 

Savorelli Gianni