I report di Gianni Savorelli alla lista aol-mondoapi dicembre 2000




Data: Thu, 28 Dec 2000

Feromoni della covata e varroa Yves Le Conte Inra Unità di zoologia, Laboratorio di biologia e protezione delle api Francia Relazione presentata ad Apimondia 99
Un'area di ricerca veramente interessante nelle relazioni fra ape e varroa è relativa ai differenti comportamenti dell'acaro in relazione a differenti tipi di stimolo.
Studi sulla biologia della varroa potrebbero dare evidenza di un segnale chimico ( cairomone ) prodotto dalle api adulte e dalla covata e agente sul comportamento dell'acaro.
Le ricerche dell'INRA in questo campo sembrano indicare che ci si trova di fronte ad un processo multifattoriale che comprende stimoli chimici, vibrazioni, e temperatura prodotta dall'ospite.
Usando un particolare olfattometro si è potuto identificare una serie di acidi grassi prodotti dalle larve che possiedono un effetto cairomonale sull'attrazione della varroa. Altri autori sembrano identificare dalle larve o dalle api adulte sostanze dotate di effetti cairomonali sulle varroe. E'spesso importante la differenza fa le condizioni dei test e il particolare microclima dell'alveare in cui la varroa vive.
Gli acidi grassi sono inoltre caratterizzati come una parte di feromoni primari delle api. Risultano coinvolti nel processo di riconoscimento delle larve da parte delle operaie, e due di queste sostanze possono inibire lo sviluppo ovarico delle api. Due altre sostanze possono sviluppare la ghiandola ipofaringea. Le implicazioni nella chemioecologia delle api sono notevoli.

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Data: Tue, 19 Dec 2000

Epidemiologia di peste americana in Germania C.Otten Mayen Landesanstalt fur Bienenkunde cotten.lafbz-my@agrarinfo.rpl.de
La peste americana è la malattia più grave delle api. Solo le larve da uno a due giorni sono soggette all'azione del batterio e muoiono in circa sette giorni dall'infezione. Dal tentativo di pulizia delle celle colpite da parte delle api le spore del batterio sono distribuite nell'intero alveare.
Nel 1997 in Germania 90.000 apicoltori gestivano circa 870.000 famiglie.Nel98 più di 400 apiari denunciavano la presenza di peste americana. Negli ultimi anni l'incidenza della patologia è risultata maggiore che nei precedenti. Da ricerche dell'istituto di apicoltura di Mayen è risultato che l'infezione è causata da differenti stirpi biochimiche del patogeno. Differenti stirpi possono essere associate a differenti regioni. Le stirpi presenti in aree comuni di volo sono identiche.
In Germania non sono registrati farmaci contro questa patologia. Le colonie molto colpite vengono distrutte. Con quelle molto forti può essere applicata la messa a sciame. Con questo metodo tutta la covata viene distrutta insieme al miele.. Dopo due o tre giorni di fame le api vengono messe in un'arnia sterile in questo periodo il numero di spore sulla cuticola delle api e nella borsa melaria si è notevolmente ridotto( Ohering1988 ) ..
Se le operazioni sono condotte correttamente spesso la nuova famiglia non presenta una quantità di spore rilevabile. Questo tipo di trattamento risulta efficace nel 95% dei casi..

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Data: Fri, 15 Dec 2000

Controllo della peste americana in Australia M. Horniztky; E. MacarthurAgricultural Institute Camden NSW Australiamichel_hornitzky@smtpgwy.nsw.gov.aucomunicazione presentata ad Apimondia 99-sintesi
Diagnosi -riconoscimento degli alveari colpiti.
La peste americana può essere usualmente identificata dai tipici segnali clinici. Tuttavia la diagnosi basata sui soli segni clinici può essere errata. Tutti gli stati australiani ad eccezione della western australia presentano anche peste europea, una delle più comuni patologie secondarie causata da Paenibacillus alvei. Questo patogeno produce sintomi simili a quelli della peste americana e può essere talvolta con esso confuso. Allo stesso modo il virus della covata a sacco produce sintomatologia che può essere confusa con quella della peste americana.
Radiazioni gamma del materiale infetto
Nel 1983 sono stati realizzati studi per verificare la dose di radiazione da cobalto 60 necessaria per decontaminare il materiale apistico. Successivamente i raggi gamma sono stati approvati per quest'uso nel nuovo galles del sud come alternativa alla distruzione del materiale. In seguito a questo provvedimento assunto poi da altri stati 83.000 arnie sono state irraggiate. Questo dato non riflette il numero di casi di colonie colpite perchè molto materiale è stato irraggiato a scopo preventivo. La chemioterapia non è generalmente utilizzata.

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Data: Wed, 13 Dec 2000

La distribuzione delle spore di Paenibacillus larvae in colonie infette A. Gochnauer da American Bee Journal maggio 91
La distribuzione delle spore di Paenibacillus larvae è stata studiata in alveari pesantemente colpiti .Il miele è risultato contenere il massimo delle spore ( fino a 32 milioni per grammo ). Il polline è risultato spesso contenere piccole particelle di scaglie di dimensioni inferiori ad un millimetro. Altresì nel polline sono state rinvenute concentrazioni dispore dell'ordine di cinque milioni per grammo.
La cera è risultata contenere quantità di spore dell'ordine di 9 milioni per grammo.
La raschiatura del fondo dell'arnia e delle pareti è risultata contenere quantità di spore dell'ordine di 0,36 milioni di spore per 100 cm quadrati di superficie raschiata.
Campioni di terreno prelevati di fronte all'alveare non hanno fatto registrare presenza di spore.

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Data: Mon, 11 Dec 2000

Variazioni di efficacia di Perizin ( coumaphos ) Dr Marco Lodesani Istituto Nazionale di Apicoltura Relazione presentata ad Apinfiera 96
Il trattamento con Perizin è utilizzato in chiave risolutiva come ultimo trattamento stagionale. Un test di efficacia è stato svolto per verificare l'eventuale insorgere di resistenze. I livelli di infestazione sono risultati in media di 159 acari.
I valori di efficacia sono risultati solo in otto apiari su 15 superiori al 90%. Negli altri sette apiari i valori sono risultati variare tra 36 e 70%.
In termini di alveari, solo un terzo ha avuto un'efficacia di almeno il 90%che è da considerare il valore sotto il quale il trattamento non ha un effetto terapeutico significativo.
Nell'1% delle colonie , il numero degli acari caduti con il controllo(ossalico ) è risultato uguale o superiore a quello con Perizin. Questo dà luogo ad un'efficacia inferiore al 50%.Questo tipo di risultati è caratteristico dell'inizio della farmacoresistenza.. La farmacoresistenza a questa molecola è in gran parte causata dalla sua modalità di somministrazione. Circa il 70% del principio attivo somministrato rimane nelle strutture dell'alveare, soprattutto nella cera. Si trova perfino nella cera secreta dalle giovani api e nei fogli cerei lavorati ottenuti dai favi presenti al momento del trattamento.
Una molecola dunque molto persistente. Il Coumaphos è contenuto anche in altri prodotti commerciali come Asuntol e Supona. Per l'Asuntol , siccome le dosi sono empiriche ed anche a causa dei coformulanti, la quantità di acaricida disponibile è spesso inferiore alla dose terapeutica, cioè la dose necessaria per uccidere il maggior numero di acari. I coformulanti sono in parte sostanze tensioattive, dotate cioè di potere emulsionante e nell'alveare hanno l'effetto di disperdere e conservare nella cera il principio attivo. Il caolino presente come coformulante dell'Asuntol tende a formare aggregati molecolari che a contatto delle sostanze presenti nell'alveare si respingono originando colloidi che si attaccano alla cera e che le api man a mano poi smobilitano.

Questo insieme di eventi fa si che sia presente nell'alveare un sottodosaggio permanente, che è la condizione migliore per la formazione di farmacoresistenze. Persistenza e sottodosaggio favoriscono la diffusione e la selezione di acari resistenti al principio attivo.
In vitro il Professor Milani dell'Università di Udine ha verificato la sopravvivenza di varroe a trattamenti di 48 ore a 50ppm.Normalmente in queste condizioni la maggior parte degli acari sarebbe morta. Le varroe testate hanno mostrato un tasso di sopravvivenza superiore al normale. Fra la resistenza al coumaphos e quella al fluvalinate esistono parallelismi e differenze. Si sa che all'interno di una popolazione esistono individui con differenti suscettibilità ad un dato principio attivo. A causa di mutazioni genetiche una piccola percentuale tollera la dose di acaricida somministrata, sopravvivendo al trattamento e trasmettendo le caratteristiche alla discendenza e sostituendosi progressivamente agli acari sensibili. In un certo numero di generazioni si ha la farmacoresistenza.
Per il fluvalinate l'insorgenza della resistenza completa è stata rapidissima. La quasi totalità degli apicoltori utilizzava questo principio attivo. La molecola era presente per più cicli di covata egli acari man mano che nascevano venivano a contatto con essa. Solo quelli che erano completamente resistenti avevano delle probabilità di sopravvivere. Non c'erano altri fattori di svantaggio. Secondariamente era l'unico principio attivo utilizzato. Era poi molto efficace e di conseguenza erano pochi gli individui che sopravvivevano al trattamento. Da quei pochi vi era grande possibilità di resistenza. La strategia di lotta che vede utilizzato il coumaphos risulta invece diversa. Si devono utilizzare più prodotti, tampone in estate e risolutivi in assenza di covata. Di solito prodotti diversi in alternanza.
Questo significa che gli acari che hanno avuto un vantaggio selettivo in autunno perchè resistenti al coumaphos, non lo hanno poi quando viene effettuato un trattamento con un prodotto diverso. Gli acari che hanno subito una mutazione presentano in genere una perdita di vitalità. Il ceppo resistente si moltiplica un po' meno velocemente del ceppo sensibile. Dalle curve di crescita teorica dell'acaro su è visto che l'incremento della popolazione resistente è circa la metà di quello della popolazione sensibile.
Quindi si ha una contro selezione, perchè queste strutture mutate funzionano nella maggior parte dei casi peggio di quelle originali. Questa contro selezione potrebbe essere, come ipotesi personale, la causa della scarsa infestazione presente negli ultimi due anni ( 95/96 ). Ecco quindi perchè sono ancora poche le varroe veramente resistenti in vitro. Inoltre la farmacoresistenza non è l'unica causa di una diminuzione di efficacia. Possono avvenire differenze di comportamento dell'acaro che lo sottraggono all'azione dell'acaricida.

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Data: Sat, 9 Dec

Effetti dell'allevamento di covata sul consumo di miele e su longevità delleapi J Harbo USDA Baton Rouge Louisiana da JAR N °193 vol 32
L'allevamento della covata può essere rappresentato come un costo per l'alveare. La produzione di miele e la longevità delle api sono i fattori che maggiormente e immediatamente risentono dello sforzo di allevamento. Lo scopo del presente studio è stato proprio il dare una valutazione quantitativa del fenomeno.
La covata di un alveare può essere considerata in due modi:* parte del totale della popolazione della colonia- la quantità di covata rappresenta la dinamica della popolazione e può essere usata come parametro di riferimento per la sua valutazione nel tempo* la covata è un prodotto dell'alveare- la famiglia usa energie per produrre covata.
La misurazione della quantità di energia che occorre per produrre covata è stata il centro di questo studio.
L'energia si può esprimere in grammi di miele, approssimando in questo fatto che per l'allevamento occorrono acque e polline. Inoltre dovrebbe essere considerato che occorre anche calore, pulizia delle celle, costruzione di nuove, secrezione di prodotti di origine ghiandolare e altro ancora. Si è dunque pensato di paragonare tutti questi parametri ad una perdita di miele. Un secondo tipo di costo imputabile all'allevamento di covata è l'usura delle nutrici. Già dal 1950 è stato verificato che api che non allevano covata hanno una maggiore aspettativa di vita. Si è concluso che alle api servono 134 mg di miele per produrre 100 mg di covata. Un'ape alla nascita pesa 115 mg. Sono dunque necessari 154 mg di miele per produrla. Il rapporto di conversione si può considerare tra 1,3 e 1,5.L'ape è dunque molto efficiente nel convertire energia ( miele ) in covata.

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Data: Wed, 6 Dec 2000

Effetti della differenza genetica intracoloniale sulle performances dell'alveare Oldroyd; Rinderer; Harbo ; Buco United Stated department of agricolture Louisiana
La regina viene fecondata da un numero di fuchi che va da sei a diciasette. Questo tipo di comportamento porta ad una grande differenza genetica all'interno dell'alveare.
Le operaie di una subfamiglia sono definite super sorelle ed hanno un grado di parentela dello 0,75. Le api di due differenti sub famiglie non hanno in comune i geni dello stesso padre. Sono legate da un rapporto di parentela dello 0,25 ( Page& Laidlaw ) .
Scopo del presente studio è stato valutare le differenze di comportamento e di produttività di alveari costruiti su basi definite di differenze genetiche .
Un comportamento di specializzazione su un particolare compito può aumentare l'efficienza dell'alveare.
Per esempio colonie composte da gruppi con particolari predilizioni floreali possono operare in maniera più produttiva che non colonie composte uniformemente.
Colonie geneticamente diverse risultano più resistenti alle patologie che non colonie geneticamente uniformi ( Sherman )
Possono essere verificate delle differenze di comportamento fra gli elementi delle differenti sub famiglie, per quello che riguarda l'insieme
delle attività dell'alveare:
comportamento difensivo
di pulizia
di glomere
di raccolta
Le regine dell'esperimento erano strettamente imparentate, allevate uniformemente per condizioni ambientali ed inseminate con egual volume di seme. Sono poi state poste in nuclei di egual consistenza ed osservate per un anno.
Differenti performances sono state largamente attribuite alla linea paterna, che risulta condizionare il guadagno di peso della colonia e l'area di covata.
Di grande interesse è l'osservazione che il guadagno di peso della colonia non è sempre linearmente dipendente dalle azioni delle singole subfamiglie. Certe particolari combinazioni di subfamiglie producono particolari variazioni negative.
Si è potuto dimostrare che particolari combinazioni di linee paterne riducono le possibili performances della colonia. Altre particolari combinazioni risultano invece migliorarle sensibilmente.

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Data: Tue, 5 Dec 2000

L'uso dei varroacidi e loro influenza sulle produzioni

Klaus Wallner - università di stoccardaklaus. wallner@mailserv.uni-hohenheim.deda ABJ dicembre 95 sintesi
Ci sono quattro meccanismi principali che possono portare i principi attivi di sintesi utilizzati per il trattamento della varroa a residuare. Primofra tutti l'utilizzo sbagliato ( in raccolto o a dosaggi più alti di quello raccomandato ) degli acaricidi di sintesi crea residui. In secondo luogo non è sorprendente che in climi temperati le scorte invernali contaminate possano risultare fonte di contaminazione anche per il nuovo raccolto .

Si sa che le api in primavera tendono a spostare le scorte di miele rimanenti per avere maggior spazio per la covata. Perciò il miele invernale ,coi suoi residui, può venir mischiato col raccolto primaverile. Molti apicoltori non credono che la cera possa avere un ruolo sulla qualità del miele. In maniera variabile, a seconda delle procedure di disopercolazione molte microparticelle di cera possono penetrare nel miele durante le procedure di estrazione. Questa penetrazione è tanto più alta quanto più il sistema di disopercolazione sminuzza la cera. Qualora la cera contenga residui, questi possono trasmigrare nel miele nel periodo in cui in essa è contenuto. Questa trasmigrazione è stata verificata ed è resa possibile per ogni singolo acaricida di sintesi , conoscere a quale quantità di residuo nella cera, comincia la trasmigrazione misurabile nel miele.

Alcuni principi attivi come il CHOUMAPHOS possono essere rinvenuti nel miele fino a quantità di 1 mg/ Kg. Più è alto il residuo nella cera, più aumenta la possibilità di migrazione nel miele. Questo significa che la qualità della cera dell'alveare influenza la qualità del miele. E' impensabile l'ottenimento di miele incontaminato da favi contenenti alte quantità di residui. L'apicoltore dovrebbe perciò cercare di contenere la presenza di residui nella cera dell'alveare. Tutti gli acaricidi di sintesi sono liposolubili ( solubili nella cera) e vengono conservati da questa per molti anni e hanno la tendenza ad accumularsi. L'80% dei campioni di cera analizzati contiene quantità fra 1 e 10 mg/kg di residui di sostanze acaricide di sintesi .

A queste concentrazioni , il residuo oltre ad avere un potenziale di trasmigrazione nel miele, risulta anche mantenersi quando questa cera è utilizzata per la produzione di fogli cerei. La decontaminazione della cera da principi attivi come il Coumaphosè molto difficile. Si è verificato che il riscaldamento a 100°C ad alte pressioni non risolve il problema. Questi residui possono muoversi all'interno della cera nello stesso modo in cui si muovono ad esempio nel PVC delle strisce di Apistan. Questo porta ad una progressiva contaminazione anche dei fogli cerei nuovi introdotti e dei favi su di essi costruiti. anche in periodi in cui non vengono effettuati trattamenti. ed anche della cera utilizzata successivamente per l'opercolatura del melario. Si può affermare che non esiste una reale separazione fra il nido di covata in cui eventualmente l'acaricida viene applicato ed i melari. Le api nel loro lavoro tendono a distribuire uniformemente l'acaricida presente. Naturalmente il legno dell'alveare non fa eccezione. La percentuale di ritrovamento di residui di Coumaphos nella cera tedesca è del 63%.La migrazione del Coumaphos dalla cera al miele è risultata in laboratorio determinata nella seguente maniera:
con 10 ppm nella cera 5ppb si trasferiscono nel miele
con 20 ppm nella cera 7ppb si trasferiscono nel miele
con 50 ppm nella cera 18ppb si trasferiscono nel miele
con 60 ppm nella cera 21ppb si trasferiscono nel miele
con 100 ppm nella cera 31ppb si trasferiscono nel miele
con 400 ppm nella cera 94ppb si trasferiscono nel miele
Fra gli acaricidi di sintesi oggi utilizzati il Coumaphos è quello che con maggior facilità si trasferisce dalla cera al miele

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Data: Sat, 2 Dec 2000

Sulla divisione del lavoro all'interno degli alveari Nicolas Calderone Canadian Journal of Zoology n°8 vol 73
Numerosi studi hanno dimostrato un'associazione tra l'età dell'ape e l'attività che essa svolge. Le api giovani curano il nido mentre quelle anziane si dedicano al bottinamento. Il limite di età in cui avviene il cambiamento di mansione rimane però problematico. Seeley descrive 12 tipi di attività all'interno del nido che possono essere divise in quattro gruppi fondamentali di attività.
La divisione del lavoro sulla base dell'età, spesso chiamata politismo temporale, risulta nelle api generalmente flessibile ed è stata spesso definita anche come un processo innato. Un modello di valutazione alternativo che inquadra il problema in un'ottica praticamente opposta è proposto da diversi autori (Toft; Franks ) e spiega le associazioni tra lavoro ed età come derivazione di un sistema di autorganizzazione .Queste associazioni sarebbero il prodotto della divisione del nido in aree funzionali. Le api nel loro invecchiamento si sposterebbero all'interno del nido. Le operaie cominciano la loro vita nel cuore del nido, in cui la funzione primaria è l'allevamento della covata.

Come risultato della continua nascita di nuove operaie esse si dovrebbero spostare in altre parti del nido a ricoprire funzioni differenti. La risultante correlazione tra età e compito può allora venire erroneamente interpretata come un processo innato di sviluppo. Anche gli studi precedentemente effettuati basandosi sul modello interno di programma di sviluppo sono rimessi in discussione , poichè essi sono fondati su delle osservazioni di operaie dello stesso gruppo di età. In questa maniera si confonde l'età con l'ambiente, che influenza molto il comportamento.
In questo studio, gli effetti dell'ambiente sono stati artificialmente controllati con l'osservazione di operaie di quattro gruppi di età introdotte nella colonia ad intervalli di sei giorni. Questi gruppi non hanno mostrato lo stesso comportamento, benchè siano stati immessi nello stesso ambiente. Questo dimostra che l'età ha effetti indipendenti dall'ambiente. Un altro modello di valutazione è stato realizzato comparando operaie di tre gruppi di età introdotti nella famiglia nello stesso giorno. Anche questi gruppi si sono comportati differentemente. Il che dimostra che l'associazione tra l'età e il comportamento non è semplicemente un fenomeno risultante dal fatto che giovani operaie e vecchie occupano il nido in periodi di tempo differenti.
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Savorelli Gianni