Vanno tutte in esilio le regine dell'Emilia
Insieme a dieci dame di compagnia le sovrane attraversano l'oceano e affidano la loro salvezza alla pasta di zucchero
(Nostro servizio particolare) Castel S. Pietro, 16 novembre 1953.
A Castel S. Pietro abbiamo incontrato Giampietro Piana che era appena tornato da un lungo viaggio di nozze, da una felice luna di miele. Per la verità la giovane coppia non avrebbe avuto alcun bisogno di viaggiare per ritrovarsi sotto una luna così dolce. Giampietro Piana, di miele, ne ha quando ne vuole a due passi dall'uscio di casa.
Fu Tanino, il padre di Giampietro, che molti anni fà riunì in questa terra di confine tra l'Emilia e la Romagna un bel numero di alveari che gli procurò grande fama e il titolo onorifico di 'Re delle api'. Insieme al ronzio delle api italiane il nome di Piana andò in giro per il mondo. Strane scatoline partirono da Castel S. Pietro, presero il treno,furono imbarcate, traversarono mari e oceani. Oggi l'opera di Tanino è continuata dai figli e i viaggi delle misteriose scatole continuano.
Forse non tutti sanno che l'ape italiana (apis ligustica-per chi s'intende di latino) è molto apprezzata all'estero per certe caratteristiche che, a quanto pare, non sono comuni a tutti i membri della grande famiglia. si dice, ma per essere esatti bisognerebbe aggiungere -come un'ape italiana-. La prima caratteristica, dunque, è un'eccezionale laboriosità. Seguono a ruota prolificità, resistenza alle malattie, capacità di adattarsi ai più diversi ambienti,ottima produzione. Non è il caso, qui, di aprire un capitolo sulla storia e sulle fortune dell'apicoltura razionale, ma basti dire che a un certo momento gli allevatori stranieri,i produttori di miele, si resero conto che la -ligustica- era quasi refrattaria alle malattie che mietevano tante vittime negli allevamenti, e decisero di importare i nostri insetti. Circa un secolo fa, per esempio, si ebbe una grande richiesta dall'America e molti nostri alveari traversarono l'oceano. Era però ben scomodo dover spedire un'intera famiglia di queste lavoratrici alate. Occorreva tenerle ben chiuse (se voi foste comandanti di una nave, le prendereste a bordo) e assicurarsi che non morissero durante il lungo viaggio. Si arrivò a un perfezionamento e oggi dire esportazione di api significa esportazione di sole -regine-.

Una serie di trucchi
E' notorio che nell'alveare le gioie della maternità sono riservate alla regina. La quale si sposa con rito sommario, fa un bel volo seguita dalla schiera turbolenta dei maschi, si accoppia in cielo con il pretendente più veloce, diventa rapidamente vedova e fa tesoro di quanto è avvenuto in quel nuziale attimo fuggente. L'emozione di quell'attimo è tanto forte che la vedovella séguita a fare figli per tutta la vita. Stando così le cose, quando un allevatore possiede una regina di una data razza che ha già sperimentato i piaceri della prima notte, anzi del primo volo, è come se possedesse un'intera famiglia. La regina infatti dopo tre giorni dalle nozze si mette a fare le uova e chi la ferma è bravo: continua per degli anni. Tanino Piana, appunto, esportava le -regine-. Il figlio maggior Giampietro, che ha raccolto con il fratello l'eredità paterna, ci racconta come funziona questo originale allevamento monarchico, uno dei più importanti d'Italia. (L'Emilia si è fatta onore in questo campo e attualmente la sola provincia di Bologna produce circa ventimila regine all'anno: di cui cinquemila restano nel regno natio e quindicimila sono costrette ad abdicare e ad andarsene in forzato esilio). La situazione è questa. In una bella arnia piena di favi vive felicemente una famigliola di api governata dalla propria sovrana. Tutto procederebbe bene senonché l'uomo ad un tratto decide che è necessario produrre altre regine per accontentare le richieste del mercato. Siccome è assolutamente da escludere che le api si mettano volontariamente al servizio dell'esportazione nazionale, l'allevatore deve ricorrere a una serie di trucchi.
Primo trucco. Si sceglie un alveare e si divide in due scompartimenti grazie a una lastra -escludi regina-. Si tratta di una lastra con fori di 4 millimetri di diametro: le api ci passano, la regina (più grassa dei sudditi) no. Nella stessa arnia si crea quindi una buffa situazione: da una parte reggimento monarchico e dall'altra repubblica provvisoria.Le api della parte repubblicana si sentono -orfane- e sono ben disposte da allevare qualche rampolla di sangue principesco. L'allevatore allora (siamo al secondo trucco) immette nell'arnia una fila di -celle reali- costruite in cera- più grandi delle celle delle -operaie-- e contenenti giovani larve. Le api nutrici sono attirate da questa covata e per sei giorni portano nelle celle la cosidetta - pappa reale-, un nutrimento per bocche raffinate. Le larve filano il bozzolo, si trasformano in -pupe- e la cella viene chiusa. L'uomo interviene ancora, ritira le celle opercolate e le mette al caldo in un unico alveare.
Il momento critico è al quindicesimo giorno le regine nascono e la prima cosa che fa una regina che si rispetti è quella di guardarsi intorno e di eliminare tutte le concorrenti al trono. Perciò occore che le regine non nascano insieme, nello stesso ambiente.
Eccoci all'ultimo espediente.Il signor Piana ci mostra tanti piccoli alveari in formato ridotto, i cosidetti nuclei di fecondazione che contengono una manciata di sudditi e un favetto di miele. In questo regno in miniatura viene introdotta la cella reale. La vicenda è al termine. La regina nasce, sta cinque giorni buona e tranquilla, poi fa il volo nuziale e depone le prime uova. E' pronta per il grande viaggio.
La sovrana viene chiusa in una scatolina di legno in compagnia di dieci api -accompagnatrici-, in funzione di dame di compagnia. La scatola presenta lateralmente un foro otturato da pasta da zucchero.

La bella dormiente
Tutto qui. Sulla minuscola scatola l'allevatore scrive l'indirizzo del destinatario e applica il francobollo. La regina va per posta in terra d'esilio. In trentasei ore può arrivare a Buenos Aires. -E va bene-diciamo a Giampietro Piana.-Lei è capace di costringere le api a fabbricare regine. Ma com'è possibile costringere le api straniere,per esempio inglesi, ad accettare una regina italiana? -L'istinto delle api-dice l'allevatore-è di uccidere le regine estranee. Prima di tutto perché hanno già una loro sovrana e in secondo luogo la straniera è impaurita e non si comporta con naturalezza. Ma a tutto si rimedia:basta saper imbrogliare le api...
C'era da aspettarsela una risposta del genere. L'articolo 640,quello della truffa, quello di -chi con artifizi e raggiri e accorgimenti vari induce altri in errore...- è sempre applicabile in queste storie di allevamenti. -Ci sono vari metodi. Si può per esempio affamare la nuova regina(bastano quaranta minuti di digiuno) e quindi metterla nel nuovo alveare dopo aver tolto l'antica regnante. La regina affamata non si spaventa nel vedere in giro facce sconosciute e con grande naturalezza chiede cibo alle operaie porgendo loro la lingua. Tale atteggiamento di fiducia le salva la vita e le assicura il posto..
Il metodo della -bella addormentata- richiede invece il delitto. Si passa dall'articolo 640 al 575. Occorre uccidere la vecchia regnante. Le api allora si fanno intorno alla defunta e cercano di rianimarla. L'allevatore che ha già pronta una regina straniera addormentata con anidride carbonica, toglie via la morta e la sostituisce con la dormiente. Le operaie seguitano i loro tentativi di rianimazione e sono soddisfattissime quando si accorgono di essere uscite allo scopo. La regina, quando riprende i sensi, è accettata da tutto l'alveare. Il trucco c'è, ma le api non lo hanno visto.

Un saccheggio.
Esistono anche altri espedienti, ma le scatoline che partono da Castel S.Pietro sono studiate in modo che non è necessario ricorrere ad alcuno di questi sistemi. Come abbiamo detto, la regina e le accompagnatrici non possono uscire dalla scatola il cui ingresso è ostruito da uno spesso strato di pasta di zucchero. Quando l'allevatore straniero riceve per posta la scatola (ch'è piccola come una scatola di fiammiferi) non fa che metterla in mezzo ai favi di un alveare dopo aver detronizzato la vecchia occupante. Le api vorrebbero uccidere la nuova venuta, ma per arrivare a lei l'unico metodo è mangiare la pasta di zucchero. La regina, dall'interno, aiutata dalle sue dame, fa altrettanto. Quando le due schiere s'incontrano, la merenda ha ormai dolcificato i rapporti e la festa è grande.
Sembra che Giampietro Piana ci abbia raccontato proprio tutto, ma vorremmo sapere qualche altra cosa. Sappiamo per esperienza personale che le api sono fornite di pungiglione e ci sembra impossibile che quelle di Castel S.Pietro possano aver dimenticato questo importante particolare.
-Neanche per sogno...-dice l'allevatore.-Anche queste pinzano che è un piacere! Lo domandi a mio fratello..L'anno scorso gli cadde uno sciame nel collo e quando lo liberammo sembrava si fosse fatto un tatuaggio...Grazie a Dio era ormai immunizzato.. Siamo arrivati davanti a un alveare dove le api vanno e vengono particolarmente infuriate. Siccome non siamo immunizzati, vorremmo allontanarci. Giampietro Piana ci trattiene.
-Non è il caso di aver paura. Questo è un saccheggio. Api affamate hanno dato l'assalto a un alveare ricco di miele e le proprietarie si difendono come possono.. Siamo rimasti a vedere. Una vera e propria rapina. Questa storia finisce con l'articolo 628.

Giorgio Batini.
Da la Nazione 16-11-1953