Sulla tossicità dell’acido ossalico


Credo sia il caso di portare avanti ( anche se purtroppo in maniera un po‘ frettolosa) il ragionamento iniziato col Signor Ferri,apicoltore professionista e consigliere della Associazione Apicoltori Professionisti Italiani ,Associazione che per me è un gran ricordo avendovi ricoperto il ruolo di “ tecnico” per 10 anni in gioventù .
Sia chiaro, io il Bioxal lo vendo per mestiere ( come tutto il resto dei medicinali ) e perciò una affermazione del tipo “ dare una dose piu alta non provoca niente alle api, a meno che nn sia una famiglia troppo piccola “ dovrebbe starmi come un vestito nuovo ma così non può essere. E non è interesse di nessuno far finta di niente. Qualsiasi tipo di stress richiede per l’ ape uno sforzo di detossificazione e l'applicazione dell'ossalico non fa certo eccezione. Nella fisiologia della ape invernale, che può essere affetta da virosi o Nosema ( o entrambi insieme ) affinché sia possibile la detossificazione è necessaria la trasformazione di una quantità della proteina di stoccaggio vitellogenina per la produzione degli enzimi detossificanti. La quantità di vitellogenina stoccata nel corpo della ape invernale determina l’aspettativa di vita della stessa, come proposto dalla Professoressa Amdam . La vita del Ape invernale è dunque tanto più lunga quanto maggiore è la disponibilità di vitellogenina. Per cui gli sforzi di detossificazione accorciano la vita del ape invernale. In aggiunta lo stress prodotto dall'ossalico potrebbe tendere a distogliere risorse immunitarie dal contenimento delle infezioni virali e di Nosema latenti ( vedasi Nazzi e colleghi ) e questa diminuzione potrebbe permettere a questi di arrivare a moltiplicazione esplosiva. L’ape invernale si potrebbe trovare così a essere soggetta a infezioni virali consistenti e replicazione di Nosema causate dallo stress provocato dall’ossalico con ulteriore riduzione dell’aspettativa di vita .
D'altra parte il fatto di aver constatato problemi consistenti su famiglia troppo piccole significa che le grandi sopportano lo stress nell'immediato ma sicuramente stavano meglio prima. Per fare un esempio è come se il campione del mondo di boxe dei pesi massimi desse un pugno a un peso piuma. È chiaro che lo uccide. Se lo stesso pugno viene dato ad un altro peso massimo questo lo sopporta meglio ma probabilmente ha necessità di ricovero ospedaliero per 15 giorni quando esce è ancora suonato. L’inverno è il periodo più difficile per l’alveare ed è quello caratterizzato dalle maggiori mortalità. È molto chiaro che arrivare a primavera con una maggiore quantità di api consente una migliore ripartenza primaverile e che dallo sviluppo primaverile si traggono le premesse per le produzioni e la sopravvivenza . In tutto il mondo viene raccomandata una sola applicazioni di ossalico al 3%. In Italia il gocciolato è utilizzato al 4,5 ed è prassi comune sublimare con allegria 4 o 5 volte o più. Ma a chi è utile rischiare di indebolire o accorciare la vita dei propri operai ?
Come se in una fabbrica facessero fare ad un operaio un lavoro per cui si rompe un braccio e deve stare a casa un mese pagato. A chi fa comodo pensare che l’ape sia invulnerabile ? Già in altri articoli si è cercato di spiegare che anche se è viva, al giorno d’oggi non significa che lo possa rimanere per un tempo consistente e soprattutto che la sua capacità di lavoro sia ottimale .E se questa non è ottimali non c’è futuro. E a fare i conti di quel che costano le api forse è conveniente cercare di lavorare in maniera da farle vivere il più a lungo possibile e nelle condizioni migliori possibili. Prendendo un po’ meglio la mira, come ha scritto Luca Tufano.
Tuttavia questo è uno dei filoni di ricerca al momento più consistenti e di risposte quantitative ne arriveranno presto .
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