Giovanni Rucellai


Nacque a Firenze nel 1475,morì a Roma nel 1525. Intellettuale e poeta di facoltosa famigliafiorentina, scrisse tragedie e un poema didascalico in endecasillabi sciolti,LeApi  (1524), sul modello del IV libro delle Georgichedi Virgilio.

    da Le api 

    [Del sitoche conviene alle api]

   Prima sceglier convienti a l’api un sito
   ove non possa penetrare il vento:
   perché ’l soffiar del vento a quelle vieta
   portar da la pastura a l’umil case
   il dolce cibo e la celeste manna.                                    5
   Né buono è dove pecorella pasca,
   o l’importuna capra e’ suoi figliuoli,
   ghiotti di fiori e di novelle erbette;
   né dove vacche o buoi, che col piè grave
   frangano le sorgenti erbe del prato,                             10
   o scuotan la rugiada da le frondi.
   Ancora stian lontane a questo luoco
   lucerte apriche, e le squamose bisce:
   e non t'inganni il verde e bel ramarro,
   ch'ammira fiso la bellezza umana;                               15
   né rondinella che con destri giri, 
   di sangue ancora il petto e la man tinta,
   prenda col becco suo vorace e ingordo
   l'api, che son di cera e di mel carche,
   per nutricare i suoi loquaci nidi:                                   20
   troppo dolce esca di sì crudi figli.
   Ma surgano ivi appresso chiari fonti, 
   o pelaghetti con erboso fondo;
   o corran chiari e tremolanti rivi,
   nutrendo gigli e violette e rose;                                    25
   che 'n premio de l'umor, ricevon ombra
   da i fiori; e i fior cadendo infioran anco
   grati la madre, e 'l liquido ruscello.
   Poscia adombri il ridutto una gran palma,
   o l'ulivo selvaggio; acciochè quando                            30
   l'aere s'allegra, e nel giovinett'anno 
   si ricomincia il mondo a vestir d'erba,
   i re novelli e la novella prole
   s'assidan sopra le vicine frondi;
   e quando, usciti del regale albergo,                             35
   vanno volando allegri per le piagge,
   quasi gl'inviti il fresco ombroso seggio
   a fuggir il calor del sole ardente: 
   come fa un'ombra folta ne la strada;
   che par che inviti a riposar sott'essa                            40
   i peregrini affaticati e stanchi.
   Se poi nel mezzo stagna un'acqua pigra,
   o corre mormorando un dolce rivo,
   pon salici a traverso, o rami d'olmo,
   o sassi grandi e spessi: acciocché l'api                       45
   possan posarvi sopra, e spiegar l'ali
   umide, ed asciugarle al sole estivo,
   s'elle per avventura ivi tardando,
   fosser bagnate da celeste pioggia,
   o tuffate da i venti in mezzo l'onde.                             50
   Io l'ho vedute a' miei dì mille volte
   su le spoglie di rose e di viole
   (di cui zeffiro spesso il rivo infiora)
   affisse bere, e solcar l’acqua intanto
   l’ondanti foglie: che ti par vedere                                55
   nocchieri andar sopra barchette in mare.
   Intorno del ben culto e chiuso campo
   lieta fiorisca l’odorata persa,
   e l’appio verde, e l’umile serpillo,
   che con mille radici attorte e crespe                           60
   sen va carpon vestendo il terren d’erba;
   e la melissa, ch’odor sempre esala;
   la mammola, l’origano, ed il timo,
   che natura creò per fare il mele.
   Né t’incresca ad ognor l’arida sete                         65
   a le madri gentil de le viole
   spegner con le fredd'acque del bel rio.