Le variabili nella sperimentazione in apicoltura


Dall’esperienza e dalla riflessione le raccomandazioni per una utile sperimentazione sul campo: le prove d’apiario richiedono accuratezza, verifica attenta delle variabili, rigore ed elaborazione tali da fornire elementi di conoscenza accertati.





Nella fase organizzativa di una sperimentazione, è indispensabile utilizzare un protocollo che tenga conto delle variabili che possono evidenziarsi durante la prova.
Per questo, Istituti di ricerca ed Enti a loro correlati utilizzano modelli statistici che consentano di rendere i risultati di una ricerca credibili e riproducibili.
Nell’estate 2003 si è deciso di sperimentare l’efficacia di due prodotti registrati in Italia dalla ditta Vita Europe per la lotta alla varroasi: Apistan e Apiguard, il primo per confermare o smentire la “nuova” efficacia dopo i fenomeni di resistenza degli anni ’90, il secondo in quanto affacciatosi da poco sulla scena dell’apicoltura (anche se già conosciuto da tempo).


Materiali e metodi
8 alveari appartenenti al medesimo apiario, posto nella provincia di Verona a circa 100 metri di altezza s.l.m., sono stati suddivisi in due gruppi, trattandone uno (alveari 5-8) con Apistan, due strisce poste negli alveari per 45gg a partire dal 1° agosto 2003, ed il secondo (alveari 1-4) con Apiguard utilizzando due vaschette da 50 g, distanziate di 15gg a far data dal 1° agosto 2003.





Prima della prova sono stati puliti i cassetti delle arnie in previsione della conta a tempi definiti della caduta dei parassiti. In data 05/09/03 sono state applicate agli alveari trattati con Apiguard due strisce ciascuno di Apistan, per 45 giorni.
Sul gruppo trattato con Apistan non sono stati effettuati altri trattamenti, ma è stata controllata periodicamente la caduta parassitaria nei cassetti. In data 12/12 è stato effettuato un trattamento con acido ossalico in soluzione zuccherina con i dosaggi prescritti nel Piano Regionale di Lotta alla Varroosi. I dati di caduta del parassita sono evidenziabili in tab.1.
Prima variabile: le famiglie non avevano la stessa forza. Ciò significa diversa attività e diverso contatto con il principio attivo.
Seconda variabile: in data 06 agosto è stato effettuato nei vigneti limitrofi all’apiario un trattamento nei confronti della “tignola”della vite con insetticida microincapsulato che ha abbassato notevolmente la forza delle famiglie alterando la rimonta delle api giovani. (Tab 1)





Terza variabile: l’andamento climatico, (temperature eccezionalmente alte associate a scarse precipitazioni), che in questo caso specifico ha inibito le fioriture con conseguente mancata produzione di polline e quindi blocco di covata.
Quarta variabile: questi problemi hanno reso necessaria, prima del termine della prova (in data 22/10/2003), la riunione delle 8 famiglie in 4 per consentire un invernamento corretto. Quindi, i dati di caduta del parassita utilizzabili per la valutazione dell’efficacia dei principi attivi, sebbene confortanti, non possono essere considerati scientificamente probanti.
Inoltre, al termine della prova (30 agosto per Apiguard e 15 settembre per Apistan), i gruppi trattati sono stati monitorati controllando la caduta naturale delle varroe, (alveari con Apistan) e la caduta da trattamento (alveari con Apiguard trattati in data 05/09/2004 con Apistan).
Grazie a questo controllo è stato possibile individuare su un alveare precedentemente trattato con Apistan, una reinfestazione caratterizzata da un aumento innaturale della caduta parassitaria (altra variabile da considerare).
Un successivo intervento con Apistan ha potuto confermare questo fenomeno.
In data 12 dicembre 2004 è stato effettuato su tutti un trattamento con acido ossalico in soluzione zuccherina e la successiva conta dei parassiti ha consentito di confermare la buona efficacia del trattamento tampone, senza però poter fornire dati realistici di efficacia.
I dati medi delle temperature del periodo considerato, sono rappresentati in tabella 2.

Considerazioni
Questa sperimentazione, in realtà partita con ottimi propositi, ma inficiata da molteplici variabili, non ha sicuramente consentito l’acquisizione di dati realistici, ma ha permesso di constatare quanto in apicoltura sia difficile ottenere risultati apprezzabili (proprio per le caratteristiche dell’insetto da monitorare) e quanto sia importante attenersi a scrupolosi protocolli nel computo delle variabili.
Inoltre, queste variazioni dei dati di partenza, modificano in maniera molto importante il numero dei campioni esaminati, rendendo i risultati poco ripetibili.
I protocolli concordati con i ricercatori riescono sempre a gestire le variabili mediante l’utilizzo di modelli matematici e statistici che sono in grado di confermare o smentire percentuali di efficacia nonostante l’intervento di variabili anche importanti. La sperimentazione effettuata senza protocolli concordati preventivamente, porta a diffusione di dati non riproducibili, a volte nemmeno veritieri che, se utilizzati con troppa superficialità, potrebbero creare danni anche gravi all’apicoltore pregiudicando persino la sanità delle famiglie.
Vorrei fare un esempio per chiarire i discorsi appena fatti: se io volessi valutare i dati di efficacia dell’Apiguard, ad esempio, come posso dire che la semplice proporzione “varroe cadute con Apiguard x 100/varroe cadute in totale” mi darà percentuali di efficacia riproducibili? E chi mi dice che il numero degli alveari provati sia sufficiente? E tutti i problemi verificatisi durante l’indagine, quanto hanno alterato i dati finali? E per quanto riguarda i controlli, chi si sente di rischiare non trattando alcuni dei propri alveari fino al termine della prova?


Attenzione, perciò, a ricerche e sperimentazioni fatte con troppa superficialità, a gruppi di lavoro troppo indipendenti, a protocolli incompleti o non rispettati, a prove eseguite senza la supervisione di ricercatori esperti.
D’altra parte, lo stesso si potrebbe dire per rendere inattaccabili lavori volti a confermare la scarsa efficacia di prodotti reclamizzati come validissimi, rendendo impossibile una replica che evidenzi non corrette prassi di utilizzazione e errate valutazioni di risultati. Vorrei sottolineare che una delle caratteristiche degli apicoltori è quella di essere sperimentatori, ma se ciò può valere per la tecnica apistica, lo stesso NON deve avvenire per l’utilizzo di materiale patologico o potenzialmente inquinante, considerato che tale attività compete per legge agli Istituti di Ricerca. Agli apicoltori compete collaborare con queste strutture, considerato il loro potenziale umano e tecnico. Le indagini inerenti la patologia apistica è bene perciò vengano effettuate da chi ha l’esperienza e le strutture idonee ad ottenere ed elaborare dati che portino all’aggiornamento degli apicoltori e al miglioramento della qualità di vita degli apiari considerando, però, che solo la collaborazione con le loro associazioni permette di effettuare ricerche su campioni molto ampi, creando una perfetta integrazione indispensabile per la buona riuscita delle ricerche in questo campo.



Dr. Gianluigi Bressan Servizio Veterinario Az. ULSS 22-Bussolengo (VR) La bibliografia è in possesso dell’autore, al quale può essere richiesta.
Su gentile concessione dell’autore e della rivista L’apis