Ricordo del fuco Marco
E' morto ieri a Firenze, il fuco Marco, Marco Accorti, ricercatore e apidologo, ripubblichiamo una lettera.
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Lettera del fuco Marco al Venerdì di Repubblica 21 dicembre 2007 Lettera mai pubblicata

Sono un amico del fuco Barry e spero proprio che lui non legga il Venerdì del 21 dicembre, perché con quel caratteraccio che si ritrova allora sì che volerebbero querele!
Perché anche a un fuco salta la mosca al naso a sentire che gli uomini ci aiuterebbero «contro parassiti e patologie. Finirebbero decimate dai parassiti come la Varroa destructor, un acaro che dal 1984 circa sta uccidendo questi imenotteri in tutto il mondo. Le arnie, controllate dall’uomo, garantiscono vita lunga e senza problemi». Quando mai?
Noi api abbiamo colonizzato questo mondo fin dalla notte dei tempi, da quando non solo non c’era l’uomo ma neppure uno straccio di un suo avo più o meno scimmiesco. E tutto è filato liscio finché il “sapiens”, più presunto che reale, non si è più accontentato di rubarci il miele come fanno tutti gli altri animali, ma s’è messo in testa di metterci al suo servizio dentro a dei ricoveri di sua scelta. E qui son cominciati tutti i nostri guai.
Le malattie e i parassiti li abbiamo sempre combattuti da sole finché potevamo scegliere dove farci casa e dove decidevamo di rimanere finché ci sembrava adatta. Ora ci relegano in delle arnie, belline sì da nuove, che col tempo però avrebbero bisogno di pulizie e restauri che pochi umani fanno; così anche per noi, pur maniache dell’igiene, è un’impresa mantenere un minimo di decenza. E ci si ammala.
La Varroa poi ce l’hanno attaccata proprio loro. Son loro che c’hanno impestato con quest’acaro portandocelo in casa dal lontano Oriente. E ora pretenderebbero che fossimo anche riconoscenti perché a loro dobbiamo una vita lunga e senza problemi? Ma mi facciano il piacere! Sarebbe già tanto se ci lasciassero fare a modo nostro e invece da allora è tutto un tramenio che non c’ha portato alcun aiuto e così viviamo una vita sempre più breve e stentata.
L’unica cosa giusta che leggo è che le arnie sarebbero controllate dall’uomo. Già perché le arnie sono solo il contenitore, il ricovero vuoto, che in italiano prende il nome di alveare solo se noi ci andiamo ad abitare. E' un lapsus o Arlecchino si confessò burlando ammettendo di esser solo bravo a far la guardia al “bidone vuoto” perché incapace a rimediare alle sue malefatte?
E questo per il virgolettato, quanto alle altre bufale del resoconto giornalistico mi tremano le antenne a pensare che ancora c’è chi crede alle dicerie ottocentesche che sia solo un fuco a farsi la regina. Balle! Lei è un’assatanata che ne vuole almeno una decina. Se le bastano. E poi, quando mai noi produciamo la propoli: la producono le piante e noi la raccogliamo solamente.
Fatemi anche dire che ho saputo di essere un fuco fin da quando ero uovo e non “a naso” per via del feromone, ma perché è la regina a deporre a maschio o a femmina a seconda del tipo di celle che trova.
E le operaie che verrebbero scacciate dagli altri nidi? Altra balla. Basta “bussare coi piedi” e qualunque guardiana di qualunque altro alveare si fa corrompere con un po’ miele. Il buffo è che gli apicoltori temono più questa nostra “deriva (questo è il nome) di quella dei loro politici.
Ci sarebbe anche altro da dire, ma stendiamo un velo pietoso visto che l’intervistatrice non è tenuta a conoscere la nostra vita. Viene però da domandarsi come abbia fatto a raccogliere notizie tanto sballate in una delle facoltà che ci hanno sempre dato una mano. Vai a capire gli umani.
Il fuco Marco

Dr. Marco Accorti Via Donato Bramante 3/2 50142 Firenze sama@tosnet.it