L’ape nell’arte medievale
MINIATURE
Nel Medioevo ci fu una prodigiosa fioritura della miniatura, cioè dell’illustrazione dei codici manoscritti: il termine deriva da minio, il colore rosso con cui in un testo si sottolineavano certe parole, ad esempio quelle iniziali, o i titoli dei vari paragrafi o capitoli. Ne uscivano libri di grande pregio e di alto costo, in cui alla parte scritta (talora ornata con elementi figurativi) si aggiungevano pagine miniate con immagini anche complesse, di estrema raffinatezza. Si tratta di testimonianze importanti, anche perché a volte, per certi periodi del Medioevo in cui scarseggiano gli affreschi e i mosaici, proprio la miniatura diventa il documento più significativo della pittura del tempo.
E’ per questo che la pratica della miniatura è oggi particolarmente studiata, e analizzata non tanto in sé ma soprattutto nel rapporto strettissimo che essa instaura con la parte scritta, mentre un tempo veniva considerata come un esempio di arte minore, come una forma di artigianato più preziosa di altre.
La lavorazione del libro avveniva per lo più nello scriptorium, un ambiente annesso al monastero in cui ciascun conventuale aveva la sua specializzazione: c’erano gli amanuensi che pazientemente trascrivevano i codici, i decoratori di iniziali e i calligrafi, i pittori cui spettava di dipingere le splendide miniature, gli artigiani impegnati nell’operazione di rilegatura dei codici stessi (le rilegature erano spesso, infatti, sontuose opere di oreficeria, impreziosite da pietre preziose ).
Lo scriptorium serviva innanzitutto per le esigenze del monastero cui era annesso e dunque confezionava testi liturgici e di carattere religioso, ma lavorava anche su commissione delle chiese urbane, delle corti vescovili e dei potentati laici: grazie a questa immane opera di trascrizione, come si sa, venne salvata la parte della letteratura classica che è giunta fino a noi. Di seguito si riportano alcune tra le numerosissime miniature conservate nelle più importanti biblioteche.



L’Elogio delle api
Laus Apium in latino: “Apis ceteris, quae subiecta sunt homini animantibus antecellit. Cum sit minima corporis parvitate, ingentes animos angusto versat in pectore, viribus imbecilla sed fortis ingenio. Haec explorata temporum vice, cum canitiem pruinosa hiberna posuerint, et glaciale senium verni temporis moderata deterserint, statim prodeundi ad laborem cura succedit; dispersaque per agros, libratis paululum pinnibus, cruribus suspensis insidunt, prati ore legere flosculos; oneratis victualibus suis, ad castra remeant, ibique aliae inaestimabili arte cellulas tenaci glutino instruunt, aliae liquantia mella stipant, aliae vertunt flores in ceram, aliae ore natos fingunt, aliae collectis et foliis nectar includunt. O vere beata et mirabilis apis, cuius nec sexum masculi violant, foetus non quessant, nec filii destruunt castitatem; sicut sancta concepit virgo Maria, virgo peperit et virgo permansit.”
Anche se talune affermazioni sono state sconfessate dalla ricerca scientifica, si riporta la traduzione letterale del brano: “L’ape è superiore a tutti gli altri esseri viventi che sono soggetti all’uomo. Pur molto piccola di corpo, rivolge tuttavia nell’angusto petto alti propositi; debole di forze ma forte d’ingegno. Essa, dopo aver esplorato l’alternare delle stagioni, allorché il gelido inverno smise l’imbiancamento e poi il clima moderato della primavera spazzò via il torpore glaciale, subito sente la preoccupazione di uscire al lavoro; e le api sparse per i campi, librando leggermente le ali, si posano appena con le agili zampe per cogliere con la bocca i piccoli fiori del prato, cariche del loro cibo rientrano negli alveari e qui alcune con arte inestimabile costruiscono cellette con tenace cera, altre immagazzinano il fluido miele, altre tramutano in cera i fiori, altre danno forma ai loro piccoli lambendoli con la bocca, altre incamerano il nettare delle foglie raccolte. ?O ape veramente beata e mirabile, di cui i maschi non violano il sesso, né lo turbano i feti, né i figli distruggono la castità; così come, nella sua santità, Maria concepì vergine, partorì vergine e vergine rimase.“




L’illustrazione della fig. 1 proviene da un manoscritto francese del 1400 relativo al Tractatus de herbis di Dioscoride4 , oggi conservato presso la Biblioteca Estense di Modena. (MARCHENAY, 1986; CRANE, 1999). Essa mostra una donna che sta prelevando miele da due alveari; mentre compie quest’operazione si protegge – con scarso successo, diciamo noi! – il volto con una mano. Ai suoi piedi sta un piccolo orso, noto nemico delle api perché goloso del loro miele (FREDIANI, 1991; CONTESSI, 2004).
La miniatura riportata dalla fig. 2 è tratta dall’opera Theatrum Sanitatis di Ububchasym de Baldach 5 (Codice 4182 della Biblioteca Casanatense di Roma) (PAZZINI et al., 1970; RÜDIGER, 1977). Tutte le miniature presenti in essa sono attribuite alla scuola pittorica lombarda, in particolare a Giovannino de’ Grassi, Franco e Filippo de’ Veris e Anovelo da Imbonate. L’epoca di esecuzione, quindi, si può far risalire alla II metà del XIV secolo. In particolare, la miniatura evidenzia tre alveari di paglia, sostenuti da un ripiano di legno, attorno ai quali volano numerose api bottinatrici”; accanto alle porticine, si notano alcune api “guardiane”.
La fig. 3 riporta una miniatura che è a corredo iconografico di una versione del XV secolo delle Georgiche 6di Virgilio; in essa si vede il poeta stesso che annota le caratteristiche morfologiche e comprtamentali di api fuoriuscenti da due alveari rustici. Il IV Libro, infatti, riporta una buona descrizione dell’apicoltura: addirittura Virgilio spiega qual è la stagione migliore per prelevare il miele e come curare le malattie “apistiche”. L’Autore mostra le api come metafora sociale: esse hanno un’organizzazione comunitaria, segnata dalla fedeltà alla casa e alle leggi, dalla condivisione delle risorse e dalla dedizione al lavoro, in una tipica visione stoica della società. Le api sono disposte anche al sacrificio personale per il bene comune (BARBATTINI e FRILLI, 2004) e mantengono l’assoluta dedizione al capo: tutti elementi del più puro idealismo augusteo. Tutta l’opera è un’esaltazione di un ideale mondo campestre, ma più che impartire precetti tecnici, essa vuole richiamare il lettore a godere della serenità della natura, considerata rifugio ideale dello spirito, in un momento di crisi gravissima per il mondo romano.

NOTE
4 Pedanius Dioscoride (nato nel 40 d.C. a Anazarbe in Turchia e morto nel 90 d.C.) era un medico greco la cui opera, scritta in lingua greca, De materia medica, è stata basilare nell’antichità per la conoscenza delle piante medicinali esercitando profonda influenza nella storia della medicina. Essa rimase in uso, con traduzioni e commenti, almeno fino al XVII secolo.
5 Si hanno poche notizie di Ububchasym de Baldach, studioso arabo che ha scritto il trattato Theatrum Sanitatis dal 1052 al 1063. Una copia anastatica di questo prezioso trattato è conservata presso la Bibliotheca Aboca (Sansepolcro, Arezzo).
6 Poema agreste in esametri scritto da Virgilio, su invito di Mecenate, negli anni dal 37 al 29 a.C. L’opera si compone di quattro libri: il primo tratta della coltivazione dei campi, il secondo degli alberi, specialmente della vite e dell’olivo, il terzo dell’allevamento del bestiame, il quarto è dedicato all’apicoltura.


La miniatura rappresentata dalla fig. 4 è tratta dal famoso manoscritto Luttrell Psalter (oggi conservato al British Museum di Londra) scritto e illustrato da scrivani e da artisti anonimi nel decennio 1325-1335. Essa mostra l’antica arnia in paglia (veniva costruita anche con il vimini) molto diffusa nei secoli scorsi, ma ancora presente in alcune realtà apistiche (CASELLA, 1991; GAUDES et al., 2002).
Della scena rappresentata nella fig. 5, “balzano agli occhi” gli animali in primo piano: un elefante e un cervo; essi appartengono ad ambienti molto lontani, non solo tra loro, ma anche da quello in cui vive il contadino ritratto al centro. In secondo piano si nota un’arnia in paglia, su un ripiano sostenuto da piedi, da cui escono alcune api dotate di un paio di ali (notoriamente le api, come tutti gli imenotteri, hanno due paia di ali!). L’immagine è tratta dalla versione in francese, effettuata all’inizio del XIV secolo dell’opera De simplici medicina (Le livre des simples médecines) di Matthäus Platearius 7(Biblioteca Nazionale di Francia, Parigi).
Un manoscritto inglese del 1326 sull’arte militare (Walter de Milemete, De Nobilitatibus, Sapientiis et Prudentiis Regum. Oxford, Christ Church, n. 92, ff. 74, 75) si sofferma sull’utilizzo delle api come arma di guerra (CRANE, 1999). La fig. 6riporta due disegni; in quello di sinistra si nota una macchina (simile a un mulino a vento) con la quale si potevano lanciare alveari dentro a fortezze assediate. Nel disegno di destra viene rappresentato un alveare, lanciato dalla macchina citata e caduto entro alle cinta murarie, e alcuni soldati intenti a difendersi dalle api (JAMES, 1913).

Il manoscritto, capolavoro della cultura francese del Medioevo, Les Très Riches Heures du Duc de Berry8 del XV secolo, conteneva numerose miniature, una per ogni mese dell’anno. Ogni illustrazione è composta da un timpano, a forma di semicerchio, che contiene i due segni zodicali del mese, e da una scena “agreste” che spesso ha sul fondo uno dei castelli di proprietà del Duca (CAMERINI, 1998). Quella rappresentata (fig. 7), del 1416, fa riferimento al mese di febbraio e riporta una scena invernale; oltre all’ovile e alla piccionaia, si notano quattro alveari di paglia, sorretti da un ripiano, coperti dalla neve.
Considerazioni conclusive
Da questa carrellata di immagini e scene emerge come nel Medioevo l’apicoltura fosse un’attività molto seguita. Infatti essa era un’importante forma di sostentamento; il miele ottenuto veniva utilizzato soprattutto come dolcificante ma anche per ottenere una bevanda alcolica di largo uso: l’idromele.
E’ doveroso sottolineare come la presenza dell’ape e di altri animali nei Bestiari medievali si colleghi alle favole letterarie moderne come quelle di Charles Perrault (1628-1703), di Jean de La Fontaine (1621-1698), di Hans Christian Andersen (1895-1875) e di Walt Disney (1901-1966).
Quest’ultime sono dunque solo esempi più recenti di una tradizione molto antica che ha saputo “animare” il mondo della natura, vedendo in essa un repertorio di modelli per la vita sociale degli uomini.
Ringraziamenti
Desideriamo ringraziare la dott. ssa Maria Giulia Costagli del Centro Studi Aboca Museum (Sansepolcro di Arezzo), la dott.ssa Livia Persano Oddo dell’ISZA Sez. op. di Apicoltura (oggi CRA-ISZA, Roma), la prof.ssa Giulia Orfino dell’Università di Cassino, le dott.sse Anna Gloria Sabatini e Alessanda Ferro del CRA-INA (Bologna), il Sig. Fausto Ridolfi (S. Pietro in Campiano, Ravenna), la casa editrice Viella (Roma) nonché i proff. Caterina Furlan, Italo Pin, Pietro Zandigiacomo e Franco Frilli dell’Università di Udine per la collaborazione prestata.


NOTE
7 Membro di una famiglia di medici, Platearius era professore di botanica presso l’Università di Salerno nel XII secolo. Il suo trattato è un vero e proprio dizionario delle piante, dei minerali e delle sostanze d’origine animale che costituivano la farmacopea del Medioevo.
8 Quest’opera rappresenta il “libro delle ore” in uso durante il Medioevo; si trattava di una collezione di testi da leggere e recitare nei momenti liturgici della giornata. Essa comprendeva oltre che alle preghiere e ai salmi anche calendari.





Renzo Barbattini e Stefano Fugazza
Apitalia 9/2008