Covata calcificata. Come nasce. Cosa si può fare


 

Da: Alessandro Giachi <......@tin.it>A: aol-mondoapi@it.egroups.com <aol-mondoapi@it.egroups.com>

Oggetto: [aol-mondoapi] granuli bianchi...

Sul predellino di una cassa ho notato molti granuli bianchi simile a grani di polline ma più grandi; non sembrano neanche larve. Temo che qualcosa non vada per il verso giusto. Vi suggerisce qualcosa un sintomo del genere?

Caro Alex...

Forse si tratta semplicemente di covata calcificata. Mi spiego. Vedi di rifarti concettualmente alla calce che serve per imbiancare le mura di casa.. Aggiungi ugualmente che essa è di color bianco...

-Su mie vecchie piante di albicocco ogni giorno constato delle muffe che se non ritagliate di tanto in tanto, lasciano maggiorare la sgradevole presenza di grosse escrezioni vegetali...

C'è pure in natura un tipo di fungo chiamato specificamente Ascosfera dell'ape ( Ascosphera apis..) a cui piace risiedere nelle cellette delle api o dei fuchi.

Infetta la larva, grazie alle nutrici che sono vettori delle spore, tre o quattro giorni dopo che l'uovino ha già spaccato il suo "pigiama" protettivo con autentici movimenti da epilettico liberando la incipiente larva che verrà ricoperta quasi subito da un micelio biancastro...; una mini mummia -va precisato- non sempre bianca .

Queste "mummie" delle arnie- nostre mini piramidi si possono scorgere vistosamente sul fondo arnia ed anche all'ingresso- come hai constatato tu- dove api già stanche per l'escavazione della stessa dalla celletta decidono di abbandonare il malloppo.( Se non portano il tutto fino all'esterno si annoti comunque che si tratta, tra l'altro, di api non dotate di "alto senso della pulizia" ..)

Cosa puoi fare ? Sull'argomento sono già state date parecchie risposte ( vedi list di aol-mondoapi@egroups.com )

Se vuoi essere uno zelante medico apistico della Asl ( se hai tempo a disposizione) puoi incidere con un coltellino da chirurgo, la celletta con mummia ancora sul fondo...: Così potrai estrarla senza che le api si infettino ulteriormente.

Per quello che ne so io nessun chemioterapico è efficace... Di solito basta mantenere l'arnia con alta presenza di api e soprattutto cercare di allevare nel proprio aerale ceppi che sappiano autodifendersi da questo fastidio...

Un ciao anche a tutti gli altri amici. (a.p.)

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Sulla covata calcificata

Da: gsavore@t...Data: Gio 12 Apr 2001 0:20pm Oggetto: report covata calcificata

Dr Keith Delaplane da American Bee Journal gennaio '95. Sintesi di Gianni Savorelli

 

Come si sa le covata calcificata è provocata da un fungo. Le spore del fungo vengono distribuite dalle api adulte sia all'interno dell'alveare che all'esterno durante la loro normale attività. Possono ad esempio venire a contatto con fonti d'acqua, fiori o pollini in cui è presente un'alta carica di spore.

Anche attraverso il saccheggio possono essere importate spore. Nell'alveare le larve vengono contaminate con la nutrizione. Come molti altri funghi l'agente patogeno della covata calcificata prospera in condizioni di fresco -umido, in cui la spora può germinare al meglio. Di conseguenza la patologia si manifesta maggiormente in primavera e autunno. Le zone a più bassa temperatura del nido risultano in genere le più colpite. Allo stesso modo la scarsa ventilazione dell'alveare con ristagno di umidità può favorire la diffusione del patogeno.

La patologia può apparire facilmente quando nell'alveare vi è sproporzione fra covata e api adulte. La covata tende così a raffreddarsi e a divenire più facile preda del fungo.

Gli alveari non dovrebbero essere mantenuti in punti in cui risultino accumulare troppa umidità. Allo stesso modo l'ombreggiamento andrebbe per quanto possibile evitato e l'erba periodicamente rimossa dalla porta di volo.

Quando si riscontra la presenza di covata calcificata per prima cosa verificare la corretta ventilazione dell'alveare e la possibilità di eliminazione dell'umidità. In secondo luogo aggiungere api adulte o al contrario togliere covata che si possa ipotizzare non adeguatamente riscaldata, verificando se il legno del telaio risulta freddo o tiepido.

La suscettibilità alla covata calcificata deriva poi da condizioni genetiche. Può dunque essere il caso di cambiare la regina. Bisogna osservare che allo stato attuale non è possibile sapere a priori se il ceppo genetico proveniente da una nuova regina sarà suscettibile alla patologia, dunque non si può essere sicuri che cambiando la regina si risolverà il problema.

Si è però sicuri di quanto è suscettibile alla patologia il ceppo prodotto dalla regina presente e che attraverso i fuchi che immette nell'ambiente va a perpetrare le caratteristiche di suscettibilità alle generazioni successive.

Le spore di covata calcificata possono persistere nei favi e nel materiale per anni. Ciò sembra un buon argomento per una disinfezione regolare .Da ultimo evitare per quanto possibile gli stress e trattare la varroa in maniera che questa non risulti a sua volta forma di indebolimento della colonia.

Savorelli Gianni prodotti per apicoltura Ravenna

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Al testo sopracitato fatto giungere alla list gentilmente dal prof. Gianni Savorelli circa la covata calcificata oso aggiungere qualche considerazione-consiglio-esperienze su come combatterla attraverso queste anticipazioni da sommario che riprenderò più avanti estesamente:

solo rete antivarroa e niente cassettino sottostante la rete antivarroa da maggio in poi per combattere umidità... Addirittura da giugno sull'ultimo mielario innesto con puntine da disegno di una rete zanzariera per raccolta propoli

( Vedi :Come raccolgo la propoli...http://www.apicolturaonline.it/percels6.htm )

-L'arnia "Duca", tentativo già a livello falegnameristico, contro accumulo umidità nella zona covata nido.

-Di due arnie, a fine ottobre o inizio fine febbraio farne una sola robusta, guarnita di api= mini termosifoni.

-Evitare stress chimici ( apitol, perizin," micidiali" ed i legali acidi vari..- olii "essenziali" biologicamente fetenti.. ricorrendo, potendolo, al solo Metodo Rolle ed al Termico Engels. Di quest'ultimo ripresenterò un nuovo testo con le aggiuntive operative di questi ultimi due anni)-...

( vedi http://www.apicolturaonline.it/rolle.htm. http://www.apicolturaonline.it/percels4.htm )

-La mia "disinfezione" regolare naturale contro la covata calcificata :

far ricostruire ex novo integralmente tutti i favi cerei dell'arnia distruggendo i precedenti, ritenuti purtroppo erroneamente sani ..

-Non tagliare l'erba davanti all'immediato ingresso dell'arnia pur accettando la realtà botanica che questa alberghi spore fungine o altro....... Consiglio di effettuare anche questo, ma solo a cinquanta centimetri di distanza dalla postazione.. (Ci sono indicazioni seducenti sperimentate per agire in questa nuova direzione...Ho visto che anche un allevatore di api regine su larga scala, da anni non toglie davanti alle mini casette per fecondazione alcun filo d'erba.. Le regine uscite non sbagliano ( mai) ugualmente il loro giusto ingresso.. Ogni filo d'erba che ondeggia contro l'ingresso è semplicemente già intriso del tipico odore di famiglia grazie alle bottinatrici nel loro andirivieni...( Vedi foto con api a due zampe cariche di polline che abbracciano un filo d'erba con tanta tenerezza e tranquillità che vi si soffermano sopra a lungo lasciandosi cullare un po' prima di rientrare ai silos ..Invito dopo questo servizio informativo i miei numerosi giovani amici apicoltori di non rasare più al suolo l'erba sotto ingresso arnia quasi dovesse diventare una autentica testa rapata alla naziskin.. Provare per credere.)

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-Come molti altri funghi l'agente patogeno della covata calcificata prospera in condizioni di fresco -umido, in cui la spora può germinare al meglio. Gli alveari non dovrebbero essere mantenuti in punti in cui risultino accumulare troppa umidità.

A Trana provincia Torino in una zona decisamente e continuamente all'ombra da ottobre fino a fine febbraio anni fa ho dovuto constatare la morte di una mia decina di alveari su 25.. ( diarrea .. zone interne all'arnia vistosamente con muffa già inverdita, ..)

So pure da recenti confidenze amichevoli che in un comune di Torino e precisamente Fornolosa nella Valle dell'Orco, arnie portate là in una zona senza sole da settembre a marzo, hanno avuto vita molto molto difficle sanitariamente.. Sto sperimentando da due anni un tipo di arnia chiamata "Duca", in produzione da Stalè - Luserna S. Giovanni (To) Italia. Fax: 0121/909177. Tel 0121/909560)...

-Le piume rigonfiate del pettirosso che d'inverno posso ammirare dietro ai vetri a pochi centimetri dal mio naso perché sbirciato da un forellino fatto su un cartone fanno da intercapedine tra l'aria e l'epidermide del pettirosso mantenendogli una sopportabile temperatura..

" Duca" sta per le iniziali dei sigg. Dutto e Campero. Un tipo di arnia con struttura diversa dalla solita, lanciata da Michele Campero in cui il punto termico ottimale ricercato-individuato dalle api pare venga coadiuvato molto meglio. La parte posteriore dell'arnia, cioè, non ha solo l'abituale parete protettiva ma un'altra distanziata di setto- otto centimetri che procura uno spazio che fungerà da intercapedine termica.. L'equivalente termico delle piume rigonfie del pettirosso.

Nel tipo d'arnia "Duca", anzitutto si tenta di far sì che l'umidità substrato essenziale per i funghi della covata calcificata venga tenuta abbassata il più possibile.

- Per combattere umidità varie, altro procedimento utile per chi ha soltanto una ventina di arnie come me, riguarda l 'invernamento da preparare logisticamente già a fine settembre.. Deve, cioè, vertere solo su 6-7 favi.. Quelli che figurano come otto - nove o peggio ancora 9-10, resteranno completamente sguarniti di api . Verificare ciò a Natale, aprendo un'arnia ricorrendo ( se vicini a casa ) ad un phon per capelli ad aria calda e fredda da indirizzare- insufflare là dove si desidera sbirciare per qualche secondo. Logisticamente intendo alludere che se c'è un favo di polline, finito, piazzato alla penultima fila, andrà trasferito d'ufficio verso il centro, accosciato all'ultima covata sapendo che se le api sono preveggenti - capaci di trasferire il miele nel settore desiderato, per il polline non intervengono e lo lasciano dove si trova.

-Allo stesso modo la scarsa ventilazione dell'alveare con ristagno di umidità può favorire la diffusione del patogeno.

La patologia può apparire facilmente quando nell'alveare vi è sproporzione fra covata e api adulte. La covata tende così a raffreddarsi e a divenire più facile preda del fungo.

Dicevo già che per ovviare a questo basterebbe tenere l'arnia sempre con tanta presenza di api.

Da alcuni anni, a fine febbraio, o a fine ottobre, non avendo più voglia di faticare inutilmente, di due arnie, inesorabilmente, ne faccio sempre soltanto una.

Riunione col super collaudato sistema del giornale sforacchiato o tanto meglio con una rete zanzariera che mette le api subito a contatto quasi già fisico le une le altre permettendo velocemente un unico odore di famiglia... ...

Da ultimo evitare per quanto possibile gli stress e trattare la varroa in maniera che questa non risulti a sua volta forma di indebolimento della colonia....

( Vedi per questo: Trattamento antivarroa termico Engels e Metodo Rolle già elencati )

 

-Le spore di covata calcificata possono persistere nei favi e nel materiale per anni. Ciò sembra un buon argomento per una disinfezione regolare.

La mia "disinfezione" naturale regolare consiste ad ogni fine febbraio nel cambiare l'arnia che ha sopportato l'aggressione meteo invernale sostituendola con un'altra appena passata alla fiamma ossidrica.. Una volta liberata la prima e "purificatala" con la fiamma, la usufruisco per la seconda e così via...-

Favi trattati per l'ultima volta nel '94 con "l'innocente, facile ecologico Apistan", anche qui in Piemonte, ad esami per cera che si vuole e si desidera giustamente presentare sul mercato come biologica evidenziano ancora residui di fluvalinate.

Anche per questo nell'arco di due anni faccio fare alle arnie già con favi cerei precedenti vecchi , una ricostruzione cerea integrale di tutti i loro favi... regalando loro il solo telaio ligneo "equatore" ... Solito, cioè, telaio con una sola barretta equatoriale divisoria per facile ancoraggio cereo..

-Accanto a tutto questo sforzo per tenere l'ambiente arnia sano.... coltivo sempre una immensa fiducia nelle api stesse .

Spero, cioè, nelle astuzie géniche o acquisite nel combattere i loro nemici per continuare a vivere-trasmettere la loro specie...Non posso proprio impedire alle api di incunearsi sugli stami maschili , strusciarsi sulle ferite-stigmate del pistillo... , frequentare fonti d'acqua, sedi privilegiate di spore fungine varie ....

Ho un'asse scanalata su cui da anni faccio scorrere gocce d'acqua .. Ai bordi della stessa lunga scanalatura ora esiste e vegeta, ormai da anni, del muschio che raccoglie l'umidità della notte su cui loro nella mattinata possono andare a suggere delle gocce nebulizzate senza alcun pericolo di affogare .. Forse sono proprio io che faccio incontrare le api con le spore fungine ma, come dicevo- ....ho molta fiducia nelle api stesse, nella loro auto capacità di difesa.



Buona fortuna a tutti.


Adolfo Percelsi