L'ape e la goccia killer
«Basta far politica sulle api!», tuona Agrofarma. A mandare su tutte le furie l'associazione delle imprese produttrici di fitofarmaci è la «guttazione». E' la spiegazione, parzialmente inedita, del perché un po' in tutto il mondo le api stanno morendo a sciami. L'hanno presentata alcuni ricercatori dell'Università di Padova al Congresso degli apicoltori, in corso a Sorrento.
La responsabilità degli insetticidi neonicotinoidi nella moria degli api è già sufficientemente acclarata. Tant'è vero che persino in Italia ne è stato sospeso l'impiego (anche se solo temporaneamente, in attesa di raccogliere ulteriori prove scientifiche). I neonicotinoidi sono usati per «conciare» i semi del mais, prima della semina. Finora si pensava che gli effetti micidiali sulle api derivassero dalla dispersione dei neonicotinoidi al momento della semina. O dall'inquinamento di polline e nettare da essi causato. I ricercatori di Padova aggiungono una terza via di trasmissione: le «gutte», le gocce d'acqua essudate sulla punta delle foglie dalle piantine di mais. In quelle gocce il Dipartimentio di chimica patavino ha rinvenuto una concentrazione di neonicotinoidi di una decina di milligrammi per litro. Ne basta molto meno per ammazzare un'ape. Se beve l'acqua contaminata muore entro 2-10 minuti, dice il professor Vincenzo Girolami. Se si limita a sfiorarla con la ligula (la lingua a proboscide), ci vogliono 20-40 minuti ma il risultato è lo stesso.
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Questa scoperta, commenta Francesco Panella, presidente degli apicoltori, fa ancor più risaltare la superficialità con cui sono state concesse le autorizzazioni all'uso di molecole a effetto neurologico sistemico, «che trasformano le piante tal quali in insetticidi perenni». Inoltre, se il veleno viaggia anche attraverso le gocce di linfa, ne consegue che il problema non si risolve modificando le seminatrici e migliorando le tecniche di concia.
Agrofarma definisce la guttazione «un'ipotesi improbabile». Il mais, argomenta l'associazione, non produce nettare, quindi è «curioso» che le api per dissetarsi ricorrano a una pianta per loro «così poco attrattiva». «Colpisce la natura tutta politica delle accuse lanciate dagli apicoltori». Questi ultimi, secondo Agrofarma, continuano «ad alzare la posta», alimentano «una deriva ideologica che non trova mai fine». Anche la faccia tosta di Agrofarma è infinita. Nella sua nota sostiene che «al momento non esistono evidenze scientifiche che dimostrino un nesso causa effetto tra l'impiego di agrofarmaci e lo spopolamento degli alveari». E' vero che sul banco degli imputati ci sono anche le onde elettromagnetiche e le scie chimiche e biologiche rilasciate nell'aria (da metalli, batteri, virus). Ma i fitofarmaci sono i maggiori indiziati. Contro i nuovi insetticidi puntano il dito gli apicoltori giunti a Sorrento da mezza Europa: «sono incompatibili con la natura e con la vita». Per Manuel Izquierdo, del sindacato agricolo Coag, il crollo nel 2008 della produzione di miele in Spagna ha una causa «inequivocabile»: l'impatto sempre più massiccio e deleterio degli insetticiti sulle campagne spagnole. L'associazione degli apicoltori italiani stima che la scorsa primavera nella sola Pianura Padana siano state spopolate 40-50mila arnie.
La moria delle api, oltre a far diminuire la produzione di miele, mette a rischio l'impollinazione delle principali colture alimentari. Di tutto questo si parla domani nella tenuta di San Rossore al convegno "Dove non volano le api", organizzato dalla Regione Toscana.
da---> Il manifesto 23-01-09