Il pastore di stambecchi
L'incidente più grosso però non l'ho avuto in montagna.
Lavoravo come stradino e una sponda del camion mi è venuta addosso assieme a tutto il carico di sacchi di ghiaia.
.....non riuscivo ad alzare il braccio destro,facevo pena.
.....Un momentino dopo è venuto Vittorio Jacalla (erano diciotto fratelli e sorelle della Valsavara) con un secchio di miele di quello che dava da mangiare alle api d'inverno.
Lì mi ha svestito tutto e con le mani mi ha spalmato uno strato di miele dal collo alle caviglie.
Ero avvolto nel miele e nelle coperte.
Mi ha detto di non lavarmi e di farmi spalmare di nuovo da Nathalie il giorno dopo: eh ben,son guarito.
Li non è in montagna che mi son fatto male,ma è il miele di montagna che mi ha rimesso in piedi.
Era stato sempre il miele a salvarmi la gamba quando me l'ero rotta da bocia:avevo nove anni, giocando son caduto da un cespuglio e sono finito dritto dentro una buca -crac.
Ho sentito un dolore enorme sotto al ginocchio , non camminavo più.
In casa nessuno aveva tempo di portarmi dal dottore, così sono stato nove giorni con la gamba rotta-mi ero fatto da solo delle stampelle con due pezzi di legno.
Alla fine papà mi ha portato a Introd dalla signora Valeria che aggiustava le ossa: ho fatto il viaggio seduto sul tubo della bici-sullo sterrato pieno di buche sentivo un male da vedere le stelle.
Era una brutta frattura,con una scheggia staccata che si sente ancora adesso passando il dito sulla pelle.
Valeria ha placcato una cotenna di maiale non salata sulla gamba, dalla caviglia al ginocchio.
Poi ha spalmato uno strato spesso di miele sulla cotenna e ha fasciato tutto con le bende che usavano gli alpini- ha detto a papà.
Dopo diciotto giorni camminavo e non ho ancora smesso settant'anni dopo. Una gamba mi è rimasta un po' più corta dell'altra , ma tutte e due insieme han viaggiato mica da ridere.