Un piattino di varroe all'olio di semi


Consentitemi di ironizzare già nel titolo proprio ed appunto data la gravità della cosa. Posso segnalare un dato, di certo già a molti noto, ma ora sperimentato sia pure parzialmente anche dal sottoscritto? Su Internet, un mio nipote, Luca ha intercettato un file su" novità nella lotta alla varroa" a base di olio di semi per uso alimentare" e sapendomi "tossico-api dipendente" me l'ha affettuosamente spedito, sempre via computer. Purtroppo non mi ha rilevato gli estremi dell'autore.

L'oggetto: ungere la parte superiore dei telaini e la soffitta delle arnie per far sì che le api si imbrattino le zampe e nel tentativo di ripulirsi; tentativo simile alla attuale gestualità della macarena: estensione delle braccia, palme in alto, mano destra e sinistra ai gomiti, alla nuca, mano destra che tocca la coscia interna sinistra, ecc..la varroa infastidita e colpita viene disarcionata...

Ad ottobre 1997, nonostante il tempo stagionale avanzato, grazie al sole discreto, ho voluto tentare per tre volte questa proposta sanitaria. Anzitutto ho constato de visu che cosa poteva succedere. Feci cadere una goccia d'olio sul tetto piatto d'una casetta. Poi, armato di pazienza visiva, ho acciuffato con le dita, a turno, le uniche tre api dell'arnia prescelta che vistosamente portavano sulla schiena, forse in relax pomeridiano digestivo, una varroa. Subito due incidenti apicoli mortali. Nell'avvicinare le acciuffate, tra il pollice e l'indice, alla goccia, infatti, avevo spinto troppo il loro capo nel liquido procurandone la subitanea morte per asfissia-annegamento.

La terza fortunata, non essendoci ormai quasi più olio in eccedenza, sporcò, invece, effettivamente solo le zampine ed un'ala. Incominciò subito ad agitarsi e per fortuna a ripulirsi addirittura su un mio dito.

La varroa iniziò a scappare su e giù, dal fondo del sederino dell'ape alla nuca di lei. In pochi secondi fu disarcionata ma ripassando l'ape dallo stesso posto, come un cavallerizzo da circo, le risalì in groppa. Dopo altri secondi, però, l'acaro succhiatore terminava definitivamente la sua cavalcata abusiva, scaraventato sul tetto piatto della casetta. "Straordinario" , mi son detto. L'ape continuò a ripulirsi e dopo qualche minuto, grazie anche al sole, ripartì per l'ingresso vicino e sottostante delle colleghe.

I miei semplici tests. Scelta una casetta controllai al mattino quante varroe erano decedute per morte naturale, per vecchiaia, "giunte a sera, cioè , "del viver che concedon loro le stelle"direbbe Leopardi. Una decina di varroe, cioè, erano morte per vecchiaia, o per mosse maldestre sulla schiena o sul ventre delle parasittate, per qualche decisa morsicatura alle zampe delle stesse api. L'arnia testata, la stessa delle circa precedenti dieci, mi ha invece felicemente presentato nel "vassoio" sottostante l'arnia un bottino ginnico di una settantina di varroe ancora zampettanti. Altri tre esperimenti: sempre una settantina circa di esemplari ancora vivi. Un ultimo tentativo che segnalo chiedendo di non sospettare troppo sulla mia salute psichica è stato effettuato il penultimo dell'anno a temperature proibitive. Mi spiego. Ho personalmente la fortuna, volendolo, di poter issare su una carriola, come fosse una pianta di aranceto, e di portare un'arnia in luogo riscaldato a tal punto da costringere le api a rompere il glomere pena l'asfissìa. Pur sapendo che andavo a turbare il loro metabolismo, quel tipico strato di "grasso" che hanno solo le api che entrano in ibernazione.. Pur conoscendo che andavo a turbare le loro funzioni ritentive, che andavo ad intaccare la parte tipica grassa-lipidica delle api "settembrine," ho aperto una casetta. Il glomere mi ha degnato solo di un reclamo fonetico che sapeva più di gemito che di irritazione con contrattacco. Dei sei favi con miele presenti solo due erano presidiati. Vedere per credere! Nessuna si è mossa ed io ho potuto fare la mia spalmata d'olio di semi senza difficoltà. Poi dato che mi interessava vedere come si comportassero, al posto del coprifavo, ho puntinato la solita rete che adopero per rubare loro la propoli. Issate sulla carriola le ho, quindi, portate in un ambiente caldo. Hanno impiegato un giorno prima di decidersi a sflanellare il gruppo. Salite sopra ai favi si sono imbattute con l'olio. Dalla stessa rete ogni tanto facevo tracimare pure delle piccole cucchiaiate di miele. Di notte ho tenuto acceso appositamente la luce, ho tambussato addirittura la casetta per provocare delle reazioni. In un giorno e mezzo, invece delle solite quindici naturaliter defunctae, ho conteggiato 122 varroe di un rosso nero invidiabile vaganti inquiete, come cani sperduti sull'asfalto in un torrido agosto (prego non piangere!) dopo di che, contento dell'esperimento, sono tornato a fingere di essere una persona a temperature normali.... Ho lasciato l'arnia ancora in un posto alquanto difeso perchè le api avessero il tempo di rimettersi in glomere come solo loro sanno fare in base a precise temperature stagionali. Poi il ritorno al primitivo sito. Se pensiamo che ad ogni entrata della varroa in maternità pare escano abilitate tre femmine ne avrei così eliminato anche all'ultimo dell'anno, 122 che con le rimanenti 210 farebbero 332... Da 332 si giungerebbe a 996, ecc...

Tecnicamente operativamente come va usato l'olio di semi?

Stendere un filo d'olio, circa un centimetro cubo sulla parte superiore in legno di ogni telaino senza sfilarli dal sito. Pennellare la soffitta dopo sgombero.

Per evitare di avere le api "tra i piedi", sul telaino, basta una leggera soffiata di fumo di sigaretta al mentolo, una sigaretta "da donne", le Capri, leggerissima, da non inspirare...

Occorre un pennellino largo solo quanto il telaio. Guai se cadono gocce sopra le api, tra un telaino ed un altro. Le api faranno la stessa fine di chi fosse tenuto con la faccia dentro ad un secchio d'acqua per dieci minuti. Il far cadere delle gocce su miele ancora aperto può farlo irrancidire e forse far del male alle stesse api. Poco olio, quindi, sul pennellino. Il calore stagionale, i loro trentacinque gradi all’interno lo faranno evaporare…

Personalmente oltre a questo presidio oleario alimentare ricorro all'ingabbiamento della regina. La tengo, cioè, venti giorni agli arresti domiciliari e facendo poi un solo trattamento alle api adulte all'acido lattico, il più blando presidio sanitario, proprio per quelle dei circa dodici giorni precedenti all'arresto della "titolare" che erano ancora allo stadio di uovini-larve femmine e di fuchi, e quindi di certo esposte all'invasione ostetricia materna delle varroe. Di questo ingabbiamento della regina, modalità concrete pratiche, forse, scriverò in un'altra occasione.

Vantaggi dell'olio di semi contro la varroa.

Non presenta problemi di contaminazione grave chimica se non quelli accennati e voluti per sbadataggine. Può essere utilizzato ogni volta che si apre l'alveare. Per acciuffare "tutte" le varroe ancora a turno in reparto nascita, nascoste sotto la pappa reale con il loro tubicino periscopico respiratore, ci vanno logicamente quattro trattamenti all’olio di semi. Una misera fatica se si pensa che naturalmente per motivi solo ginnico-meccanici si ottiene alle api un naturale sollievo; si evita loro soprattutto la strada all'ineluttabile indebolimento da varie micidiali subdole virosi.

Ogni gattina madre per evitare che dal suo nido nascosto sotto alla tettoia possa essere percepito dell’odore particolare si rassegna a mangiare tutto quello che i suoi piccoli sono forzatamente ad espellere. Va poi lontano a soffrire tossendo per la relativa "espettorazione". Ugualmente ogni madre innamorata, anche se si tratta di una realtà noiosa-nauseabonda, ogni mattino, volentieri ripulisce le "solidità" e le silenziosissime liquide enuresi notturne in loco del proprio piccolo. Conoscendo la gravità clinica affettiva degli apicoltori per le proprie api sono certo che per gli hobbisti stendere ogni tanto anche lievi pennellate di olio di semi senza nuocere all'immagine e ai contenuti del miele sarà semplicemente un'inezia.

Percelsi Rodolfo. Via Po, 83. La Loggia (To). Tel.0119627976 Modem fax-con preavviso; e-mail adolfope@tin.it