Api europee e api africanizzate in Messico : la tolleranza a Varroa jacobsoni

3^ Parte : analisi della tolleranza

Si conclude con questa puntata il resoconto del lavoro condotto in Messico da M.Vandame e M.Colin sul confronto della tolleranza alla varroa da parte dell'ape africanizzata e dell'ape europea. Nella prima parte (pubblicata sul numero 7/97 di Lapis ) sono stati forniti i dati più recenti sulla biologia della varroa.

Nella seconda parte (apparsa sul numero 9/97) è stato presentato l'inizio del lavoro , analizzando come e con quale intensità si manifesta la tolleranza delle api, giungendo alle seguenti conclusioni :

In questa terza parte, che rappresenta la chiave di svolta del lavoro, vengono analizzati i fattori che spiegano la tolleranza delle api africanizzate alla varroa (fertilità delle fondatrici, durata di opercolatura, attrattività della covata, attività di spulciamento ,pulizia della covata infestata).

1. L'attrattività della covata.

Come abbiamo visto precedentemente, l'ingresso della varroa fondatrice in una cella di covata costituisce un preavviso cruciale alla sua riproduzione( si veda la 1^ parte § 2). Sembra infatti esistere un equilibrio tra l'attrattività delle api adulte, necessaria per la diffusione dell'acaro, e l'attrattività della covata, fondamentale per la sua riproduzione.

Una variazione di questo equilibrio può determinare una attrattività superiore della covata, e quindi l'entrata della fondatrice nella cella. Al contrario , una covata poco attrattiva potrebbe limitare le possibilità di riproduzione della Varroa , e spiegare così la tolleranza di certe colonie di api.

Nel nostro caso, abbiamo preferito lavorare direttamente su colonie di api piuttosto che in condizioni controllate di laboratorio, al fine di testare l'attrattività della covata in condizioni sperimentali che fossero il più vicino possibile a quelle naturali.

Il concetto base è stato di rinchiudere per 24 ore qualche ape portante delle Varroe foretiche, su una zona di covata costituita per lo più da larve vecchie(prossime all'opercolazione); le api opercolando la maggior parte di questa covata, permettono di determinare quale proporzione di acari entra nella covata durante questo lasso di tempo.

Concetto semplice, ma il problema principale è stato rappresentato dalla necessità di creare una gabbia in cui le api restassero in contatto con le api dell'alveare, senza che le prime potessero uscire e le seconde entrarvi, vedi (fig.1).

Fig.1 schema del telaino di covata con la gabbia grigliata utilizzata per misurare l'attrattivitą della covata

Questa gabbia deve essere assolutamente impermeabile al passaggio delle Varroe, in quanto la loro piccola taglia (1.1x1.5 mm) permetterebbe loro di passare attraverso piccoli interstizi.

Le dimensioni interne della gabbia sono di 4x4 cm, coprendo circa 150 celle di covata; l'altezza è di 1 cm, cosa che consente alle api al suo interno di muoversi senza costrizioni e alle api all'esterno di posarsi sulla gabbia, e di essere in contatto con le api dell'interno.

Le pareti della gabbia devono essere almeno di 3 cm di larghezza, al fine di ricoprire più celle, unico modo per impedire sia l'uscita delle Varroe, sia delle api, che così non hanno il tempo di crearsi un passaggio sotto le pareti durante le 24 ore dell'esperimento.

Quanto al materiale utilizzato per le pareti non sono validi nè il legno, perché la sua rigidità non permette di aderire alle celle ricoperte, nè il polistirolo, che viene rapidamente rosicchiato dalle api , conviene di più una ''mousse'' tesa, perché aderisce ermeticamente alle celle, e non è intaccata dalle api.

Su questa ''mousse'',si fissa una griglia di materia plastica di 10x10 cm con una maglia di circa 0.5 mm, sufficiente ad impedire il passaggio delle Varroe. Il tutto, infine, è mantenuto aderente al favo con due elastici.

Per la realizzazione del test , sono stati scelti sei alveari di forza e di tasso d'infestazione equivalenti ( 3 di api europee e 3 di api africanizzate); da ciascun di questi sei alveari sono state prelevate quattro api.

In altra parte è stato scelto un alveare ibrido fortemente infestato di acari, dal quale sono state prelevate dieci api, ciascuna con una Varroa foretica.

Le 34 api e 10 Varroe così raccolte sono conservate insieme per un'ora in laboratorio. Da ciascuna delle sei arnie è quindi stato prelevato un favo di covata con larve prossime all'opercolamento.

Le 34 api e 10 Varroe sono state rinchiuse nella gabbia su una zona contenente almeno 100 larve vecchie e qualche cella riempita di miele. Il favo è quindi stato ricollocato nella sua arnia di origine per 24 ore.L'operazione è stata ripetuta per le sei arnie.

Dopo 24 ore, i favi sono stati liberati dalle api; quelle contenute all'interno delle gabbie sono invece state riportate in laboratorio e anestesizzate con CO2 (anidride carbonica). Le gabbie sono quindi state aperte per contare il numero di Varroe rimaste sulle api. L'esame delle celle di covata opercolata (tra 50 e 80% di covata) ha permesso di verificare che le Varroe che non sono state trovate sulle api erano presenti nella covata.

L'esame dei risultati mostra che circa i due terzi delle Varroe sono entrate nella covata delle api europee, e che un terzo è rimasto in fase foretica.(vedi fig.2)
Fig.2:percentuale di varroa nella covata o di varroa foretica durante il test di attrattivitą

Invece , solamente un terzo di Varroe è entrata nella covata di api africanizzate e che due terzi sono rimaste foretiche.

Possiamo concludere che la covata di api europee è due volte più attrativa per la Varroa che la covata di api africanizzate.

Più ragioni potrebbero spiegare una tale differenza di attrattività. Certo è che le api e le Varroe poste all'interno di ogni gabbia provengono tutte dalle stesse arnie , e quindi non possono essere la causa della differenza del risultato riscontrato.

Le api all'esterno delle gabbie ,la cera e le larve opercolate all'interno delle gabbie sono proprie di ogni arnia,(europea o africanizzata).E' quindi uno di questi tre elementi( api, cera e larve), o la loro combinazione ,a determinare il diverso grado di infestazione.

L'innesto di larve o il trasferimento di covata, da colonie europee in colonie africanizzate, fornirebbe preziose informazioni. Studi comparativi su sostanze chimiche prodotte dalle larve fornirebbero degli elementi fondamentali per il prosieguo del lavoro e per la comprensione della biologia della varroa; potrebbero avere anche una utilità nella lotta contro l'acaro.

La durata di opercolatura

Una breve durata di opercolatura è stata spesso indicata come un importante fattore di tolleranza. Un recente studio sulla cronologia dello sviluppo della varroa ha dimostrato che, essendo già limitato (in media di 1.2) il numero medio di figlie adulte e fertili per varroa fondatrice, solo una durata di opercolatura inferiore ai 10 giorni permetterebbe di diminuire sensibilmente questa media (vedi parte 1^, fig. 2). La durata di opercolatura media è attualmente di circa 12 giorni e una sua riduzione così marcata sembrerebbe poco verosimile. Nel quadro del nostro studio, era pertanto indispensabile misurare questi parametri.

Il protocollo sperimentale è consistito nel selezionare in sei alveari differenti (3 di api europee e 3 di api africanizzate) una zona di 40 cm2 di covata vecchia. Questa zona è stata evidenziata con una vernice colorata ai quattro angoli e poi fotografata ogni 8 ore (dopo 1h, 9h e 17h) per 3 giorni. Dieci giorni dopo l'opercolatura della prima cella, le zone di covata sono state di nuovo fotografate, ogni otto ore per tre giorni, al fine di determinare l'ora di sfarfallamento delle api. L'apertura delle arnie a notte fonda disturbava senza dubbio le colonie, la fotografia dei favi veniva infatti eseguita nell'arnia stessa e ciò non era realizzabile che con l'aiuto di una lampada elettrica e di una pellicola ad alta sensibilità (ASA 1000). L'esame delle foto a posteriori ha permesso di determinare, per ogni cella di covata osservata, l'ora approssimativa di opercolatura e di sfarfallamento delle api. E' stato quindi possibile dedurre, con una precisione di quattro ore, la durata durante la quale la cella è rimasta opercolata.

Le curve di frequenza e gli istogrammi (fig.3)
FIG 3: curve sovrapposte(a sinistra) e istogramma (a destra) della durata di opercolatura (in ore) di 451 celle di api europee e 484 di api africanizzate
evidenziano una distribuzione molto simile della durata di opercolatura nelle colonie di api europee e africanizzate. Di fatto, la media della durata di opercolatura, è di 278.9 ore (cioè 11.62 giorni) nelle colonie europee, contro 278.4 ore (cioè 11.60 giorni) nelle colonie africanizzate. L'uguale durata di opercolatura sottolinea come questo fattore non può in nessun caso, neppure in parte, essere responsabile della tolleranza delle api afrícanizzate alla varroa. Questo risultato resta in armonia con l'identica composizione della discendenza delle varroe fondatrici nei due tipi di colonie, precedentemente constatata. Noi non abbiamo potuto misurare la temperatura di incubazione della covata, per mancanza di una strumentazione adeguata. E' tuttavia risaputo che esiste una correlazione molto forte tra la temperatura della covata e la durata di opercolatura; ciò significa che la temperatura di incubazione è equivalente nelle differenti arnie. E' dunque chiaro che la durata di opercolatura della covata, come la sua temperatura, non hanno importanza per spiegare la tolleranza delle api africanizzate in Messico.

Lo spulciamento delle api

Da qualche anno è stato ipotizzato che il comportamento di pulizia delle api adulte di Apis cerana sia il fattore determinante della tolleranza di quest'ape alla varroa. Recentemente è stato dimostrato che tale comportamento si risolve per la varroa principalmente in un cambio di ape e non, come era stato suggerito inizialmente, in una eliminazione dell'acaro. Nel nostro caso, la situazione di consistenza tra api tolleranti e sensibili permette di quantificare l'importanza del comportamento di pulizia (spulciamento).

Comportamento delle api

Le osservazioni sono fatte utilizzando due arnie rivestite con vetro, con dimensioni interne di 50 x 35 x 5 cm. In ogni arnia è stato introdotto un favo provvisto di covata in tutte le età (uova, larve, pupe, api nascenti), di circa 2500 api e di una regina. Uno proveniva da un'arnia con api europee, l'altro da una con api africanizzate. Queste due arnie sono state sistemate all'interno del laboratorio; un tubo trasparente permetteva alle api di uscire liberamente per bottinare; il fianco del tubo esterno al laboratorio era circondato con un foglio colorato, affinchè le api potessero distinguere facilmente l'entrata. Una copertura, che veniva rimossa solamente per il tempo di osservazione, manteneva l'arnia nell'oscurità, garantendo un minimo disturbo.

Un favo di covata fortemente infestato è stato successivamente prelevato da una terza arnia e posto in un condizionatore (32°C; 70% di umidità relativa), in modo che sfarfallassero api portatrici di femmine adulte di varroe. Queste varroe sono state prelevate, marcate con un pò di vernice come si fa per le regine, e successivamente riposizionate sulle api per un periodo di almeno 24 ore, al fine di far perdere l'odore della vernice stessa, suscettibile di renderle inospitali alle api. Con l'aiuto di una pinzetta umidificata è stata prelevata una femmina di varroa, che è stata successivamente deposta, attraverso una piccola apertura, su un'ape di una delle due arnie di vetro. Il comportamento delle api è stato osservato per un periodo di 8 minuti successivi alla deposizione; tale periodo è stato suddiviso in sei frazioni: 30s-lm; 1m-2m; 2m-4m; 4m-6m; 6m-8m.

L'operazione è stata ripetuta dieci volte consecutive, in un tempo totale di circa 1h40. Due ore più tardi, al fine di contare gli acari, sono state osservate accuratamente le api e il fondo delle arnie.

La prova è stata ripetuta cinque volte. I favi sono stati riposizionati nelle arnie d'origine e nuovi favi sono stati prelevati da altri alveari.

Durante ogni periodo di osservazione sono stati indagati quattro parametri:

  1. un comportamento di autopulizia (auto-grooming behavior), vale a dire una pulizia, operata dall'ape stessa, della sua testa, del torace e dell'addome con l'aiuto del suo primo e terzo paio di zampe;
  2. un comportamento di allopulizia (allo-grooming behavior), cioè una pulizia dell'ape da parte di altre api, che ricercano attivamente l'acaro, perlustrando tutto il corpo dell'ape infestata con le antenne.

Le nostre osservazioni non hanno mai evidenziato un comportamento di allo-pulizia così intenso come nel caso dell'Apis cerana. In questa razza, in effetti, le api salgono sull'ape infestata, non esitano a scostarle le ali per afferrare eventualmente l'acaro con le loro mandibole. Nei nostri esperimenti le api, nel miglior caso, hanno perlustrato il corpo dell'ape infestata senza mai afferrare l'acaro deposto.

3. il cambio di ospite; a causa di questo comportamento di pulizia la femmina di varroa passa su un'altra ape.

4. La caduta. Sempre a causa del comportamento di pulizia la femmina di varroa può cadere dalle api; comportamento efficace nel solo caso in cui la varroa cada sul fondo dell'arnia. In numerosi casi, tuttavia, questo comportamento non risulta efficace, perché l'acaro caduto cerca di salire su un'ape alla sua portata. L'esame dei risultati (fig.4)
Fig.4 comportamento di 150 api di ogni sottospecie, durante gli 8 minuti seguenti la deposizione di una varroa fondatrice, e risultato di questo comportamento
mostra che l'80% delle api africanizzate ha un comportamento di auto-pulizia nei 30 secondi successivi alla deposizione della varroa, contro solamente il 58% delle api europee. Questo compor tamento decresce nel tempo e, dopo 8 minuti nelle api europee e 10 minuti nelle api africanizzate, non è più osservabile. L'allo-pulizia è relativamente modesta nel primo minuto successivo alla deposizione della varroa, cioè quando l'ape è occupata a pulire se stessa. Poi, incapace di colpire il bersaglio, l'ape stimola le altre api con le antenne; queste si avvicinano e ne perlustrano il corpo. Durante il secondo minuto di osservazione le api africanizzate hanno adottato questo comportamento nel 57% dei casi, contro il 44% riscontrato nelle api europee. Come per il comportamento precedente, l'allo-pulizia va diminuendo nel corso del tempo; pochi sono i casi in cui è possibile osservarla al termine degli 8 minuti. Il risultato di questo comportamento di pulizia sulla varroa si può apprezzare nel numero di acari che cambiano ape. Su 150 varroe deposte, 57 hanno cambiato ape ospite nelle colonie africanizzate, contro solo 25 nelle colonie europee. La maggior parte di questi cambiamenti ha luogo nel secondo minuto di osservazione. Il numero di varroe che cadono dalle api nel fondo dell'arnia, sotto l'effetto del comportamento delle api, è di 15 su 150 nelle colonie di api africanízzate, contro 9 nelle colonie di api europee.

Dopo due ore nelle colonie europee, 139 varroe si trovavano sulle api, 9 nel fondo delle arnie, 2 risultavano introvabili. Nelle colonie di api africanizzate, 134 dimoravano sulle api, 10 nel fondo delle arnie, 6 erano introvabili. Solo l'8% di varroe sono state definitivamente spazzate via dalle api europee, contro l'l 1% delle api africanizzate. L'insieme dei risultati evidenzia che le api africanizzate hanno una reazione immediata alla deposizione del parassita sul loro corpo e ciò si traduce in un comportamento di pulizia molto più marcato rispetto alle api europee. Malgrado ciò, l'efficacia del comportamento di pulizia resta modesta in entrambe le sottospecie di api.

Mutilazione degli acari

Al fine di confermare la scarsa efficacia del comportamento di spulciamento sono state raccolte, in tre riprese, 150 varroe nelle arnie di ogni sottospecie per essere osservate al binoculare al fine di ricercare ogni eventuale mutilazione, dovuta al comportamento delle api. Sono stati distinti tre tipi di mutilazione: assenza di una zampa del primo paio; assenza del pretarso del primo paio di zampe; presenza di morsicature sull'idiosoma.

L'esame dei dati mostra che i tre tipi di mutilazioni si verificano in proporzione simili. Dimostra soprattutto che la grande maggioranza delle varroe fondatrici presenta un corpo intatto, sia tra le api europee (90.6%) che tra le api africanizzate (85.1%).
Fig 5: percentuale di varroe morte che presentano un corpo intatto, mutilazioni del pretarso, del primo paio di zampe, o del corpo
Queste percentuali, benché significativamente differenti, restano di molto inferiori a quanto segnalato su Apis cerana e Apis mellifera in Cina. Malgrado un comportamento di pulizia più marcato nelle api africanizzate nei confronti delle api europee, è assai improbabile che il comportamento di spulciamento delle api adulte interferisca con la dinamica delle popolazioni di varroe.

La pulizia della covata

L'importanza del comportamento di pulizia della covata infestata da Bacillus larvae e da Ascosphera apis è conosciuta da lungo tempo; potrebbe sembrare quindi normale ritrovare una sua influenza nella tolleranza alla varroa. Al fine di verificare questa ipotesi ci siamo basati sull'osservazione della covata opercolata nelle condizioni di forte infestazione. L'esperienza è stata compiuta in novembre, cioè nel periodo di massima infestazione. In sei colonie di forza comparabile (3 europee e 3 africanizzate), è stata segnata e marcata con colori una zona di covata di 140 cm2 ben provvista di larve vecchie. L'osservazione quotidiana di queste zone di covata ha permesso di rilevare con una precisione di 12 ore la data di opercolatura di ciascuna cella.

Sappiamo, sulla base degli esperimenti precedenti, che la durata di opercolatura media è di 11.6 giorni. Durante i dieci giorni successivi all'opercolatura, le celle segnate sono state esaminate giornalmente; in quelle che sono state aperte dalle api sono stati determinati:

Undici giorni dopo l'opercolatura sono state aperte tutte le celle per determinare se fossero o meno infestate. In totale sono state osservate 1706 celle di covata di api europee e 2367 celle di covata di api africanizzate.

Dall'esame dei risultati (fig.6)
Fig.6 :percentuale di covata ripulita dalle api, durante i 10 giorni seguenti l'opercolatura:covata morta e covata vivente non infestata in rapporto alla covata totale;covata vivente infestata in rapporto alla covata infestata
appare una notevole mortalità di covata nelle api europee: il 7% della covata risultava morta o rimossa dalle api, contro solamente l'1.5% riscontrato nelle api africanizzate. Ciò probabilmente deve essere messo in relazione con il fatto che la varroa è un importante vettore di batteri e virus della covata che pertanto la principale conseguenza di un elevato tasso di infestazione di acari si traduce innanzitutto in una forte mortalità di covata.

Appare inoltre un elevato tasso di covata, apparentemente sana e non infestata, nettata dalle api: in totale il 24% nelle api africanizzate e il 17% nelle api europee. Tre ipotesi potrebbero spiegare ciò che appare come un eccesso di pulizia:

  1. malgrado l'assenza di segni evidenti di malattie, la covata in oggetto è stata disopercolata e pulita nel periodo di incubazione virale o batterica;
  2. sempre malgrado l'assenza di segni evidenti di malattie, la covata è stata infestata prima dell'osservazione e quindi pulita dalle api, ma le varroe fondatrici erano già uscite al mo mento dell'osservazione. Questa ipotesi, pertanto, non spiegherebbe questo eccesso d pulizia che nei primi tre giorni perché dopo, la presenza delle accumulazioni fecali della varroa non lascerebbero più alcun dubbio;

  3. le api scoprono l'infestazione in una certa zona della covata, ma con insufficiente precisione, e non aprono esattamente le celle infestate.

Infine, sembra che le api europee nettano circa l'8% di covata infestata contro il 32% delle api africanizzate, cioè quattro volte in meno. Il tasso di infestazione medio è risultato inoltre due volte inferiore nelle api africanizzate rispetto alle api europee; ciò significa che la covata infestata è due volte più difficile da trovare; appare quindi evidente tutta l'efficacia del comportamento di pulizia

della covata. Potrebbe essere obiettato che la covata è stata aperta "per caso", come suggerito più sopra, ma questo si tradurebbe in una quantità tre volte più importante della covata aperta "per errore" che della covata aperta consapevolmente. Si può concludere che le api africanizzate scoprono e puliscono un terzo della covata infestata, mentre le api europee non ne puliscono che un decimo.

Sono indispensabili esperimenti complementari per precisare se l'eccessiva apertura di covata sana da parte delle api europee avvenga per errore da parte delle api. Il ricorso alla tecnica di infestazione artificiale della covata con un numero preciso di varroe fondatrici permetterà di controllare se la covata nettata coincida con la covata infestata.

Conclusioni

Diciotto mesi di studi in Messico ci hanno permesso di trarre molte conclusioni in merito ai fenomeni di tolleranza naturale delle api alla varroa. Malgrado la lontananza del luogo della ricerca, questi studi non sono disconnessi dalla realtà dell'apicoltura francese, poiché ,sono rivolti a una perfetta conoscenza delle relazioni ape-varroa e alla messa a punto di una tecnica di lotta efficace, durevole e rispettosa delle api e dei loro prodotti.

Ora sappiamo che le api africanizzate del Messico sono tolleranti alla Varroa; questa tolleranza non si manifesta per tutto l'anno, poiché la diminuizione dell'infestazione fa seguito ad uno sviluppo non trascurabile delle popolazioni di varroa. La fertilità delle varroe fondatrici, a differenza di tutti gli altri casi di tolleranza conosciuti, non può spiegare la tolleranza individuata nella ricerca. Lo studio dei fattori di tolleranza ci permette di concludere che la covata delle api africanizzate è due volte meno attrattativa della covata di api europee nei confronti della varroa; questo fenomeno costituisce un primo filone di ricerca. Per contro, l'uguale durata di opercolatura in tutte le colonie osservate sembra confermare quanto sia vana la selezione di colonie che presentino una breve durata di opercolatura. Analogamente il comportamento di spulciamento delle api africanizzate, malgrado la sua intensità, è poco fruttoso e predice un flebile successo per le ricerche miranti a selezionare api che presentino un comportamento di spulciamento marcato. Infine il comportamento di pulizia della covata infestata sembra essere di reale efficacia nelle api africanizzate; questo costituisce un secondo filone di studio.

Prospettive

Attualmente, stiamo iniziando, sempre in Messico, un nuovo programma di ricerche che si baserà sulla comparazione tra le api europee non tolleranti e le api africanizzate tolleranti. Gli obiettivi di questo nuovo lavoro, di due anni di durata, sono:

Quest'ultimo obiettivo, di importanza maggiore, sarà un'opera di ampio respiro e supererà chiaramente il quadro dei due anni del nostro programma attuale.

Costituerà probabilmente, pertanto, l'avvenire della lotta alla Varroa jacobsoni e della salvaguardia delle nostre api.

Traduzione a cura di:Apicoltura on line-http://www.apicolturaonline.it/

Nota bene.- la sintesi bibliografica qui presentata insieme a quelle apparse nei precedenti numeri banno costituito l'oggetto di una tesi di dottorato presentata da Rémy Vandame, in dicembre 1996, all'università di Lione. Questa tesi ha dato luogo a un documento di 120 pagine; chi è interessato ad approfondire l'argomento può farne richiesta all'autore (Rémy Vandame-Route de Malval-69670 Vaugneray), con una partecipazione di 1OOF.

Par Rémy Vandame & Marc Colin(e-mail : remy.vandame@univ-lyon1.fr)

Bibliografia principale :

Fries I, Huazhen W, Wei S & Jin CS (1996) Grooming behavior and damaged mites (Varroa jacobsoni) in Apis cerana cerana and Apis mellifera ligustica. Apidologie 27: 3-11

Le Conte Y, Arnold G, Trouiller j, Masson C, Chappe B & Ourisson G (1989) Attraction of the parasitic mite Varroa to the drone larvae of honeybees by simple aliphatic esters. Science 245 : 638-639

Martin SJ (1995) Ontogenesis of the mite Varroa jacobsoni Oud, in drone brood of the honeybee Apis mellifera L. under natural conditions. Exp Appl Acarol 19: 199-210

Peng YSC, Fang Y, Xu S & Ge L (1987a) The resistance mechanism in the asian honeybee Apis cerana Fabr. to an ectoparasitic mite Varroa jacobsoni Oud.J Invert Pathol 49: 54-60