I report di Gianni Savorelli alla lista aol-mondoapi febbraio 2001


Data: Fri, 2 Feb 2001
Termoregolazione dell'ape
M.Galarza Vida Apicola sett. Ott.99

L'ape è un insetto a sangue freddo a temperatura variabile.La temperatura dell'insetto, che normalmente sarebbe di 20°C , viene modificata, anche se il suo corpo raramente può superare i 38°C e muoversi rapidamente sopra i 50°C ambiente.
All'abbassarsi della temperatura ambientale si hannoproblemi analoghi dato che l'ape non vive più di mezz'ora a temperature più basse di 6°C.Quando l'estremità del glomere scende sotto i 7°C le api cominciano a produrre calore in maniera proporzionale all'intensità del freddo. Quando la concentrazione di anidride carbonica all'interno dell'alveare supera il 4% le api cominciano a ventilare alla frequenza di 180 battiti al secondo. Il vapore che non si riesce ad eliminare assorbe calore dal glomere facendo aumentare il consumo di miele

Data: Tue, 6 Feb 2001
Evoluzione in funzione dell'età delle riserve di glicogeno
U. Panenboc; K. Creilscheim - Seminario Tedesco di Ricerche Apistiche

Per ottenere energia le api ingeriscono carboidrati.
Glicogeno, trialosio e glucosio sono gli elementi fondamentali del metabolismo degli insetti. Come si comportano i livelli di questi tre elementi nel corso dell'attività dell'ape?
Si è perciò determinato il tenore di glicogeno in api, fuchi e alcune egine. Sono state analizzate separatamente le quantità contenute nella testa, nel torace e nell'addome degli insetti.
Le api invernali mostrano un tenore di glicogeno più che doppio ( 36 contro 76%) rispetto alle api estive. Anche le regine mostrano un corrispondente aumento del glicogeno nel periodo invernale
Data: Thu, 8 Feb 2001
Quali fuchi sono migliori per la famiglia
S. Fuchs Seminario tedesco di ricerche apistiche

Le famiglie di api sono soggette a selezione naturale.I caratteri familiari sono determinati dalle operaie che discendono da una regina e da più di dieci fuchi.I gruppi aventi lo stesso padre (linea paternale ) interagiscono secondo le caratteristiche e le proporzioni. Si è studiato, per mezzo di un modello di calcolo, se un carattere condizionato geneticamente si diffonde e se migliora i valori della colonia. Il fatto che la regina si accoppi con fuchi di composizione genetica diversa e casuale, fa si che le caratteristiche delle operaie che la andranno a costituire ( subfamiglie dello stesso padre) differiscano ampiamente nelle caratteristiche , con svantaggi e vantaggi.Tuttavia, il materiale genetico delle colonie a basse caratteristiche risulta necessario per la costituzione di colonie ad alte caratteristiche comportamentali.
Nella pratica tradizionale di allevamento, le colonie con caratteristiche scadenti vengono costantemente eliminate.Ciò può dunque portare a sopprimere caratteristiche utili per la costituzione di colonie particolarmente valide. Gli inconvenienti della fecondazione casuale delle regine possono essere superati attraverso l'utilizzo di inseminazione artificiale con misture ottimizzate di sperma di differenti origini genetiche

Data: Fri, 9 Feb 2001
Osservazione delle regine con performances scadenti
L. Gerig Seminario tedesco di ricerche apistiche

Alla stazione di ricerche apistche di Liebefeld in Svizzera vengono da 30 anni a questa parte esaminate le anomalie di regine caratterizzate da performances scadenti. Questo lavoro ha fornito ai selezionatori nuove basi di selezione e ha permesso ai ricercatori della stazione di avere un quadro complessivo sulla molteplicità dei fenomeni che si producono in alveari sani e malati.
Ne è stata ricevata una statistica che presenta i seguenti dati:
fecondità
77% fecondate
18% non fecondate
5% fecondazione insufficente

ovarioli
41% perfetti
59% degenerati

corpi grassi
normali 65%
ipertrofie 8%
di peso sotto la media 27%
assenti 1%
deformazioni delle zampe 2%
Da queste osservazioni si può concludere che l'insufficente performance non è sempre dovuta alla regina, ma che anche il ruolo dei fuchi nella fecondazione, quello delle operaie e altri interni alle colonie risultano di estrema importanza per l'ottenimento di buoni risultati.
Si può affermare che la dissezione delle regine mostra che sarebbe necessario accordare maggiore attenzione all'allevamento, alla nutrizione e alla selezione dei fuchi oltre che alla gestione della stazione di fecondazione.

Data: Mon, 12 Feb 2001
Fattori strutturali che regolano l'opercolazione
Goez Koeniger ; Apidologie 23 ( 92)

Le api preparano l'opercolazione delle cellette depositando cera ai bordi delle stesse.Successivamente la cera viene modificata e modellata in forma di opercolo.I bordi risultano allungati e l'apertura delle celle leggermente diminuita. Al diametro di 4,5 mm l'atività di opercolazione risulta al suo culmine.Con regolarità, nelle due ore successive l'opercolazione è completata.
Nello studio si sono comparate celle normali con celle accorciate al momento dell'opercolazione.Le celle accorciate vengono opercolate in anticipo rispetto alle altre celle. In celle normali, la distanza tra la larva e le pareti dipende dal peso della larva.
Il peso corrisponde all'età della larva e i feromoni che regolano l'opercolazione ( esteri di metile ) cominciano a rinvenirsi sulla cuticola larvale solo poche ore prima dell'opercolazione ( Trouiller 91). Si è verificato che accorciando o allungando la cella si anticipa o si ritarda il momento dell'opercolazione. Le larve di conseguenza presentano rispettivamente diminuzioni e aumenti dipeso.
Se ne è concluso che la distanza tra larva e apertura della cella costituisce un fattore strutturale del comportamento di opercolazione. Dunque, la presenza feromonale sulla cuticola larvale non rappresenta il solo fenomeno che regola l'opercolazione.

Data: Mon, 12 Feb 2001

>In riferimento a quanto chiesto posso specificare che:
la mortalità invernale di varroa ha probabilmente un senso scientifico, per capire meglio la biologia dell'acaro e il suo legame con l'ospite. Non sembra però possibile utilizzare la caduta invernale per sapere in maniera attendibile quanta varroa è presente. Come detto la mortalità è irregolare e in più non è facile sapere con precisione estrema quale tipo di mortalità ( che come visto ha relazione con le condizioni climatiche ) si ha alla latitudine di ciascun apiario .
Che l'ultima covata autunnale e la prima primaverile sia scarsamente ( o addirittura per niente infestata ) è un dato che trova riscontro negli studi tuttora non completati ( e non ancora pubblicati ) dell'Università di Udine.Tutto prende le mosse dalle relazioni semiochimiche ( feromonali ) che guidano la varroa nel suo processo riproduttivo che rallenta e si ferma quando le api si preparano all'invernamento.
Non posso però esporre di più su questo senza esplicito consenso dall'Università di Udine.
Dal lato pratico si può dire che laddove le api avranno un deciso blocco di covata invernale ,eventuali presenze tardive non costituiscono un limite importante per l'efficacia del trattamento di pulizia invernale.
Ben diverso il discorso al sud in cui è verosimile non vi siano significative differenze nel livello di infestazione. Decisamente interlocutoria la questione al centro e probabilmente inutilizzabile dal punto di vista pratico
Savorelli Gianni ditta prodotti per apicoltura Ravenna
Gentilissimo Gianni Savorelli,
>questo pezzo sulla varroa ( clima-percentuali..) interessa molto ma al
>sottoscritto lascia ancora tanti interrogativi dovuti di certo
>alla mia ignoranza circa una lettura intelligente sulle percentuali..
>A me, infatti, sta molto a cuore poter ricavare delle
>conoscenze in base alla sola caduta giornaliera invernale di quante
>varroe all'incirca siano presenti nella singola arnia nei mesi di
>novembre, dicembre, gennaio...
>Cosa significa, che la varroa ( in Finlandia) in inverno ha una caduta del
>trenta per cento circa..se non si sa già quanti sono gli acari in loco
>almeno a fine ottobre?
>Chiedo cortesemente a te e agli altri amici, di avere qualche lume
>al riguardo..
>-Intanto,come regalo statistico personale, anticipo che sia all'ultima
>covata di fine ottobre che alla prima abbastanza estesa di fine febbraio
>( Piemonte) nelle cellette chiuse opercolate non ho trovato presenza
>alcuna di varroa non certo perchè queste non vi siano residenti ma
>perchè ( immagino) non ritengono proprio il momento di ultimare o iniziare
>la loro fase riprodouttuva
>Attendo documentazioni. Grazie. Con stima Adolfo Percelsi
>-----Messaggio originale-----
>Da: Gianni Savorelli
>A: aol-mondoapi@egroups.com
>Data: martedì 30 gennaio 2001 15.05
>Oggetto: [aol-mondoapi] report
>
>
>Mortalità invernali di Varroa
>
>Korpela; Aarhus; Fries ; Hansen JAR vol 31 n°3 >
>La dinamica di crescita della popolazione di varroa risulta funzione del
>clima.Si può assumere che dove il periodo di covata è ridotto, lo sviluppo
>della varroa è insufficente per portare rapidamente alla distrzione gli
>alveari.Significative correlazioni sono state verificate tra la caduta
>naturale di fine estate e la mortalità di alveareari sperimentali non
>trattati.
>La mortalità naturale in alveari finlandesi è stata valutata nel 30,8% dal
>26 ottobre al 1 marzo. Precedenti studi austriaci ( Moosbeckhofer )
>verificano una mortalità naturale
>del 13,6% nel periodo dall'8 novembre al 3 marzo. La mortalità naturale
>invernale dunque è funzione della latitudine e della relativa assenza di
>covata.

Data: Fri, 16 Feb 2001
Meccanismi naturali di difesa delle api
Prof. Jost Dustman istituto di apicoltura di Celle ( Germania ) ABJ giugno 93

Una famiglia di api sarebbe in grado di usare varie strategie difensive contro eventuali malattie.Per capire queste strategie è necessario riepilogare alcune peculiarità biologiche che le caratterizzano come organismo sociale:
le api sono insetti olometabolici ( metabolismo totale ) nel corso della loro vita cambiano completamente la loro attività le larve sonoprofondamente diverse dalle adulte e così le loro malattie
L'affascinante ordine presente tra migliaia di individui e basato su comportamentiinnati di divisione dei compiti, sulla reazione a segnali chimici ( feromoni ) e sul fenomeno della domanda e offerta..
Quasi tutti gli agenti patogeni dell'alveare possono esservi ritrovati senza che siano evidenti i sintomi della patologia. per quasi tutte le patologie la colonia rimane sana finchè il numero degli individui colpiti non raggiunge il limite critico.A questo punto le normali funzioni risultano severamente disturbate.
I principali meccanismi difensivi delle api sono i seguenti:
comportamento di pulizia e raggruppamento (grooming ) -normalmente le api rimuovono tutto quanto di estraneo appare nell'alveare. Particelle sconosciute, larve malate o morte.Le api adulte puliscono loro stsse e il nido molto spesso. Questo comportamento di pulizia risulta in genere molto efficace.Ad esempio selezionando api con particolare capacità igienica ci si è resi conto che queste risultavano resistenti alla peste americana. Il comportamento igienico delle adulte è responsabile di questa resistenza.Le celle vengono disopercolate e ripulite prima che le spore si formino. Almeno due geni sono coinvolti in questo comportamento:
U disopercolazione
R pulizia
Questocomportamento igienico è basato generalmente su tre passi: il singolo individuo infetto muore rapidamente lasciando l'alveare nelle malattie della covata alcune api riconoscono il decessocome anomalo e la larva morta viene rapidamente evacuata.In alcuni casi anche i copri delle adulte vengono evacuati.
Questo tipo di comportamento interrompe la catena infettiva La colonia nel suo insieme, perdendo il singolo i ndividuo si dimostra resistente al patogeno.
Reazioni immunologiche
Generalmente i singoli ( larve e adulti ) non sono particolarmente resistenti agli agenti patogeni, tuttavia particolari razioni immunologiche sono state osservate a livello diproduzione di anticorpi ( apidecine ).Se corpi estranei vengono iniettatinell'emolinfa dell'ape avviene la formazione di una sostanza peptidica con sequenza costante di 18 aminoacidi.Questi peptid sono battericidi.Anche attività di fagocitosi sono state verificate nell'emolinfa dell'ape.
il proventrcolo dello stomaco
La raccolta di miele e polline e il comportamento di scambio ( trofallasi ) sono attività con elevata probabilità di distribuzione di agenti patogeni.In effetti la contaminazione avverrebbe molto velocemente se l'ape non fosse dotata del proventricolo. Quest'organo funziona a tutti gli effetti come un filtro, rimuovendo batteri e funghi dal contenuto del raccolto. Questa difesa naturale è molto efficace nel ridurre la diffusione dei germi. Ci sono differenze di efficacia in questo meccanismo tra colonia e colonia legate alle peculiari caratteristiche genetiche.
Sostanze antibiotiche nella colonia
Le api sono in grado diprodurre delle sostanze antibiotiche.Oltre che per la difesa dalle patologie sono utilizzate per la conservazione degli alimenti.La natura di queste sostanze è estremamente differente. Vi sono componenti fenolici provenienti dal propoli. Glucosiossidasi formanti complessi H2O2 conosciuti come inibine. Terpeni,peptidi, lisozimi e molti altri. Nei laboratori di Celle è stato possibile dimosrare in vitro che la crescita di Bacillus alveai ( agente della peste europea ) viene fermata dall'applicazione del sistema di inibine H2O2. Si piò ipotizzare che razioni analoghe avvengano naturalmene nello stomaco delle larve.

Per la nuova stagione apistica
Bee Boost-supporto plastico a base di feromone mandibolare della regina per tante utilissime applicazioni nell' apicoltura moderna-
Umonium 38 Food -disinfettante di nuovissima generazione a largo spettro . Efficace in pochi minuti (10/20) contro tutti i patogeni dell'alveare. Per la disinfezione da tutti gli agenti patogeni dell'alveare ( peste americana ed europea, nosema, covata calcificata etc. Perchè buttare materiale e il legno dei telai vecchi? Meglio disinfettarli con Umonium 38 Food
Ipereat- un aiuto naturale contro la varroa
Apedin Vapor un aiuto naturale contro la varroa
B 401- a base di bacillus turingensis per la lotta biologica alla tarma della cera

Data: Tue, 20 Feb 2001
Virus delle api .
Baal; Allen- Annals of Applied Biology 113 237-244

Gli insetti sarebbero efficacemente protetti contro le infezioni dall'armatura chitinosa esternamente e dal parziale rivestimento chitinoso dell'apparato digerente internamente. L'ape ha sviluppato difese contro le infezioni nella fase di nutrizione delle larve aggiungendo sostanze antimicrobiche al cibo, L'efficacia di questo sistema è evidentemente funzione del livello di presenza dei patogeni.La difesa contro i virus sembra essere concentrata nel tubo digerente. La parete intestinale costituisce una difesa esclusivamente passiva.
Sembrerebbe che il lume intestinale secerna sostanze aventi effetto antivirale. In condizioni normali occorrono milioni di particelle virali per infettare un'ape dal canale alimentare.La presenza della varroa produce un effetto drammatico sulle difese dell'ape. Dalle ferite aperte nella cuticola che la varroa provoca per la nutrizione sia sulle adulte che sulle larve i patogeni entrano con facilità e anche in piccolo numero possono risultare fatali.Ne deriva che in presenza di varroa una minore quantità di agenti infettanti è in grado di scatenare la patologia.

I virus delle api ad oggi conosciuti sono:
Black queen celle virus
virus Y dell'ape
virus filamentoso
da soli provocano raramente la morte delle api. Se l'intestino tenue è danneggiato dal nosema, questi virus riescono a passare nell'emolinfa diventando fatali
Virus X dell'ape
si trova in associazione con l'agente amebiasi del quale amplifica i danni
Clowdy wing wirus ( virus delle ali opache )
è mortale solo in caso di infezione grave.
Virus della paralisi cronica ( mal nero )
Spesso la patologia rimane allo stato latente. Se raggiunge la fase acuta si ha un'elevata mortalità. Si osservano api incapaci di volare, nere a causa della perdita del pelo.Su api malate di mal nero sono stati isolati anche due batteri.
In relazione alla varroa ,questo virus è rinvenibile in colonie scarsamente o mediamente infestate. mai in colonie fortemente infestate. Insieme all'APV risultato avere effetto letale sulle colonie mediamente infestate.Il massimo della diffusione si presenta dai primi di giugno ai primi di luglio.La sua crescita, se non ostacolata dalla competizione con APV è proporzionale all'infestazione da varroa.

Virus iridescente
trovato in india in colonie affette dalla " malattia del glomere" in cui le api diventano inattive e incapaci di volare formando grappoli separati. In due mesi la colonia scompare.
Virus della covata a sacco
Questo virus che non aveva carattere epidemico prima dell'avvento della varroa, può rappresentare, associato ad essa un agente devastante.
APV virus della paralisi acuta
La presenza della varroa lo rende micidiale.Di norma APV sarebbe invece presente nei tessuti adiposi dell'ape senza produrre danni.In estate le api possono arrivare ad ospitare 10 milioni di queste particelle virali senza mostrare sintomi e senza riduzione dell'aspettativa di vita.In laboratorio 100 particelle virali iniettate nell'emolinfa uccidono l'ape in 4 giorni.La pericolosità in associazione alla varroa è perciò evidente.In aggiunta la riproduzione del virus potrebbe venire stimolata da eteroproteine proprie della varroa.L'acaro sembra comportarsi prima come attivatore della moltiplicazione del virus, poi come vettore.
L' Apv si trova abbinato al virus della paralisi cronica , sul quale tende a prevalere in condizioni di alta infestazione di varroa.grazie ad una più rapida riproduzione.La sua presenza e moltiplicazione è proporzionale alla crescita di varroa.A bassa infestazione si comncia a trovarlo solo in agosto, in un numero limitato di famiglie e su non più del 10% delle api Con forte infestazione è presente sul 100% delle stesse Con infestazione media l'infezione colpisce il 100% delle api un mese dopo.Non è praticamente presente in covata non infestata da varroa.In quella infestata provoca mortalità delle pupe.Sono segnalate relazioni fra APV e peste europea
DWV virus delle ali deformate
E' la causa delle malformazioni alari delle api che nascono in celle con ifestazione da varroa.. Il ciclo di riproduzione è molto lento rispetto ad APV di conseguenza prolifera solo in condizioni di bassa infestazione da varroa. A seconda della proliferazione del virus si possono avere danni alle ali o pupe che muoiono prima di sfarfallare. Possono anche nascere api con deformazioni e dmensioni inferiori alla norma la cui aspettativa di vita è drasticamente ridotta.

Data: Thu, 22 Feb 2001
L'importanza del passaggio della varroa dalla covata a quella da operaia sulla mortalità invernale e post invernale delle famiglie di api
Roger Hoopinganer- Bollettino Michigan State University

Una delle maggiori cause delle perdite invernali dall'avvento della varroa è da attribuire al passaggio stagionale dell'acaro dalla covata da fuco a quella di operaia. Questo passaggio avviene quando la famiglia smette di allevare i fuchi, alla fine dell'estate.
Quando avviene, molte pupe di operaia vengono utilizzate dalla varroa come fonte di nutrimento. E' ben noto come questo "salasso" accorci la vita delle api di almeno un terzo.
Le perdite invernali dipenderanno anche dal numero di api nate in autunno,debilitate durante il loro sviluppo larvale. Il passaggio dalla covata da fuco a quella di operaia avviene, fra l'altro, proprio nel momento in cui la popolazione di varroa è molto vicina al suo massimo e la famiglia di api comincia a produrre le cosidette api invernali.
Potrà dunque succedere che il gran numero di varroe nate sull'ultima covata da fuco si trasferisca massicciamente sulla covata da operaia per un ciclo di covata ( o due nei casi di trattamenti particolarmente tardivi ) . Molte di queste api, con aspettativa di vita ridotta di un terzo, moriranno dunque prima della fine del'inverno, provocando una drastica diminuzione della popolazione di api dell'alveare che potrà mettere in serio pericolo il positivo prosieguo dell'invernamento.
Ad esempio, se un quarto delle api invernali risultano debilitate e vivono solo fino ai primi di gennaio ( che è un periodo in cui la famiglia ha senz'altro bisogno di popolazione numerosa ) si avrà in conseguenza di quesa perdita una riduzione della dimensione del glomere e di conseguenza una limitazione della capacità di iniziare l'allevamento di covata.
Certo normalmente le famiglia di api cominciano a rimpiazzare le api invernali in pieno inverno, ma può essere che in questa particolare situazione di riduzione della popolazione non siano abbastanza numerose per effettuarel'allevamento di covata in maniera adeguata.Se questo allevamento ( rinnovamento ) non è sufficente , la famiglia, sempre che non lo sia già, soccomberà in primavera.
Per evitare tutto ciò, è ovvio che bisogna portare la famiglia ad un basso numero di acari prima che avvenga il trasferimento delle varroe dalla covata di fuco a quella di operaia, in maniera da avere, una percentuale molto bassa di api invernali con aspettativa di vita ridotta.
Data: Sun, 25 Feb 2001
I favi dell'alveare come mezzo di comunicazione
Prof Jurgen Stutz Università di Wurzburg Adiz 6-97

Le vibrazioni prodotte da un'ape che danza possono essere amplificate dalla struttura dei favi e diventare udibili ad un gran numero di api? Alcuni studi sembrano dimostrare che le vibrazioni della danza di un'ape risultano particolarmente bene sulle celle vuote. Per dare nuove risposte sulle modalità di comucazione delle api, l'equipe del centro di ricerche sociobiologiche dell'Università di Wurzburg ha messo in opera una semplice serie di misurazioni delle vibrazioni dei favi mediante laser.
Ne è risultato che i favi sono un meccanismo di comunicazione altamente complesso. La rete di celle produce una serie dimicroscopiche microonde che tendono a rimbalzare in tutto il nido.Si è allora provveduto a verificare il comportamento di onde sinusoidali di diverse frequenze attraverso i favi per verificare quali frequenze circolino meglio all'interno dell'alveare.
Ne è risultato che le frequenze coosciute come tipiche dell'alveare sono anche quelle che in esso circolano nel migliore dei modi.Un forte influsso sulla circolazione delle due frequenze principali ( 15 e 260 HZ) è esercitato dalla temperatura dei favi. Il riempimento e l'opercolazione delle celle tende a rallentare non poco la propagazione di queste onde. Tenendo conto delle differenze che esistono tra le condizioni naturali degli sciami e quelle proposte dall'apicoltore, i ricercatori hanno concluso che nelle condizioni di cattività la capacità "dialettica" delle api risulta menomata.

Data: Mon, 26 Feb 2001
Re: [aol-mondoapi] ossalico!
>Egregio Sig. Berardi
Essendo presente tra i prodotti da me commercializzati l'Ipereat , che contiene acido ossalico , mi sento in dovere di darle una risposta. Lo studio dell'utilizzo di acido ossalico in apicoltura, per contenere la varroa , è cominciato in Russia non meno di dieci anni fa. Numerose ricerche sono poi state svolte in Germania.
Dalla letteratura è stato da subito ben noto che l'acido ossalico non è privo di tossicità per le api, anzi.......
Per questo motivo il Dr Liebig dell'Università di Stoccarda ha sempre detto di non effettuare più di un trattamento sulle stesse api (da inizio autunno a primavera le api rimangono forzatamente le stesse in molte zone;da primavera inoltrata il ricambio è relativamente più veloce )
Per lo stesso motivo il Dr Ritter dello zooprofilattico di Friburgo ne ha sempre consigliato l'uso alla concentrazione del 2,8%.in peso
La soluzione da lei utilizzata( 100 gr di AO su 1500 gr di soluzione ) ha una concentrazione del 6,67% in peso.
L'ossalico è dannoso per le api quando utilizzato a concentrazioni eccessive e con trattamenti ripetuti sulle stesse api.Non vi è un effetto di tossicità acuta evidentissimo, ma la diminuzione di aspettativa di vita è estremamente significativa.
Rimarrebbe però anche da sapere se i trattamenti ( anche quelli precedenti l' ossalico ) sono stati tardivi. Se cioè le famiglie avevano un carico tale di varroa per cui non vi è stata sufficente deposizione di api invernali e quante di quelle nate avevano un'aspettativa di vita ridotta.
Due parole anche sul fatto che Ipereat ( così come analoghe soluzioni di ossalico ) non funzioni ( da altra mail ) . Se lo si utilizza in presenza di covata ( covata regolare, lontano da diapause invernali ) si ha che almeno il 60/65% delle varroe e " chiuso " nelle cellette e solo il 35/40% è sulle api adulte, disponibile per essere eliminato. L'efficacia di questo trattamento potrà perciò essere al massimo del 35/40%. A voler proprio esagerare del 50%. Dopo 20 /30 giorni la popolazione di varroa sarà di nuovo ai livelli presenti immediatamente prima del trattamento ( ma senza intervento sarebbe stata del doppio ) .Non ci si può aspettare da un simile intervento che porti a zero la presenza di varroa
Lo spirito di questo utilizzo può essere solo quello di tamponare per arrivare ad una certa data con un livello di presenza di acari decente. Tale da non minare alle radici la nascita delle api invernali e anche tale da far sì che il prodotto utilizzato per il trattamento tardo estivo abbia efficacia decente ( tutti i prodotti sono in percentuale un po' meno efficaci con quantità di varroe molto alte e un po' più efficaci con quantità di varroe medie )
Si potrebbe perciò affermare che la capacità di analisi dell' utilizzatore ha funzionato anche meno dell'Ipereat.
Tuttavia si può anche scegliere di andare ad intervenire solo quando le api sono molto vicine al collasso e poi dire che niente è efficace e che le colpe sono sempre e solo dei prodotti utilizzati. Capire cosa si stà facendo è del tutto un'opzione .Anche questo è un modo di vedere le cose.....Invece sarebbe importante capire quali sono i limiti dei prodotti, perchè ognuno ha i propri, per utilizzarli al meglio e trarne i migliori risultati.

Savorelli Gianni ditta prodotti per apicoltura Ravenna
> Desolazione! tristezza! amarezza! No non stò lamentandomi. Sto proprio
>imprecando contro me stesso per sapere dove ho commesso errori. Oggi sono
>tornato ai miei "ex" popoli per eseguire il 3° trattamento con l'ossalico
>(100gr x 400 x1000) rispettivamente Acido Ossalico Zucchero e acqua, bene
>come avevo riscontrato nel trattamento di Novembe ho trovato le cassette
>spopolate e impoverite. Ora mi & vi chiedo ma l'Ossalico è utile o dannoso
>per le api? Ci sono particolari accorgimenti da usare che io tralascio o
>sono solo sfortunato!! Durante la visita sono stato accompagnato dal mio
>"Maestro" che sembrava incredulo e stupito per quanto successo io anche
>inc......issimo!!! datemi qualche "consolazione". Franco Berardi Pescara
>Grazie amici!

Data: Tue, 27 Feb 2001

Variazioni invernali negli alveari
Toscano -Harriet Uruguay da Vida Apicola n° 63

L'invernamento delle colonie è uno degli elementi fondamentali per impostare una buona produzione nella stagione successiva.Numerosi fattori possono influenzare il modo in cui gli alveari sopravvivono all'inverno e la condizione della colonia all'uscita dell'inverno.
In questa ricerca si è voluto studiare l'influenza della riduzione invernale della porta di volo e quella di un 'uscita supplementare sulla parte posteriore dell'arnia.
Free e Butler, citati da Jhonson ( 79) affermano che ad una temperatura ambiente di 10°C le api presentano il consumo minimo di alimento e matabolismo basale.
A temperature più basse il consumo aumenta in proporzione alla diminuzione della temperatura.
Per quello che riguarda la dislocazione della covata invernale, Budel afferma che due sono i fattori che ne influenzano la posizione:
* è generalmente preferita la parte vicina all'aperura di volo
* la vicinanza della parete più calda ha come effetto una minor perdita di calore
Il calore generato dalle api si diffonde all'interno dell'alveare coi meccanismi di trasmissine tipici del calore.
Bisogna tenere conto che il microambiente alveare contiene elementi accumulatori come miele, cera, legno, che attuando un effetto Buffer ritarda gli effetti della trasmissione termica.
Questi meccanismi sono :
Conduzione E' il passaggio diretto del calore da una molecola all'altra adiacente. Il passaggio dipende dalla concentrazione molecolare.
I materiali hanno dunque diversa conducibilità del calore ( compreso quelli vivi come la covata )
Convezione naturale
E' il movimento dell'aria calda che si alza essendo meno densa. L'aria fredda prende in basso il posto dell'aria calda
Convezione forzata
Motivata da differenze di pressione dell'aria o del vento. Il vento forza l'aria dall'apertura di volo dell'alveare provocando un rinnovamento dell'aria interna.
Radiazione
E' la trasmissione del calore sotto forma di onde elettromagnetiche che si liberano da atomi e molecole eccitate
Tra i meccanismi citati, all'interno dell'alveare prevale la conduzione , regolata dal grado di coesione del glomere e la convezione naturale. La convezione forzata avviene proporzionalmente all'entrata di aria dalla porticina di volo e oltre alla temperatura ha effetto anche sulla regolazione dell'umidità.
L'umidità è per l 'appunto l'altro fattore strategico per il buon superamento dell'inverno.
Secondo Budel (68) la distribuzione dell'umidità relativa ha una regola: nella zona più calda dell'alveare l'aria è più secca.In quella più fredda l'aria è più umida.
Le api cercano di tappare tutti i buchi presenti nell'arnia allo scopo di evitare possibili alterazioni termiche . Si è perciò voluto verificare qualitativamente l'effetto della presenza di un pertugio artificiale. Dalle prove effettuate a temperature tra 3 e 15°C si è visto che la presenza di un riduttore della porta di volo non presenta effetti sulla temperatura del nido nè su quella che si può misurare sopra esso. Ciò a causa della scarsa circolazione di aria che avviene attraverso l'apertura di volo.Non sono però stati considerati gli effetti del vento. La presenza di un foro anche sulla parte posteriore porta invece ad una circolazione d'aria che raffredda non poco il glomere.
----------------------------------------------------------------------
Savorelli Gianni