«IL SACCHEGGIO È UN LAVORO PER API INFETTE E CON BASSA ASPETTATIVA DI VITA»

Traduzione di Luca Tufano.
K. Kuszewska e M. Woyciechowski – tratto da «Apidologie» 28 gennaio 2014

Abstract - Ricercatori scientifici di ambiti differenti sono interessati a comprendere ciò che determina l’assunzione di rischi (nel mondo animale). Gli insetti sociali sono un eccellente modello per esaminare questo aspetto. Alcune api da miele (Apis mellifera) non bottinano su fonti nettarifere e pollinifere, anzi, esse accettano un approvvigionamento estremamente rischioso saccheggiando miele da altri alveari. In questa ricerca dimostriamo che le operaie saccheggiatrici vivono una vita più corta delle bottinatrici nelle medesime condizioni (ambientali e non). Inoltre le saccheggiatrici risultano maggiormente e pesantemente infette dal parassita intestinale N. ceranae. Queste considerazioni supportano alcune teorie e supposizioni scientifiche secondo le quali i compiti rischiosi sarebbero assunti da individui con corta aspettativa di vita.

1 – Introduzione (Traduzione):
I fattori che incidono sull’assunzione di rischi sono fonte di interesse in molti campi di studio. Economisti e psicologi incentrano i loro studi nel rivelare i meccanismi dell’assunzione di rischio e le conseguenze di queste scelte (Sanfey et al. 2003; Paulus 2007; Lawrence et al. 2008). I biologi evoluzionisti, dal canto loro, vogliono comprendere come gli animali massimizzino la loro «fitness» in conseguenza di compiti che comportano un rischio, con la prospettiva di ottenere diversi benefici (Kacelnik and Bateson 1997). Gli insetti sociali ci forniscono un eccellente modello relativamente ai compiti che comportano un rischio per l’individuo, ed inoltre le decisioni delle operaie sono dipendenti dal comportamento degli altri membri del gruppo, riflettendosi queste decisioni sulla produttività della colonia, così che possano essere fonte di beneficio o danno alla «fitness della collettività». Svariate comunità di insetti possiedono una divisione dei compiti per età: i giovani adulti eseguono compiti «sicuri» all’interno del nido, mentre in seguito assumono compiti che comportano un rischio al di fuori del nido (Winston 1987; Schmid-Hempel and Schmid-Hempel 1984; Visscher and Dukas 1997). I compiti rischiosi assunti dagli insetti non si limitano solo ad una scelta nello svolgere compiti all’interno o all’esterno del nido.
A tale proposito, compiti eseguiti da operaie fuori dal nido possono avere diversi livelli di rischio. Le foraggiatrici di alcune specie di formiche (Cataglyphis sp.), ad esempio, sono al sicuro quando si trovano all’esterno del nido in ottime condizioni di temperatura rispetto a quelle sottoposte ad uno stress termico (Cedrà and Retana 2000; Clémente t al. 2010). Tra le api bottinatrici (specie Apis mellifera) quelle che raccolgono acqua, ad esempio, assumono compiti più rischiosi rispetto a quelle che raccolgono nettare (Woyciechowski 2007), e quelle che bottinano in condizioni metereologiche inclementi sono più a rischio di quelle che operano in condizioni di bel tempo (Woyciechowski and Zozlowski 1998). Il saccheggio delle provviste stoccate in nidi di colonie estranee è un compito associato ad un alto livello di rischio. Gli individui che assumono la mansione di saccheggiatrici sono soggetti all’attacco delle guardiane e possono riportare dei danni alle ali o possono essere anche uccise durante la loro missione (Free 1954; Winston 1987). Numerosi fattori influenzano il passaggio delle operaie attraverso gli «stadi» rappresentati dai compiti svolti all’interno dell’alveare sino a quelli esterni. E’ ben noto che la fase d’esordio delle bottinatrici è relazionata al genotipo delle operaie (Page et al. 2000), nonché ai livelli di ormone giovanile nell’emolinfa (Pankiw 2004), alla demografia della colonia (Robinson 1992), e a componenti ambientali (Robinson 1992; Gordon 1996).Basandosi in modo simile sulle considerazioni suggerite dallo studio relativo alla «divisione del lavoro determinato dalla divisione dei livelli di rischio» (Woyciechowski and Kozlowski 1998), la decisione di ogni singolo individuo nell’assunzione di un determinato compito all’interno di una colonia deriva dalla divisione del rischio tra operaie che hanno una differente aspettativa di vita: individui con una lunga aspettativa di vita, vale a dire giovani e/o sani, assumeranno compiti aventi un basso rischio mentre gli individui più anziani e/o malati si assumeranno rischi maggiori. Esistono dati sperimentali che mostrano come vi sia una relazione tra l’aspettativa di vita delle operaie e il loro esordio nell’attività di bottinamento. Come già anticipato, operaie con una lunga aspettativa di vita iniziano la loro pericolosa attività di bottinamento più tardi di quanto non facciano operaie della stessa età aventi una minore aspettativa di vita.
Ciò è stato osservato anche nelle formiche, Myrmica scabrinodis (Moro net al. 2008) e nelle api (Woyciechowski and Moron 2009). Il contrario è stato confermato in uno studio sulla reversione comportamentale nelle colonie d’api: bottinatrici con una aspettativa di vita breve tornano ad assolvere compiti all’interno del nido meno frequentemente delle operaie aventi una stessa età ma con maggiore aspettativa di vita (Kuszewska and Woyciechowski 2013). In altro recente studio, condotto sulle raccoglitrici di M. scabrinodis, mostra come le operaie aventi un’aspettativa di vita più corta si impegnino in attività di raccolta ad alto contenuto di rischio (lontane dal nido, alta temperatura, presenza di competori) rispetto a quelle aventi una maggiore aspettativa di vita (Moro net al. 2012). In tutti gli studi citati che testano la «divisione del lavoro rispetto alla divisione del rischio», l’aspettativa di vita degli individui è stata artificialmente manipolata. Si sa perciò poco riguardo ai compiti rischiosi in relazione con l’ambiente naturale e di quanto essi incidano direttamente sull’aspettativa di vita delle api operaie in condizioni di campo.
Nel nostro studio [la sperimentazione è stata condotta in condizioni di campo e non di laboratorio N.d.T.] vengono comparate l’aspettativa di vita ed i livelli di infezione causati dal parassita intestinale sporigeno Nosema tra operaie di A. mellifera che assolvono compiti fuori dal nido classificati rispetto ai differenti livelli di rischio: bottinatrici di fonti nettarifere e polline (basso rischio), saccheggiatrici (alto rischio). Ci aspettiamo che le saccheggiatrici abbiano una bassa aspettativa di vita e che siano maggiormente infette con un alto numero di spore rispetto alle api che bottinano nettare e polline.

2- Metodo e Risultati (Sintesi):
La ricerca è stata condotta tra il 4 e l’8 settembre [2013 N.d.T.] utilizzando 16 colonie d’api da miele (A.m.carnica) in un apiario sperimentale dell’Istituto di Scienze Ambientali di Cracovia (Polonia meridionale). Tutte le colonie sono state preventivamente ispezionate e non rivelavano sintomi di infezione da Nosema. L’esperimento è stato condotto in un periodo dell’anno in cui si assiste frequentemente al fenomeno del saccheggio. Bottinatrici e saccheggiatrici sono state prelevate nel primo pomeriggio: la api che hanno raccolto polline o nettare a non più di 50 m. dall’apiario sono state classificate come bottinatrici, mentre bottinatrici che hanno presentato il caratteristico ondeggiamento di volo tipico del saccheggio (Free 1954) ed hanno cercato di entrare in alveari estranei attraverso l’ingresso principale (Muszynska 1993) sono state classificate come saccheggiatrici. I due differenti gruppi di api così raccolte sono state contrassegnate con colori differenti e inserite in appositi contenitori separati (15 × 14 × 6 cm, in legno, vetro su un lato e griglia metallica dall’altra). Le api sono state mantenute ad una temperatura di 36° C e 60% di umidità, provviste di sciroppo di saccarosio ad libitum. Le celle d’osservazione sono state controllate ogni giorno e le api morte contate e rimosse. Sono state così raccolte separatamente 60 bottinatrici e 70 saccheggiatrici, immediatamente congelate e poi sezionate al fine di rilevare e contare la spore di Nosema presenti nei loro intestini. 53 bottinatrici su 60 (88%) sono risultate infette da Nosema, mentre tra le saccheggiatrici avevamo 69 api infette su 70 esaminate (98,5%). Vi era inoltre una presenza più significativa di spore di Nosema nell’intestino delle saccheggiatrici (mediamente 4.080×105) contro la quantità delle bottinatrici (0.169×105).

3 - Discussione (Traduzione):
In questo studio, abbiamo dimostrato che operaie saccheggiatrici – che assumono pertanto un compito a rischio elevato - vivono più brevemente che le bottinatrice di polline e nettare. Questi risultati sono in linea con le acquisizioni della ricerca «divisione del lavoro conseguente alla divisione del rischio» (Woyciechowski and Kozlowski 1998) e suggeriscono fortemente che gli individui con una minore aspettativa di vita assumano compiti di rischio che non vengono svolti da operai con maggiore aspettativa di api (Tofilski 2009). Per gli insetti eusociali, è una regola che le operaie giovani adempiano compiti sicuri all’interno del nido, e in accordo con ciò che sappiamo, ci sono solo due eccezioni in natura, una relativa ad una specie di termite (Zootermopsis angusticollis) e un’altra relativa ad una specie di formica (Amblyopone pallides), come emerge dallo studio di Traniello e Rosengaus (1997). Ci sono anche esempi di compiti ripartiti in differenti sottocompiti che si differenziano per il livello di rischio. Nelle api da miele, il nettare è raccolto da bottinatrici sottoposte a condizioni pericolose, ma viene stoccato successivamente nei favi da api collocate all’interno del nido e più giovani, quindi in migliori condizioni di sicurezza. Un altro esempio ci deriva dalla formica tagliatrice di foglie, la Atta cephalotes: le giovani operaie di questa specie rimuovono la sporcizia da funghi di campo e stoccano in appositi siti il proprio raccolto che verrà gestito da operaie anziane, che assolvono così l’ultimo compito previsto per questa specie. Queste operaie anziane non sopravvivono mai a queste operazioni (Bot et al. 2001). Le operaie che operano in questi siti di deposito di sporcizia sono esposte a potenziali patogeni provenienti da materiali di scarto e normalmente vivono solo pochi giorni dopo aver iniziato questa mansione (Hart and Ratnieks 2001). Entrambi questi esempi di ripartizione delle mansioni mostrano la corrispondenza tra l’aspettativa di vita e i rischi implicati nell’assunzione di un compito. I nostri dati dimostrano che nel caso delle api da miele le saccheggiatrici non solo hanno un’aspettativa di vita inferiore ma sono anche più frequentemente infette da spore di Nosema di quanto lo siano le bottinatrici di miele e polline. Questo risultato conferma una volta di più le nostre supposizioni a partire dai precedenti studi che hanno mostrato come individui infetti da Nosema apis abbiano una minore durata della vita (Woyciechowski and Moron 2009), tanto più rilevante rispetto a bottinatrici in buona salute che raccolgono nettare in periodi non favorevoli da punto di vista climatico (Woyciechowski and Kozlowski 1998). Alti livelli di infezione di Nosema apis sono sempre associati all’età delle operaie (Malone and Giacon 1996).
Le bottinatrici generalmente sono più pesantemente infette rispetto alle giovani api (Smart and Sheppard 2012), un dato quest’ultimo attribuibile alla loro lunga esposizione ai parassiti (El-Shemy and Pickard 1989) o ai 6 giorni del ciclo di sviluppo del Nosema, periodo relativamente lungo in relazione alla vita delle operaie (Fries 1988). Wang e Muller nel 1970 spiegarono anch’essi che l’infezione da Nosema nelle api operaie più anziane fosse fisiologica rispetto ad api della stessa età ma in salute e che quindi intraprendono attività al di fuori del nido anzitempo (Woyciecchowski and Moron 2009; Goblirsch et al. 2013). Ciò comporta un’assenza di riguardo rispetto alla propria sopravvivenza, per effetto di età o malattia, e per questo le saccheggiatrici hanno un’aspettativa di vita più corta e manifestano una propensione ad assumere mansioni che implicano un’elevata soglia di rischio. La soglia di mortalità fuori dal nido è più alta rispetto rispetto a quella all’interna del nido, ciò è dovuto non solo ad un’esposizione a rischi esterni (cioè predatori, disorientamento ed accidenti vari) ma anche dall’esaurimento delle proprie risorse interne (Neukirch 1982; Woyciechowski 2007). Le operaie hanno una riserva limitata di energia nei loro muscoli preposti al volo e quando essi vengono sovrautilizzati le api non possono tornare alla colonia, condizione che determina la loro morte (Neukirch 1982; Page and Peng 2001). Rueppell et al. (2007) mostrarono che l’esaurimento delle risorse interne ha un grande impatto sella longevità delle api, paragonabile a quello rappresentato da pericoli esterni, e per tale ragione operaie che raccolgono per lunghi periodi hanno una vita più breve che quelle con un limitato periodo di bottinamento. Nel corso della nostra ricerca, abbiamo comparato due gruppi di api in condizioni di campo che eseguono compiti rispettivamente ad alto e basso livello di rischio. Non abbiamo motivo di sospettare che saccheggiatrici e bottinatrici differiscano in lunghezza del periodo di volo ed esaurimento delle proprie risorse interne. Le nostre principali conclusioni non cambiano l’idea che la disponibilità di risorse energetiche incida sulla decisione di intraprendere un’attività di raccolta da parte delle operaie (Mayack and Naug 2011). Il Nosema impone uno stress alle api, le quali dimostrano un elevato appetito (Mayack and Naug 2011). Kaatz et al. (1994) mostrarono che le operaie morte di fame possedevano un alto livello d’ormone giovanile, mentre Alaux et al (2010) suggerivano che lo stress associato alla malnutrizione probabilmente è una delle cause di immunodeficienza nelle colonie d’api. Le operaie più anziane sono più sensibili rispetto alle più giovani allo stress dovuto alla malnutrizione, la quale causa un aumento della mortalità (Remolina et al. 2007).
Questi esempi avvalorano l’idea che l’ammanco energetico sia una causa della minore aspettativa di vita, il che spiegherebbe perché le operaie si organizzino assegnandosi compiti con minore o maggiore possibilità di rischio. Ulteriori considerazioni sono inoltre possibili sui nostri risultati. Una di queste è che le saccheggiatrici siano maggiormente esposte all’infezione di Nosema delle comuni bottinatrici se esse rubano miele da una colonia pesantemente infetta (Fries and Camazine 2001). Un alto livello di infezione produce tracce diarroiche di color giallo o giallo-marrone all’interno del nido. Nelle colonie in cui l’infezione di N. apis è blanda, se un qualsiasi escremento viene abbandonato sul favo, questo viene rimosso dalle operaie, cosicché la possibilità di infezione sulle saccheggiatrici è molto basso. Nessuna colonia nel nostro apiario sperimentale aveva livelli elevati di infezione nel corso della sperimentazione (vale a dire nessun escremento diarroico era visibile sui telai), ragione per cui siamo orientati ad escludere una trasmissione orizzontale del parassita alle nostre saccheggiatrici. Per questo è ragionevole concludere che l’infezione da Nosema – il quale è causa della minor aspettativa di vita nelle operaie – è meglio spiegabile come una causa piuttosto che una conseguenza del saccheggio. Abbiamo anche osservato che le saccheggiatrici hanno immediatamente riportato alcuni danni durante il combattimento nel corso del saccheggio, e ciò potrebbe avere influenzato la longevità nel nostro campione sperimentale. E’ difficile da distinguere pertanto se sia la longevità a determinare il tipo di compito assolto o viceversa se sia il compito assolto a determinare la longevità. Ci sono numerose ricerche che mostrano che entrambi queste ipotesi sono possibili e nessuna delle due può escludere l’altra (Neukirch 1982; Amdam and Omholt 2002; Rueppel et al. 2007). Tuttavia, in accordo con le nostre osservazioni, le saccheggiatrici possono essere punte e morire immediatamente o possono soffrire per la distruzione delle proprie ali, condizioni queste che non avrebbero un impatto sulla loro aspettativa di vita se non assumessero una mansione ad alto livello di rischio. Pertanto noi crediamo che i nostri risultati mettano in luce chiaramente che una prevalenza ed un’abbondanza di spore di Nosema in saccheggiatrici è causa della loro elevata mortalità rispetto alle bottinatrici. Una spiegazione alternativa è che la tendenza delle operaie infette al saccheggio possa essere indotta dal Nosema che ne modifica l’attitudine comportamentale (induzione al saccheggio). Tutto ciò potrebbe rappresentare una possibilità di aumento di trasmissione orizzontale del Nosema. I parassiti hanno dimostrato di influire sul comportamento dei propri ospiti. Le operaie infette da Nosema ceranae tendono a rimanere in posizioni nelle quali la temperatura è elevata (Campbell et al. 2010), ma questa condizione aumenta le capacità di replicazione del parassita (Martin-Hernandez et al. 2009). Operaie infette da Varroa destructor o Nosema hanno una ridotta capacità di orientamento (Kralj and Fuchs 2006; Kralj and Fuchs 2010), comportamento che aumenta la possibilità di infettare altre api appartenenti ad altre colonie [ il disorientamento delle operaie favorirebbe la deriva N.d.T.]. Come evidenziato da questi autori, tuttavia, tale comportamento in individui infetti probabilmente è il risultante di una reazione complessiva dovuta alla presenza di più parassiti. Se il parassita avesse infatti alterato in modo esclusivo il comportamento delle operaie nel nostro studio, avremmo dovuto assistere ad un saccheggio protratto per tutto il corso della stagione, così come quando in estate si ha un’impennata dell’infezione (Mattila and Otis 2006). Il saccheggio fu invece osservato quasi esclusivamente sul finire dell’estate quando le risorse non erano facilmente reperibili sul campo (Free 1954; Winston 1987) . Si può ragionevolmente concludere che il parassita non possa aver condizionato il comportamento dell’ospite solo in questa parte della stagione, quando le risorse di cibo dell’ospite sono finite. La migliore e più probabile spiegazione è semplicemente che le api tendano al saccheggio quando il polline e il nettare sono poco disponibili. Un’ulteriore ipotesi è che le operaie maggiormente infette abbiano intrapreso la strada di un «suicidio altruistico» in ragione del fatto che la loro presenza è un danno rispetto ai membri della colonia natia.
Tale comportamento è stato osservato nelle formiche Temnothorax unifasciatus (Heinze and Walter 2010) e queste ricerche sono state utilizzate per spiegare i dati sperimentali raccolti da Rueppell e colleghi (2010) riguardo le api da miele. In entrambi questi studi le operaie moribonde si muovevano autonomamente abbandonando il nido e il loro ruolo sociale, lasciando completamente o quasi tutte le loro relazioni attive e passive con le consorelle. Le saccheggiatrici agiscono complessivamente secondo una modalità: sottraggono il miele entrando in un’altra colonia, ingurgitano una quantità di miele e tornano alla colonia natia dove poi opereranno un reclutamento tra altre operaie saccheggiatrici (Winston 1987; Moritz and Neumann 2004). Un contatto attivo quale quello operato da parte del gruppo delle saccheggiatrici con i membri di entrambe le comunità [ la colonia natia e quella saccheggiata N.d.T.] non può essere associato ad un suicidio altruistico ma risulta piuttosto dovuto all’azione del parassita discussa più sopra.
I nostri risultati avvalorano la supposizione che i compiti, o meglio i rischi associati ai diversi compiti, vengano suddivisi tra i membri di una colonia in base alla loro aspettativa di vita. Uno dei compiti a più elevato livello di rischio ( il saccheggio) è svolto da un ridotto numero di membri della colonia: le vecchie e/o malate operaie. Pertanto, si può supporre che nelle operaie la differenziazione associata a differenti aspettative di vita e compiti che a loro volta hanno differenti livelli di rischio siano fattori essenziali per l’evoluzione e la divisione del lavoro fra le api da miele e probabilmente in tutti gli insetti eusociali.