Il controllo biologico della tarma della cera


La tarma della cera? Una farfalla notturna le cui larve si alimentano dei favi e di ciò che contengono. Un tempo era considerata un vero e proprio flagello dell’alveare, in realtà, determina seri danni quando gli alveari sono troppo deboli o malati. Ma attenzione, ciò non toglie che la sua presenza sia pericolosissima nei favi immagazzinati e perciò va combattuta. La sperimentazione in questione ci fa conoscere meglio il fenomeno


INTRODUZIONE
La tarma della cera, Galleria mellonella (foto 1 e 2), è una delle tante avversità con cui devono confrontarsi gli apicoltori, soprattutto in quelle aree dove le temperature invernali non determinano il rallentamento del suo ciclo biologico. Questo parassita è ubiquitario e convive negli alveari senza determinare danni significativi se non quando la famiglia è composta da un numero esiguo di api.
In carenza di soggetti che si occupano della pulizia dei favi, le uova deposte dalla Tarma schiudono e danno origine a giovani larve che trovano nella cera, nel polline e nei residui della covata, il nutrimento necessario per il loro sviluppo.
Solo le temperature al di sotto dei 10- 13 °C rallentano in modo evidente il ciclo biologico, il quale torna ad essere rapido non appena le condizioni ambientali divengono favorevoli.
La lotta a questo Lepidottero è condotta con trattamenti a base di anidride solforosa o di insetticidi, determinando danni ai materiali, rischi di contaminazione dei prodotti e di possibile intossicazione per l’operatore.
Considerando il valore economico che i telaini con favo assumono per l’apicoltore, risulta di estrema importanza una loro adeguata e duratura protezione nel periodo di immagazzinamento. Per questo motivo si è ritenuto opportuno effettuare una prova di confronto applicando anidride solforosa, normalmente utilizzata dagli apicoltori nel controllo di G. mellonella, e un insetticida microbiologico, allo scopo di valutare la validità dei trattamenti attraverso una stima visiva di efficacia.

MATERIALI E METODI
La sperimentazione è stata condotta presso il Centro Sperimentale per l’Innovazione Zootecnica (Ce.S.I.ZOO) dell’Università degli Studi di Milano, a Cornaredo (MI), in un locale seminterrato, caratterizzato da un alto tenore di umidità (75%-85% UR) e di temperatura (23° C), pressoché costante. Condizioni ottimali per favorire la schiusura delle uova e lo sviluppo larvale della tarma della cera (foto 3). Sono stati utilizzati 30 melari da 8 favi, suddivisi in 3 tesi da 10 melari ciascuna.
Il materiale è stato stoccato in un laboratorio di smielatura per un periodo di 40 giorni dall’estrazione del miele di acacia, allo scopo di permettere la schiusura delle uova di Galleria naturalmente presenti sui favi.
Successivamente si è proceduto alla classificazione e numerazione di ogni singolo telaio (foto 4).
I trattamenti hanno avuto inizio il giorno 11 luglio 2005 e le 3 tesi hanno visto l’utilizzo di:



Terminati i trattamenti, i melari sono stati ricoverati nell’ambiente già descritto, in presenza di 3 arnie con favi da nido contenenti Galleria allo stadio di larve mature, crisalidi e adulti (foto 6 ), allo scopo di reinfestare il materiale e valutare l’effetto dei trattamenti nel tempo.
I controlli sono stati eseguiti all’inizio della sperimentazione e dopo 1, 2 e 7 settimane, effettuando una stima esclusivamente visiva dei telai distinguendoli in quattro classi:


RISULTATI
Per quanto riguarda la Tesi A, osservando nel dettaglio l’andamento dell’infestazione, si è notato come, dopo un primo rallentamento dell’attività dovuto all’effetto abbattente dell’anidride solforosa, ci sia stata successivamente una ripresa del danno che ha portato, nell’ultimo controllo, alla compromissione del 3% dei favi. Quelli integri sono passati dal 73% all’inizio della prova, al 21% (grafici 1-2) alla fine della sperimentazione.
Nella Tesi B, dove si è utilizzato il prodotto a base di B. thuringiensis, si può notare come (grafici 3-4), anche nella fase finale, cioè dopo 7 settimane dal trattamento, la compromissione totale dei favi sia rimasta a livello zero, mentre ben il 56% non presentava alcun tipo di attività trofica.
Il controllo (Tesi C) ha visto il 18% dei favi completamente compromessi, mentre solo l’1% è rimasto integro (grafici 5-6 ). Per avere una più chiara visione dell’efficacia dei trattamenti, nella tabella seguente si è voluto mettere in evidenza la possibilità o meno di riutilizzo dei telaini.
Nella prima riga si sono accorpate le prime tre classi: quella riguardante i telaini integri e le due con danno di entità diversa, ma che non arriva a pregiudicare il riutilizzo degli stessi; nella seconda è riportata la percentuale di telaini definitivamente compromessi.



CONCLUSIONI
Osservando l’evoluzione dei danni nel tempo, si possono desumere utili indicazioni: nella Tesi A (trattamento con anidride solforosa) e, ancor di più nel controllo (Tesi C), l’infestazione, e quindi i danni conseguenti, hanno continuato a progredire e sicuramente, se la prova si fosse protratta oltre le 7 settimane, i telaini completamente compromessi avrebbero raggiunto livelli molto più elevati.
Nel caso della Tesi B (trattamento con B. thuringiensis) si è assistito alla morte delle larve neonate che, dopo aver iniziato a provocare una lieve rosura, hanno cessato di alimentarsi determinando un danno ininfluente sulla possibilità di riutilizzo dei telaini.
(<---vedi tabella )
Ricordando che la sperimentazione è stata condotta cercando di creare il più possibile le condizioni ottimali di sviluppo della Galleria naturalmente presente sui favi, e fornendo la possibilità di successiva reinfestazione, si può senz’altro ipotizzare come un uso tempestivo del prodotto, ad esempio dopo la pulizia dei melari da parte delle api e prima del loro stoccaggio in magazzino, possa offrire una protezione totale nei riguardi dell’attacco di G. mellonella nel tempo.
In conclusione si può affermare, nonostante l’empiricità e i conseguenti limiti scientifici di questa prova, come questo prodotto a base di B. thuringiensis abbia una effettiva attività di contrasto sullo sviluppo di G. mellonella e come possa fornire un supporto efficace all’apicoltore nella protezione dei favi immagazzinati.



Mauro Veca
Tecnico apistico Istituto di Entomologia agraria, Università degli Studi di Milano