La lotta microbiologica alla tarma della cera


Con il batterio Bacillus thuringiensis un'oppurtunità semplice e biologica per salvaguardare i favi dei nostri alveari.

La tarma della cera era ritenuta, fino a poco tempo fa, un terribile antagonista dell'ape, capace di distruggere gli alveari. Oggi è percepita quale nemico di pericolosità ridimensionata e d’indubbia utilità in caso di morte della famiglia d’api, causata da forme patologiche contagiose.
Nei nostri climi, la tarma della cera è ben contenuta dalle api e dai suoi nemici naturali: non causa, e non può provocare, danni seri negli alveari, se non quando questi sono tro p p o deboli o ammalati. In tal caso l’infestazione di tarma può soltanto contribuire ad accelerare l'estinzione della famiglia esplicando un’utile funzione di pulizia.

<--Larva di
Galleria
mellonella
<--Lepidottero
adulto


Problematiche nella conservazione dei favi
La presenza della camola crea senza dubbio non pochi problemi per la conservazione dei favi immagazzinati. Per quanto riguarda i favi da melario, la pratica migliore e s e m p re più diffusa nell’apicoltura italiana è di utilizzare solo favi totalmente esenti da esuvie, grazie all’uso dell’escludiregina o con lo scioglimento di tutti i favi scuriti a fine stagione produttiva.
Qualora, invece, si scelga di utilizzare nei melari anche favi ove si sia verificata deposizione da parte della regina e se il magazzino di stoccaggio risulta sufficientemente freddo (temperatura inferiore a 10°C), non si dovranno temere attacchi fino alla tarda primavera poiché le basse temperature uccidono, o quantomeno bloccano, lo sviluppo di tutti gli stadi vitali della t a rma (vedi dossier cera d’api n° 1 pag. 11 http://www.mieliditalia.it/download/dossiercera.pdf). Per la conservazione dei favi da melario, e per evitare di dover proteggere e/o trattare l’intero parco melari aziendale, è sempre opportuno separ are i favi che hanno contenuto covata dagli altri.
Le camole sono ghiotte delle impurità contenute nei favi (soprattutto esuvie delle larve d’api e residui di polline); ben raramente attaccano i melari con i favi che non hanno mai contenuto covata. La difesa dei favi da nido immagazzinati (con presenza d’esuvie, di polline e di miele), in stagione calda si presenta particolarmente problematica e molte volte si risolve con un allevamento incont rollato di camole con un notevole danno economico per la completa distruzione del materiale. I metodi di lotta utilizzabili sono di tre tipi: chimico, fisico e microbiologico. In quest’articolo prenderemo in considerazione la lotta microbiologica.

La lotta microbiologica
La lotta microbiologica alla tarma attualmente si può svolgere attraverso insetti, virus e batteri, ma l’unico mezzo relativamente diffuso è l’utilizzo di prodotti commerciali che contengono sospensioni del Bacillus thuringiensis. Questo batterio è stato scoperto nel 1911 ed è stato successivamente utilizzato per la difesa delle piante. La varietà aizawai serotipo 7 del Bacillus thuringiensis, c o m m e rcializzata con marchio B.401 dalla Vita-Swarm sas (sito: www.apicolturaonline.it/vita-italia), è stata selezionata per la sua attività nei confronti di Galleria mellonella ed è inoffensivo per le larve d’ape e per le api adulte.( Altre varietà di Bacillus thuringiensis sono risultate tossiche per l'ape).
Ricordiamo inoltre che nell’America settentrionale esiste una bio fabbrica (sito: www.agrobiologicals.com) che c o m m e rcializza una piccola vespa, il Trichogramma, che parassitizza le uova di tarma della cera e le distrugge prima che si sviluppino in larva. Sono stati scoperti anche virus che uccidono le tarme ma non sono in uso per il costo elevato d’applicazione, mentre, in compenso, creano notevoli problemi a coloro che allevano la camola del miele per fornire i negozi di pesca sportiva.



Le Gallerie scavate dalle larve di Galleria Mellonella risultano particolarmente evidenti anche nei favi di covata opercolata B 401 Il trattamento dei favi può essere agevolmente effettuato con i nebulizzatori
Come agisce il bacillus Thuringensis
Il batterio produce spore contenenti una tossina. Quando la larva di tarma della cera ingerisce la tossina, questa danneggia le pareti intestinali e la larva muore. La farfalla adulta, invece, non mangiando, non può essere danneggiata. Qualora il favo sia già infestato è necessario quindi pro c e d e re con un primo trattamento all’uccisione dei vari stadi di Galleria (gelo, zolfo ecc..). Il Bacillus thuringiensis ceppo B 401, oltre a non e s s e re pericoloso per le api e per gli esseri umani, non dà alcun problema di residui nella cera e nel miele, per il quale non sono mai state osservate alterazioni nel gusto.

Come utilizzare il B 401
Il B 401 si trova facilmente nei negozi di materiale apistico in flaconi da 120 ml e in bottiglie da un litro. Per essere utilizzato il B401 deve essere diluito al 5% in acqua, ovvero 1 parte di B 401 e 19 parti d’acqua, avendo cura di agitare vigorosamente il flacone per omogeneizzare la sospensione prima di effettuare la miscelazione. Una volta diluito, il B 401 deve essere utilizzato entro le 24 ore ed è pertanto consigliabile pre p a r a re solo la quantità necessaria in funzione del numero di telai da t r a t t a re. Sono necessari circa 1,5 ml di soluzione per decimet ro quadrato per ogni facciata di favo da proteggere; in pratica con 120 ml di formulato si trattano circa 70 favi da nido e 130 da melario. Per assicurare una buona protezione, la quantità di soluzione indicata deve e s s e re distribuita uniform e m e nte con un nebulizzatore sull'intera superficie di entrambe le facciate del favo. Una volta e ffettuato il trattamento e per e v i t a re muffe, i favi, prima di e s s e re riposti in magazzino, vanno lasciati asciugare bene all’aria o in locali dotati di deumidificatore.

Efficacia del trattamento
Le prove effettuate nell’estate scorsa (Veca 2005) hanno dimostrato che B 401 assicura una protezione di lunga durata. Una sola applicazione permette di proteggere i favi fino all’arrivo dei mesi freddi ed in pratica preserva i favi dall’attacco della tarma fino alla stagione successiva.

Conclusioni
L’importanza dei favi da nido costruiti, che hanno già contenuto covata, è nota alla maggior parte degli apicoltori. Ricordiamo brevemente a titolo d’esempio, l’efficacia dell’inserimento di “favi neri” per il rapido sviluppo di nuclei di nuova f o rmazione o come tecnica di contenimento della sciamatura. P u r t roppo, se non si dispone di una camera fredda, risulta problematica la conservazione dei favi da nido che hanno contenuto la covata e, molto spesso con l’arrivo del caldo, il magazzino si trasforma in una fabbrica di camole. La conservazione dei favi attraverso l’utilizzo di prodotti chimici non ha più senso alla luce delle notevoli problematiche a livello mondiale di residui di paradicloro benzene nel miele. L’utilizzo della lotta microbiologica per la salvaguardia di questi favi, eventualmente affiancata alla lotta con mezzi fisici, risulta essere al tempo stesso efficace, pulita e compatibile con l’apicoltura certificata biologica.

La lotta biologica classica e quella microbiologica
Ogni essere vivente ha dei nemici naturali, degli organismi che ne limitano la crescita numerica. Gli insetti che si nutrono di piante, detti anche fitofagi, vengono a loro volta mangiati da insetti predatori, detti entomofagi, alleati dell’agricoltore nella difesa delle sue colture. La lotta biologica è una strategia in forza della quale sono usati degli entomofagi nel controllo dei fitofagi, evitando così di ricorrere agli insetticidi. Gli insetti utili sono allevati, moltiplicati e commercializzati dalle biofabbriche e venduti all'agricoltore che li distribuisce nei campi e nelle serre al momento del bisogno. La lotta biologica con entomofagi è chiamata classica e le sue prime esperienze scientifiche furono effettuate alla fine del secolo scorso in California. A questo tipo di lotta si affianca quella microbiologica: l'una e l'altra puntano sulla gestione da parte dell'uomo della lotta per la vita attraverso l’utilizzo d’organismi viventi, solo che nella prima s’impiegano come elementi utili degli insetti entomofagi, mentre nella seconda dei “microbi” (batteri, virus, funghi, protozoi) capaci di infettare e di provocare epidemie mortali nelle popolazioni bersaglio.


Massimiliano Gotti Mauro Veca
da Lapis n.4 maggio 2006