Torquato Tasso

dal dialogo Il Conte(de l’Imprese), paragrafi 225-30 
 

225. (Conte): […] né lasciamoilvaso de le pecchie portato da l’Ariostoco ‘l detto PRO BONO MALUM, perché i poeti sono similia l’api, cacciati da l’ingratitudine e dal fumo de l’altrui ambizione. 
226. (Forestiero Napolitano): Non può aver fine il ragionamentode le api con la similitudine de’ poeti, tutto che Platone nel dialogointitolato l’Ione dica che i poeti sono sacri e da divino furore inspirati,e da lui commossi volino a guisa di pecchie e si spaziino intorno a’ fontide le Muse e a i fiori de la poesia: percioch’ella rappresenta cosìmaggiori le leggi, le città, i costumi, i popoli, i duci magnanimie, quel ch’è più maraviglioso, la eternità de l’origine< non > contaminata da alcuna lascivia. 
227. (C.): Così lessi in Virgilio: 
               [ citazioni da Georgiche IV 3-5 e 200-2 ] 
228. (F. N.): Non fu opinione di Virgilio solamente, ma derivata inlui da più antichi: perché Senofonte nel suo Ciroassomiglia il monarca e il re per natura al re de le api, come aveva fattone’ medesimi tempi Platone; tuttavolta quello che dice Virgilio del partode le api, è richiamato in dubio d’Aristotele, e perché nelquinto de l’Istoria de gli animali è negato da molti ch’ellesi congiunghino o partoriscano, nel nono afferma egli medesimo che altrenascono da padri domestichi, altre da selvaggi; ma ne l’uno e ne l’altroluogo dice cose mirabili, che l’api facciano i favi de’ fiori, la cerade la lacrima de gli alberi, il mele de la rugiada de l’aria il piùde le volte nel nascimento de le stelle e de l’arco celeste; ma vuole cheil mele sia accresciuto da la siccità, la moltitudine de’ figlida le pioggie, laonde in un medesimo tempo è abbondanza d’olivee d’api, ma non di mele e d’oglio ne l’istessa stagione. Quinci fanno argomentoche l’api nascano da’ fiori de l’oliva, quasi raccolte con la bocca e conla bocca mandate fuori, ma non sogliono volare dal ligustro a la rosa néda la rosa al giacinto o dal giacinto al narcisso ne l’istesso viaggio,ma volano di viola in viola senza fare altra mutazione di fiori: sono presaghede le pioggie e de le tempeste, quasi abbiano parte di spirito divino;quando sono agitate da’ venti, si confermano nel volo con qualche picciolapietra a guisa di nave che porta la savora; fannocon mirabile artificio le celle e gli alberghi di sei angoli; mandanofuori colonie; hanno in odio quelli che sono andati in essilio; punisconoi ladri con la morte, muoiono ne le percosse. In tutti gli uffici de lavita sono somiglianti a i regni e a le republiche ben governate: i soggettiespongono la vita per il suo re non altrimente che facciano gli uominiper quello de’ Persi o de gli Indiani; il re è privo di aculeo perl’animo, non per la podestà del ferire. Contraria opinione portòPlutarco, che i re l’abbiano, ma non l’adoprino: e fu prima opinione d’Aristotelemedesimo, ma in un altro luogo, dico nel terzo de la Generazione degli animali, nel quale afferma che l’apinon hanno sesso di maschio o di femina, né partoriscono percongiungimento, contra l’opinione di coloro che n’hanno la cura; e vuolene l’istesso luogo che il re sia ne l’aculeo somigliante a l’api, ne lagrandezza a i fuchi. 
229. (C:): Grande impresa si può fare di sì piccioloanimale, se pur son vere le maraviglie che di lui sono scritte fra gliantichi.
230. (F. N.): Grande veramente e conveniente al granduca, principeper natura, per clemenza e per grandezza d’animo dignissimo di questo nomee di maggiore. Il motto a me sarebbe piaciuto con queste parole ARMATACLEMENTIA, per non seguir più l’una che l’altra opinione: ma nonmi soviene di quelle che sono impresse ne la sua medaglia; questo nondimenosarà più conveniente termine al ragionamento de l’api. […] 
 
 
 

T. Tasso, dal dialogo Il Conte (de l’Imprese), par. 246: (F.N.): […] i favi de le purpure nel mare, somigliantia quelli che l’api fanno in terra […]