Giacomo Leopardi


dallo Zibaldone di pensieri,  29-31 gennaio 1821
 

[…] la società veramente primordiale, e naturale alla specieumana, come a quelle dei bruti, senza principato, senza soggezione, senzadisuguaglianza, senza gradi, senza regole, poteva benissimo corrispondereal fine, cioè al comun bene, come vi corrisponde quella delle formiche:al qual fine non può mai corrispondere una società piùstretta e formata, se manca di unità. Ma quella primissima societàcamminava alla buona, e così alla buona conseguiva l’intento dellanatura, e la sua destinazione. Né per questo era necessario opporsialla natura, e introdurre una contraddizione tra il fatto e il diritto,una contraddizione nell’ordine delle cose umane, introducendo qualitàcontrarie alle qualità ingenite ed essenziali dell’uomo; vale adire la soggezione e disuguaglianza contrarie alla libertà e uguaglianzanaturale. Che se le api hanno un capo, e quindi soggezione e disparità,questo non fa obbiezione veruna. Tutto essendo relativo, la natura cheha fatto gli uomini liberi e uguali, e così infinite altre speciedi animali; poteva far le api (e altre tali specie, se ve ne ha) disugualie soggette. E siccome ella lo ha fatto, dando una superiorità ingenitae naturale a certi individui di quella specie, sopra gli altri individui;perciò, come lo stato dell’uomo e degli altri animali non puòesser perfetto senza libertà ed uguaglianza, perché questesono naturali in loro; così per lo contrario lo stato delle apinon è perfetto senza soggezione e disuguaglianza, perchéla loro specie è così fatta e ordinata da natura, e la perfezioneconsiste nello stato naturale.
Negli uomini dunque non c’è nulla di simile, né si puòdedur nulla in proposito loro, dall’esempio delle api. Perché lepiccole (certo piccole in proporzione della disparità delle api),dico le piccole disparità o superiorità di forze, di statura,d’ingegno ec. che s’incontrano negli uomini, sono disparità o superioritàaccidentali, e provenienti da cause subalterne; come sono inferioritàaccidentali quelle che vengono da malattie, da cadute, disgrazie d’ognigenere ec. Sono dico accidentali queste o superiorità, o inferiorità,cioè non sono regolari, e non appartengono all’ordine primitivo,costante, invariabile, essenziale della specie, come la disparitàdelle api. […]
 
 

dallo Zibaldone di pensieri,  25-30 ottobre 1823

Vogliono che l’uomo per natura sia più sociale di tutti gli altriviventi. Io dico che lo è men di tutti, perché avendo piùvitalità, ha più amor proprio, e quindi necessariamente ciascunindividuo umano ha più odio verso gli altri individui sìdella sua specie sì dell’altre […] Or qual altra qualitàè più antisociale, più esclusiva per sua natura dellospirito di società, che l’amore estremo verso se stesso, l’appetitoestremo di tirar tutto a se, e l’odio estremo verso gli altri tutti? Questiestremi si trovano tutti nell’uomo. […]
Il fatto dimostra […] che l’uomo è per natura il piùantisociale di tutti i viventi che per natura hanno qualche societàfra loro. […] filosofi, politici e cento generi di persone si sono continuamenteoccupati di trovare una forma di società perfetta. […] Tutte sonostate cattive; e tutte quelle che hanno oggi luogo, lo sono altresì.[…] Per società perfetta non intendo altro che una forma di società,in cui gl’individui che la compongono, per cagione della stessa società,non nocciano gli uni agli altri, o se nocciono, ciò sia accidentalmente,e non immancabilmente; una società i cui individui non cerchinosempre e inevitabilmente di farsi male gli uni agli altri. Questo èciò che vediamo accadere fra le api, fra le formiche, fra i castori,fra le gru e simili, la cui società è naturale, e nel gradovoluto dalla natura. I loro individui cospirano tutti e sempre al ben pubblico,e si giovano scambievolmente, unico fine, unica ragione del riunirsi insocietà; e se l’uno nuoce mai all’altro, ciò non èche per accidente, né il fine e lo scopo di ciascheduno èimmancabilmente e continuamente quello di soverchiare e di nuocere in qualunquemodo altrui. E talora gli uni fanno male ad alcun degli altri, o tuttiad un solo o a pochi, per lo solo oggetto del ben comune o del ben deipiù, come quando le api puniscono le pigre. Nol fanno giàesse per il bene di un solo. Né chi ‘l fa, lo fa pel solo ben suo,anzi pel bene ancora di chi è punito. Ed anche questo far male adalcuno è un cospirare al ben comune. Ma nelle società umanequello non si trovò mai, questo sempre. […]

[Il lungo brano prosegue indicandole ragioni per cui è impossibile una società vera fra gliuomini, se non quella “scarsa” e “larga” voluta in origine dalla natura,mentre solo per alcune specie animali la stessa natura ha previsto unasocietà “stretta”, in cui tutti gli individui sono subordinati albene comune per il quale cooperano.]

E quanto al comando, se ve n’ha vestigio alcuno tra gli animali, cometra le api, tra’ buoi, tra gli elefanti […], esso viene da superioritàdi natura e quasi di specie, intorno a cui non ha luogo invidia néemulazione; come le pecore non possono invidiare al montone che le conducee quasi governa perch’egli è di sesso più forte, néle donne invidiano agli uomini la loro maggior fortezza, nello stesso modoche noi non l’invidiamo al leone. Oltre di che il comando e qualunque speciedi preminenza fra gli animali, come dalla natura fu posta, cosìda tutti gli altri individui soggetti è sempre riconosciuta perutile a tutti loro […] essi vi si soggettano naturalmente, non pur senzala menoma ripugnanza, ma con piacere, e molto si dolgono s’ella, per qualcheaccidente, vien loro a mancare, come alle api il re ec.

[Inevitabilità del comandonella società, con conseguenti lotte e danni. Primato della forza,sia fisica che morale. Il contatto stretto fra gli individui, inevitabilein una società “stretta”, accresce l’odio reciproco, che nasce dall’“amor proprio” di cui ciascun individuo è naturalmente fornito.L’uomo, dotato di “amor proprio” e intensità di passioni piùdegli altri animali, necessariamente li converte in odio verso i proprisimili, se costretto a vivere in una società “stretta”, che èquindi contro natura. Una conseguenza nefasta: la guerra.]

Solamente fra le api, la cui società è naturale, si potrebbevoler trovare un esempio della nostra guerra, fatta in più personeda ciascuna parte ec. Ma ben guardando, anche le battaglie dell’api, oltreche son rarissime e niente regolari e inevitabili (a paragon delle nostre),sono effetto di passione momentanea, come le battaglie singolari o pocopiù che singolari, e inordinate e confuse de’ cani, orsi ec. […]Del combattere in due partiti d’una stessa specie, fuor dell’api, non sitroverà credo altro esempio che negli uomini, perché glialtri animali quando anche combattano tra loro in molti, combattono unocontro un altro confusamente senza veruno amico, o ciascuno contro tutti,perché ciascuno combatte per se solo, mosso dalla propria passione,e a fine del proprio, non dell’altrui né di commun bene.

[Lo spirito di vendetta. Ilcannibalismo, esclusivo degli uomini. La società “stretta” èquindi allontanamento dalle leggi di natura; l’uomo veramente civile cercadi riavvicinarsi alla natura, quindi di allentare i vincoli sociali.]

[…] si dee dedurre che dalla società che passa p. e. tra le apie i castori, e gli altri animali che per natura hanno tra loro piùstretta comunione di vita, e dagli esempi naturali siffatti, ben si puòargomentare che agli uomini non si convenga una società piùstretta di quella; […] Onde, non che all’uomo convenga una societàpiù stretta che all’api ec., come lo è di gran lunga quellach’egli ha presentemente, ed ebbe da tempo immemorabile, si dee concludereche non gliene conviene se non una molto più larga […].

[Carattere illusorio delleopinioni correnti sulla naturale socievolezza dell’uomo, dovute all’ “assuefazione”alla vita sociale. Estrema variabilità tra gli individui della specieumana, per ciò stesso refrattaria all’uniformità impostada una società “stretta”].