GIAN BATTISTA MARINO


 Poeta napoletano (1569-1625). Dopo una vita dissoluta fu assunto al servizio del   cardinale Pietro Aldobrandini e gli  venne conferito il titolo di cavaliere dell’ordine di San Maurizio. Dopo aver rischiato di essere ucciso da Gaspare Murtola si  trasferì nel 1615 a Parigi sotto la protezione di Maria de’ Medici, raccogliendo onori e lodi  per la sua produzione letteraria. Rientrò in Italia nel 1623 e morì a Napoli nel 1625.

        La Sampogna

dagli Idilli favolosi I, Orfeo, vv. 1098-1113
[dopo l’uccisione di Orfeo, le api fanno il nido nella sua lira]
 

Su la riviera d’Ebro
le sacrileghe donne 
trasser le membra lacerate e sparse           1100
e nel gorgo del fiume,
sciolto dal busto suo, gittaro il capo,
lo qual per lunga traccia si vedea
lasciar del sangue suo squallide l’onde; 
e col capo gittaro                                      1105
sciolta ancor quella lira,
che pur dianzi traea gli arbori e i sassi.
Dale stemprate corde,
raccontasi, che furo
sugger dolcezze iblee vedute l’api,             1110
e nel concavo ventre
delo spezzato arnese
comporre i nidi e fabricare i favi.
 

Pecchia  diBattista Castello

Ape, sottil maestra
di fiorito lavor, dimmi se l’arte
del vago ingegno tuo giunge a la destra
di chi t’ha finta in carte.
Di’ se vedesti mai tra tanti fiori
Sì novi e bei colori,
ch’agguaglin quei che ‘l gran pennel discopre.
Dirai “Le mie bell’opre,
I  miei melati e rugiadosi favi
Del suo leggiadro stil son men soavi”
                                                da  La Galeria 536
 


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Ape, raffinata maestra
di un lavoro fiorito, spiegami se l’arte 
del tuo leggiadro ingegno
arriva a eguagliare la mano di chi ti ha rappresentata.
Dimmi se fra tanti fiori ne hai mai visti
di colori così nuovi e belli
che eguaglino quelli che l’artista dipinge.
Dirai: “Le mie belle opere,
i miei favi gonfi di miele
sono meno dolci del suo raffinato stile.