Api europee e api africane in Messico: la tolleranza alla varroa jacobsoni

Una serie di tre articoli: questa prima parte tratta della
biologia della varroa e dei rapporti tra ape e varroa



La diffusione dell'acaro parassita Varroa jacobsoni sull api di tutto il mondo ha determinato l'inizio i numerosi programmi di ricerca.
La maggior parte di essi si è localizzata sugli aspetti di lotta contro la varroa basati o sull' utilizzazione di prodotti di sintesi o sull'impiego di prodotti alternativi, quali gli oli essenziali.
Altri programmi si sono tuttavia soffermati sugli aspetti fondamentali, concernenti la biologia della varroa .

Nel 1988, il fluvalinate sembrava essere un mezzo efficace e durevole di lotta contro la varroa; da allora il suo impiego si è generalizzato determinando un relativo abbandono delle ricerche sulla biologia dell'acaro. I recenti fenomeni di resistenza della varroa agli acaricidi di sintesi hanno tuttavia dimostratocome sia effimero l'utilizzo di tali prodotti. Oggi possono essere utilizzate nuove molecole, ma la loro durata di impiego sarà comunque breve ed inoltre il numero di molecole efficaci è molto limitato. E' chiaro che il controllo chimico della varroa, se può rappresentare una soluzione temporanea per gli apicoltori, non costituisce in alcun caso la soluzione definitiva nel tempo.

Tale constatazione è sufficiente a giustificare il susseguirsi di ricerche fondamentali sulla biologia della varroa e sulle relazioni ape-varroa.Tali ricerche sono mirate a sfruttare i punti sensibili dello sviluppo della varroa, per interferire con lo sviluppo dell'acaro. Malgrado la loro laboriosità ed il tempo che richiedono, solo queste ricerche permetteranno di portare alla scoperta di unatecnica di lotta contro la varroa che nello stesso tempo risulti efficace,durevole e rispettosa delle api e dei loro prodotti.

In questo quadro di ricerche fondamentali, noi abbiamo intrapreso un lavoro di collaborazione con il Colegio di Postagraduados, in Messico. In questo paese coesistono le api africane, che tollerano la varroa, e le api europee, sensibili all'acaro. I risultati dei nostri lavori verranno esposti in un articolo suddiviso in tre parti.

Nella prima parte, presentiamo dati più recenti sulla biologia della varroa e più precisamente sul suo ciclo di riproduzione. Queste informazioni, pur non essendo nostre, sono indispensabili per la comprensione delle due parti successive. Nella seconda parte, analizzeremo i momenti e l'intensità con cui appare nelle api la resistenza alla varroa. Nella terza, infine, esamineremo i diversi fattori che spiegano la resistenza delle api africane alla varroa( fertilità della fondatrice, durata di opercolatura, attrattività della covata,spidocchiamento, pulizia della covata infestata).

Generalità sulla varroa jacobsoni

L'ospite di origine della varroa è l'ape asiatica o Ape cerana, che inizialmente nonaveva zone di contatto con l'ape europea o Ape mellifera. É stato lo spostamentodi colonie di api che ha permesso un contatto artificiale tra l'Ape cerana el'Ape mellifera e quindi il passaggio della varroa su quest'ultima.
Questo cambiamento di ospite si è senza dubbio verificato nel corso degli anni '40 - '50. Da allora la parassitosi ha conosciuto una diffusione sempre più rapida, in funzione del nomadismo e degli scambi commerciali; l'infestazione di nuove colonie era invece legata al saccheggio. La presenza del parassita è stata rilevata nelle Repubbliche Sovietiche alla fine degli anni '60, nei Paesi dell'Est all'inizio degli anni '70, in Francia nel 1982. Parallelamente a tale progressione in Europa, l'acaro ha invaso, attraverso il Giappone, l'America a seguito dell'importazione di api regine.

L'acaro Varroa jacobsoni è foretico ed ectoparassita obbligato delle api. "Foretico" significa che si sposta da una colonia all'altra veicolato dalle api. "Ectoparassita obbligato " significa che è un parassita esterno e che non può svilupparsi che sulle api.La varroa è stata scoperta da Jacobson e successivamente descritta nel 1904 dall'olandese Oudemans.Il corpo della femmina adulta perfettamente adattato al parassitismo e alla foresia, poiché è di forma ellittica, depreso dorso-ventralmente, e le otto zampe terminano con una ventosa (si veda la figura 2).
Fig.2-Femmina di varroa adulta vista ventralmente(a sinistra) e anteriormente(a destra); maschio adulto visto ventralmente (in basso)

La femmina misura circa 1.500µm (1,5 mm) nel senso della larghezza, una dimensione molto grande per un acaro. Il maschio non è adatto al parassitismo, poichè il suo corpo è pressoché sferico: non supera mai i 400µm (0,4 mm). L'individuo-chiave nello sviuppo della varroa è la femmina adulta, che d'ora in poi hiameremo "fondatrice". Lasua vita è ritmata dall'alternanza tra la fase riproduttiva e la fase foretica (di nutrizione). Nella figura 1 sono evidenziati i momenti più rilevanti di queste due fasi, come sono state descritte sull'Ape mellifera.

Entrata delle fondatrici nella covata

La fondatrice si riproduce esclusivamente in una cella di covata, in genere dopo un periodo foretico. L'entrata nella cella deve avvenire in un momento ben preciso e costituisce quindi un passaggio critico nella vita della varroa.
Entrare troppo presto nella covata significa, per la futura fondatrice, un alto rischio di essere individuata e rimossa dalle api prima dell'opercolatura. Entrare troppo tardi è invece impossibile, poichè la covata è già opercolata, cioè ermeticamente chiusa a qualsiasi entrata o uscita.

Le fondatrici infestano la covata di operaie quando le larve pesano più di 100 mg, ossia nelle 15 ore precedenti l'opercoltura, mentre infestano la covata maschile quando le larve pesano più di 200 mg, cioè nelle 45 ore che precedono l'opercoltura. In questa fase di sviluppo le larve si trovano nello stadio successivo alla quarta muta larvale, vale a dire nello stadio di sviluppo L5 (si veda la figura 1).

Fig.1:sincronizzazione dei ciclidi sviluppo dell'ape e della varroa.In bleu:sviluppo dell'ape(i numeri indicano i giorni di distanza dall'opercolatura).-In rosso: sviluppo delle varroe. La lettera omega indica la deposizione dell'uovo

L'utilizzo delle celle artificiali trasparenti ai raggi infrarossi ha permesso di descrivere con precisione i processi di entrata nella cella di covata (si veda la figura 3).
Fig.3-Processo di ingresso della fondatrice Varroa nella cella(da Boot e al., 1994).Quando un'ape, con femmina di Varroa foretica,si avvicina ad una cella, l'acaro lascia l'ape per scendere sull'opercolodi una cella vicina, entra nella cella, va sulla larva in qualche secondo, poiscivola lentamente tra la larva e la parete della cella.Questo processo dura 65 secondi.

Dopo essersi immersa nel nutrimento destinato alla larva dell'ape, la fondatrice rimane immobile fino all'inizio della ninfosi, momento nel quale inizierà la sua deposizione.

I fattori che provocano e che influenzano l'entrata della varroa in fase foretica nella covata non sono ancora tutticonosciuti. L'attrattività chimica della covata sembra esserne il fattore essenziale; ciò è stato provato con l'utilizzo dell'olfattometro (una camera a forma di arena, al centro della quale è disposta una varroa, che deve scegliere di andare o verso un flusso di aria pura o verso un flusso di aria passato su un gruppo di larve di fuco).

Anche alcuni esteri di acidi grassi, come il metil palmitato o l'etil palmitato, emessi naturalmente dalle larve di ape al fine di provocare l'opercoltura delle celle da parte delle api, hanno dimostrato di esercitare un'azione attrattiva importante anche sulla varroa. L'ipotesi è quindi che le varroe foretiche si basino, al fine di penetrare nella covata al momento giusto, su queste sostanze emesse dalle larve.
Tale ipotesi è tuttavia ancora controversa, poichè esperimenti similari non hanno portato agli stessi risultati. E' probabile che altri gruppi di molecole intervengano sull'attrattività della covata. Anche i fattori meccanici hanno un ruolo: la misura delle celle dicovata, la loro prominenza o la distanza tra le larve e il bordo della cella influenzano sensibilmente l'infestazione: questi elementi potrebbero in parte spiegare l'infestazione più elevata che si riscontra nella covata maschile.

La deposizione della fondatrice

Subito dopo l'opercolatura della cella e per 36 ore, la larva dell'ape si nutre; successivamente inizia la tessitura del bozzolo. Il primo pasto della larva costituisce un segnale per la varroa fondatrice, che esce in quel momento dalla sua fase di quiescenza, sale sulla larva e si nutre per la prima volta. Durante la tessitura del bozzolo, la fondatrice si sposta vivacemente sulla larva, al fine di evitare di essere schiacciata contro la parete della cella, iniziando a nutrirsi e a defecare qua e là.

Quando il bozzolo è tessuto, l'ape entra in una fase preninfale immobile, durante la quale la varroa fondatrice costruisce una accumulazione fecale (AF, si veda la figura 4).
Fig. 4:
A)Deposizione del primo e secondouovo
B) Sito di accumulazione fecale
C) Vista laterale della preninfa. La parte retinata evidenziala zona di contatto con la parete. In grigio: gli escrementi dell'ape.
D)Vista laterale della giovane ninfa.Asterisco: zona di alimentazione


La fondatrice percorre tutta la parete della cella prima di scegliere un posto per defecare e per le defecazioni successive ritornerà sempre nello stesso punto. L'accumulazione fecale rivestirà una grande importanza, sia per la fondatrice che per la sua discendenza. I movimenti dell'ape, durante la metamorfosi, tendono infatti ad allontanare la fondatrice dall'AF, ma essa cercherà sempre di ritornarvi; ciò le consente di non lasciare la zona posteriore della cella, dove deve trovarsi per la deposizione.

Dopo essersi nutrita sull'ape, la varroa fondatrice depone per la prima volta 70 ore dopo l'opercolatura (si veda figura 1). La fondatrice rimane immobile per un minuto, tastando la parete della cella con il primo paio di zampe. Quando il primo uovo emerge dall'orifizio genitale, situato vicino alla placca genitoventrale, la fondatrice lo mantiene contro la parete della cella per una dozzina di minuti, con l'aiuto delle sue prime due paia di zampe. Ciò consentirà alla varroa appena nata di avere le zampe orientate verso il substrato (l'ape) edi indirizzarvisi immediatamente dopo la schiusura dell'uovo. Saranno deposte in questo modo ad intervalli di circa 30 ore al massimo6 uova.

Sviluppo e accoppiamento giovani varroe

Qualche ora dopo la deposizione, all'interno dell'uovo appare una larva di varroa. Questa larva passa attraverso le fasi di protoninfa (la femmina ha il corpo sferico e di piccola taglia), deutoninfa (la femmina ha il corpo tipicamente ellissoidale e appiattitodell'adulta, ma rimane di colore bianco) e infine di adulta. La giovane femmina adulta ha un corpo marrone chiaro, mentre la femmina con più di 24 ore ha il corpo marrone scuro. Il maschio adulto e la sua deutoninfa assomigliano alla protoninfa femmina, ma se ne distinguono per il corpo più spigoloso, meno grosso e di colore leggermente verde. L'insieme dello sviluppo dura per le femmine circa 130 ore, per il maschio 150 ore (si veda la fig. 2). Queste fasi di sviluppo sono colpite da una significativa mortalità giovanile, che si verifica soprattutto nella fase delle deutoninfe. in media, solo 1,45 femmine raggiungono l'età adulta in una cella di operaia, contro 2,2 in una cella da fuco.

Quando la cella è infestata da una sola fondatrice, l'accoppiamento avviene necessariamente tra il maschio e le sue sorelle ed è quindi consanguineo. Avviene quasi sempre vicino al punto di accumulazione fecale,che dimostra quindi la sua portanza quale luogo di incontro. Il maschio si accoppia con la prima femmina non appena questa ha raggiunto la maturità. L'accoppiamento può essere ripetuto fino a 9 volte. Quando la seconda figlia raggiunge la maturità, il maschio lascia subito la prima per accoppiarsi con la seconda figlia. Se una terza femmina raggiunge la maturità, si ripete lo stesso scenario.

Contrariamente a ciò che si supponeva ancora recentemente, una femmina di varroa può essere fecondata solo nella cella dove è nata. In seguito, una parte del suo apparato genitale regredisce e ciò impedisce ogni possibilità di accoppiamento futuro. Se in una cella il maschio muore prima dell'accoppiamento, le femmine rimarranno irreversibilmente sterili e non fecondate; ciò può succedere in una percentuale che va dal 10 al 46% delle celle.

Uscita e diffusione della varroa

Nel momento in cui l'ape sfarfaIla, la discendenza della varroa fondatrice si trova nella cella. Le figlie adulte fecondate, appena escono dalla cella, cercheranno di salire su di un'ape, diventando così a loro volta foretiche. Le figlie immature ed i maschi, non possedendo un apparato boccale sufficiente a forare il tegumento delle api, sopravviveranno solo per poco tempo dopo lo farfallamento dell'ape.
Le femmine di varroa mostrano una marcata preferenza per le api nutrici, che sono le più soggette ad avvicinarsi alla covata, offrendo quindi più opportunità agli acari di infestarle. Le eventuali varroe foretiche sulle api bottinatrici costituiscono invece il mezzo per la illusione della specie, sfruttando per infestare nuovecolonie la deriva delle bottinatrici ed il saccheggio. In questo modo, durante una giornata di forte attività, possono arrivare in una colonia fino a 70 varroe.
Il numero di cicli di riproduzione di una femmina di varroa è ancora oggetto di discussione. In condizioni artificiali, si è potuto dimostrare che una fondatrice può compiere fino a sette cicli, generando così 35 potenziali discendenti. Questo numero di cicli è tuttavia più ridotto in condizioni naturali, poichè solo il 30% delle fondatrici realizzano un primo ciclo riproduttivo, il 21% un secondo ed il 14% un terzo.

Lo sviluppo dellapopolazione di varroe

Per valutare il numero di varroe in una colonia, senza ricorrere all'impiego di un acaricida, è possibile fare una estrapolazione a partire dalla mortalità settimanale; i risultati che si ottengono non sono molto affidabili. E' più sicuro, ma anche più laborioso, il prelievo di campioni di covata e di api, al fine di determinarne il tasso di intestazione e di estenderlo poi all'insieme della colonia.
Molti studi hanno anche preso in considerazione l'evoluzione annuale del numero di varroe negli alveari. Uno di questi ne ha anche elaborato un modello che, sulla base di una ipotetica intestazione iniziale di 10 varroe, ha permesso di determinarne lo sviluppo standard della popolazione acari (si veda la figura 5).
Figura 5-(da Fries et al.,1994):sviluppo della popolazione di Varroadi un'alveare, in numero di individui, durante 1825 giorni (5 anni).Al giorno 0 (inizio aprile), la popolazione è di 10 unità
I cicli di covata successivi permettono un accrescimento molto rapido delle varroe: alle 10 varroe iniziali non servono più di 5 anni per generare una popolazione che supera i 15.000 individui. Il peso di una varroa fondatrice è vicino a 0,45 g; il peso dell'intera popolazione di varroa è quindi di 6,75 g, un millesimo del peso totale delle api di una colonia.
Bisogna notare bene che il modello è basato su condizioni di clima nordico, che determinano un blocco di covata di sei mesi ed una riduzione del 50% della popolazioe di acari (N.d.R. ben lontane alle condizioni climatiche italiane). In climi temperati, e ancor di più nei climi mediterranei, non si verifica mai un blocco di covata così lungo e pertanto lo sviluppo della popolazione di varroe è ancor più rapido. Questo dimostra l'importanza dell'invernamento degli alveari nelle zone fredde.
La popolazione massima di acari ospitata da una colonia di api è molto variabile a seconda dei paesi considerati. In Francia, le malattie associate alla varroa, causano la morte di una famiglia d'api prima che l'acaro raggiunga le 6.000.000 unità, soglia che secondo il modelloviene superata al quarto anno. Ma la popolazione può raggiungeresoglie molto più elevate nei paesi dove gli attacchi virali sono meno violenti:alcune osservazioni segnalano colonie che hanno ospitato finoa 20.000 acari in Germania e sino a 42.000 in Gran Bretagna.
Questi ultimi dati evidenziano come l'acaro non è patogeno per la sua semplicefrequenza; alle nostre latitudini, infatti, le colonie di api muoionoper la presenza di 6.000/8.000 varroe perchè è il vettore di malattie virali obatteriche.

A cura di Rémy Vandame & Marc Colin (e-mail : remy.vandame@univ-lyon1.fr)
INRA - Station de Zoologie & Apidologie - 84914 Avignon cedex 9

Nota bene : la sintesi bibliografica qui presentata insieme a quelle che saranno presentate nelle prossime parti di questoarticolo,hanno costituito l'oggetto di una tesi di dottoratopresentata da Rémy Vandame, in dicembre 1996, all'universitàdi Lione. Questa tesi ha dato luogo a un documento di 120 pagine,a chi interessa approfondire l'argomento può farne richiesta all'autore(Rémy Vandame-Route de Malval-69670 Vaugneray),con una partecipazione di 100F.

Références bibliographiques principales: Boot WJ, Beetsma J & Calis JNM (1994) Behaviourof Varroa mites invading honey bee brood cells. ExpAppl Acarol 18 : 371-379.
Donzé G & Guérin PM (1994) Behavioralattributes and parental care of Varroa mites parasitizinghoney bee brood. Behav Ecol Sociobiol 34 : 305-319.
Fries I, Camazine S & Sneyd J (1994) Populationdynamics of Varroa jacobsoni : a model and a review. BeeWorld 75 : 5-28.
Martin SJ (1994) Ontogenesis of the mite Varroajacobsoni in worker brood of the honey bee Apis melliferaunder natural conditions. Exp Appl Acarol 18 : 87-100.

Traduzione di S.Curti
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