Api europee e api africanizzate in Messico
II^ Parte:studio della tolleranza alla Varroa jacobsoni



Nel momento in cui le molecole di sintesi evidenziano i loro limiti nella lotta contro l'acaro Varroa jacobsoni, proseguono comunque le ricerche fondamentali sulla biologia del parassita. il loro obiettivo è di individuare e sfruttare i punti deboli dello sviluppo della varroa. Solo queste ricerche permetteranno di scoprire una tecnica di lotta contro il parassita che sia allo stesso tempo efficace, durevole e rispettosa delle api e dei loro prodotti.
In questo quadro abbiamo intrapreso una ricerca in collaborazione con il collegio di Postgraduados, in Messico. Durante i due anni di lavori trascorsi in questo paese abbiamo potuto trarre profitto da una situazione particolare: la coesistenza di api europee, sensibili alla varroa, e api africanizzate, resistenti alla stessa. L'obiettivo dei nostri lavori era quindi di paragonare la dinamica delle popolazioni di varroa all'interno delle colonie di api europee e di api africanizzate. Riportiamo i risultati, attraverso un articolo suddiviso in tre parti.
Nella prima, pubblicata nel numero 7 di Lapis, abbiamo presentato i dati recentemente acquisiti sulla biologia della varroa ed in modo specifico sul suo ciclo di riproduzione. In questa seconda parte presentiamo l'inizio dei nostri lavori in Messico, evidenziando in che momento e con quale intensità si manifesta la tolleranza delle api. Nella terza parte, che verrà pubblicata nelnumero di Febbraio '98 di Lapis, analizzeremo i fattori capaci di spiegare i motivi della tolleranza della api africanizzate all'acaro (fertilità delle fondatrici, durata di opercolatura, attrattività della covata, "spidocchiamento", pulizia della covata infestata)

Il luogo degli studi
<--Fig 1:carta del Messico e situazione geografica del luogo degli studi



Lo studio è stato realizzato tra l'agosto del 1994 e gennaio 1996 nel "Campus Cordoba" del Collegio di Postgraduatos, a qualche chilometro dalla città di Cordoba (fig.1),
nello stato di Veracruz, nel sud-est del Messico; situata a 800 metridi altitudine, fa ancora parte delle "tierras calientes", le terre calde, vale a dire una zona in cui la temperatura non scende, salvo casi eccezionali, al di sotto dei 10° C.
Il clima, tropicale umido, è caratterizzato da una temperatura media di 23° C e da precipitazioni annuali di 3.000 millimetri. Ciò permette lo sviluppo di una vegetazione lussuregiante; i dintorni del canpus sono coperti di canne da zucchero, che forniscono durante la loro raccolta una alimentazione alle api da dicembre a giugno.
A 2 chilometri, distanza facilmenteesplorata dalle api, numerose colline sono coltivate con piantagioni di caffè, che rappresentano al momento della fioritura, in marzo e aprile, un'importante fonte di raccolto per le api. La fioritura di specie spontanee si svolge da gennaio a maggio e permette la produzione di miele.

Selezione e seguito delle colonie
Le api della specie Apis mellifera, sono state introdotte nel continente americano solo nel 17° secolo, con l'obiettivo di migliorare la produzione dimiele, sino ad allora basata sui modesti raccolti ottenibili con api quali le Melipone. A causa del difficile adattamento delle api europee al clima equatoriale, sono state introdotte in Brasile nel 1956 delle api africane, ponendo così le basi per la comparsa delle popolazione di api cosiddette "africanizzate". Oggi in Messico le due sottospecie (europee e africanizzate) coesistono.
Fig:2 determinazione dell'indice di Daly, o indice di africanizzazione. Sono possibili tutti i livelli di ibridazione tra le api europee e africanizzate, e la determinazione ad occhio nudo è molto difficile.Al fine di selezionare oggettivamente colonie di api nettamente africanizzate e colonie di api nettamente europee ,siamo ricorsi ad un metodo morfometrico.L'indice di Daly attribuisce un valore 0 per le colonie perfettamente ibride, un valore negativo per le colonie europee, ed un valore positivo per le colonie africanizzate. Tra 40 non trattate contro la Varroa da più di un anno,abbiamo selezionato 10 colonie europee(in blu) e 10 colonie africanizzate (in rosso)



Prima di tutto, abbiamo selezionato 10 colonie di api europee e 10 colonie di api africanizzate (fig. 2). Le colonie selezionate sono state quindi disposte in due diversi apiari, distanti 500 metri, al fine di limitare l'infestazione causata dalla deriva delle bottinatrici. Per limitare il rischio di possibili incidenti dovuti all'aggressività delle api africanizzate, queste ultime sono state custodite al riparo di un bosco isolato dal campus.
La conduzione delle colonie è avvenuta sulla base di una normale gestione apistica. Una visita mensile permetteva di verificare lo stato sanitario e soprattutto di fare una stima, la più precisa possibile, della superficie di covata aperta, di covata opercolata, di miele e di polline. Ci siamo limitati ad una stima a vista delle superfici, in modo da disturbare poco le api. Precisiamo che il numero di celle di covata maschile è sempre rimasta molto scarsa.
Fig 3: numero medio dei telaini occupati dalle colonie di api eropee(a sinistra) ed africanizzate (a destra), da agosto 1994 a gennaio 1996. La freccia indica il rafforzamento delle colonie europee con 2.5 telaini di covata. Solo questo rafforzamento spiega la sopravvivenza e la produzione di miele di queste colonie.



Le api africanizzate occupano in media 6 telaini, con relativamente poche variazioni nel corso dell'anno (fig. 3); ciò riflette senza dubbio il loro buon adattamento al clima tropicale. Il periodo della fioritura, da febbraio a giugno, è molto marcato, mentre altre fioriture si possono verificare in periodi non prevedibili. Perciò, mantenendo sempre della covata, ma in modesta quantità, le api si assicurano di essere pronte ad iniziare la bottinatura alla minima fioritura, evitando il rischio di forti mortalità di covata, nel caso si verificassero lunghi periodi con assenza di fioriture. Il grafico mostra chiaramente il periodo di raccolta di nettare e di polline, che si traduce in un rafforzamento delle colonie, da febbraio a giugno.
Le famiglie di api europee occupano in media 5 telaini. A partire da agosto, invece di indebolirsi leggermente, come le africanizzate, si bloccano letteralmente. In gennaio, sono prossime a morire, ragione per cui vengono rinforzate con l'introduzione di 2,5 favi di covata sana per colonia. Vedremo che questo indebolimento è dovuto alla varroa.

Dinamica delle popolazionidi varroa
Due fasi ritmano alternativamente la vita di una varroa fondatrice: la fase foretica, durante la quale è sull'ape adulta, e la fase riproduttiva, durante la quale è nella covata (si veda lo schema a pag. 6 del numero 7 di Lapis). La popolazione di varroe presenti in una colonia si può quindi suddividere in una popolazione di acari in fase foretica e in una popolazione di varroa nella covata.

Popolazione di varroe nella covata.
Un campione di covata di operaie è stato prelevato ogni mese da una colonia. I campioni, di una superficie di 20 CM2 contenevano circa 250 celle di covata; in laboratorio, 50 celle di ogni campione sono state aperte al fine di determinare la percentuale dicelle infestate dalla varroa ovvero il tasso di infestazione. Nelle celle infestate è stato determinato in modo preciso il numero di fondatrici.
Fig 4: tasso di infestazione della covata da parte di una, due o più varroe fondatrici, per le colonie europee(a sinistra) e africanizzate ( a destra), da agosto a gennaio 1996.La freccia indica il rafforzamento delle colonie europee con circa 10.000 celle di covata non infestata. Solo questo rafforzamento spiega una diminuizione del tasso di infestazione nelle colonie. Nelle colonie africanizzate, al contrario, il tasso di infestazione diminuisce spontaneamente, senza alcun intervento esterno.



Nelle colonie europee, il tasso di infestazione medio della covata è risultato del 28% (fig. 4). E' del 5% in agosto, cresce molto rapidamente fino a gennaio, arrivando al 50%; ciò spiega molto probabilmente il degrado delle colonie precedentemente evidenziato. Dopo il rinforzo delle famiglie con covata sana, il tasso di infestazione si riporta al 20% e si mantiene stabile fino al successivo mese di agosto; a questo punto l'infestazione aumenta di nuovo, seguendo lo stesso andamento dell'anno precedente. Nelle colonie africanizzate, il tasso di infestazione medio della covata è dell'11%. E' sempre del 5% in agosto; segue lo stesso andamento delle colonie europee arrivando ad un massimo del 20% in ottobre. Poi, da novembre a febbraio, appare un fenomeno mai descritto nella letteratura: la riduzione nel tempo del tasso di infestazione sino ad un valore dell'8%, che si mantiene stabile fino all'agosto successivo. Il modello del primo anno si ripete negli anni successivi.
Fig 5:stima del numero di varroe foretiche (sulle api adulte), del numero di varroe nella covata e della popolazione totale, in numero di individui per colonie, nelle colonie europee(a sinistra) e africanizzate (a destra), da agosto 1994 a gennaio 1996. La freccia indica il rafforzamento delle colonie europee.



Il tasso di infestazione, moltiplicato per il numero di celle di covata opercolata, fornisce il numero di varroe contenute nella covata (fig. 5). Tale valore segue esattamente le variazioni del tasso di infestazione sopra descritte, con una eccezione: nei due anni di studi nel mese di gennaio, in effetti, nelle famiglie di api europee erano presenti meno di 1000 celle di covata opercolata; questo fatto determina una considerevole riduzione nel numero di varroe presente nella covata.

Popolazionedi varroe foretiche
Un campione di 100 api adulte è stato prelevato ogni mese in tutte le colonie. Le api sono state immerse in alcool etilico al 50% per alcuni minuti, permettendo così il distacco degli acari dalle api ed il loro successivo conteggio. La stima del numero delle varroe in fase foretica è stata valutata moltiplicando il tasso di infestazione delle api adulte, determinato sul campione, per il numero di api presenti negli alveari, determinato sulla base delle celle di covata esistenti (fig. 5). Nelle colonie afrícanizzate, la popolazione di varroe in fase foretica è molto stabile nel corso del tempo; varia invece più nettamente nelle colonie europee, nelle quali si sono osservati nei due anni di osservazione due picchi, in corrispondenza dei mesi di gennaio, cioè nel momento in cui le colonie sono quasi in assenza di covata. Questo indica che in gennaio le varroe che non erano nella covata risultavano foretiche.

Popolazione totale di varroe
Il numero medio di acari nelle colonie europee è risultato di 2.835 unità su una popolazione media di 19.891 api, ossia un rapporto varroa/ape del 14,2%. Nelle colonie africanizzate la popolazione media di varroe è risultata pari a 1.513 unità su 28.423 api, ovvero unrapporto del 5,3%.
Mentre la popolazione di acari è limitata nella sua crescita nelle colonie di api europee dal deperimento stesso delle famiglie, nelle colonie africanizzate è invece mantenuta ad una soglia inferiore a 2.500 varroe da una ragione sconosciuta. Una tale popolazione non è tuttavia trascurabile ed è superiore alle soglie riscontate nei casi di tolleranza nell'ape cerana e nell'ape mellifera in Brasile e nella Papuasia. La popolazione riscontrata nelle api africanizzate non raggiunge tuttavia mai un livello in grado di causare gravi danni alle famiglie.
Questi dati permettono di concludere che, analogamente a quelle del Brasile, le api africanizzate del Messico sono tolleranti alla varroa. Nella terza parte di questo articolo, ne cercheremo i fattori responsabili.

Esame della discendenza di varroa.
Uno dei rari casi oggi conosciuti e provati di tolleranza delle api alla varroa è quello dell'ape africanizzata del Brasile. In questo paese, la tolleranza è, almeno sembra, dovuta soprattutto alla sterilità di una parte delle femmine di varroa fondatrici. E' opportuno, nel nostro caso, determinare la percentuale delle fondatrici fertili.
Al momento dell'esame mensile dei campioni di covata,sono stati accuratamente raccolti tutti gli stadi di sviluppo delle varroa. La raccolta delle uova è il momento più difficile di questa operazione, poiché, a causa della loro piccola dimensione e del loro colore bianco traslucido, si confondono facilmente con la ninfa dell'ape. Lo stadio di sviluppo di tutti i membri della discendenza di acari prelevati è stata identificata sulla base della morfologia degli individui (vedi I^ parte sul n. 7 di Lapis). La protoninfa è caratterizzata dalla presenza di tre paia di setole intercostali; il suo sesso non è invece determinabile con il solo esame visivo. La deutoninfa maschio o femmina si distingue grazie alle 5 o 6 paia di setole nella regione intercostale. La deutoninfa femmina ha il corpo tipicamente ellissoidale e appiattito dell'adulto, ma è di colore bianco. La giovane femmina adulta, infine, ha un corpo marrone chiaro; la femmina con più di 24 ore ha invece il corpo marrone scuro. Questi due ultimi stadi si distinguono anche per il fatto che la placca sternale è lievemente sclerotizzata intorno alle zampe nella giovane femmina, mentre è fortemente sclerotizzata nella femmina adulta. Il maschio adulto sembra alla protoninfa femmina, ma se ne distingue per il corpo più angoloso, meno grosso, e di colore leggermente verde.
Questi dati ci permettono di determinare il numero medio di discendenti in ogni stadio di sviluppo e per ogni fondatrice. Tuttavia solo il numero delle figlie adulte e fertili per ogni fondatrice è realmente interessante; per determinarlo, noi consideriamo fertile la discendenza delle celle contenenti un maschio, sterile la discendenza delle celle senza maschi. Durante i 18 mesi della ricerca e nei 20 alveari studiati, sono state così aperte sotto la lente di ingrandimento16.210 celle di covata, di cui2.898 infestate. Fig 6: calcolo della composizione della discendenza di varroe alla nascita dell'ape( media per fondatrice) per le colonie europee(a sinistra) e africanizzate (a destra) da agosto 1994 a gennaio 1996



Mese dopomese è stata determinata la discendenza di varroe per tutte le celle infestate e ne è stata calcolata la media (fig. 6).
Sembra che la discendenza sia relativamente costante nel corso del tempo. Nell'insieme delle 20 colonie osservate, le fondatrici producono in media 0,83 maschi, 1,30 figlie adulte e fertili, 0,05 figlie adulte sterili, e 1,22 figlie immature.
Gli stessi dati ci permettono di determinare il tasso di fertilità delle varroe fondatrici, vale a dire la percentuale con cui si riproducono. Nel suo complesso il tasso di fertilità è relativamente costante: nelle colonie di api europee il 77,8% delle fondatrici si riproduce, contro 77,4% in quelle africanizzate. Questi valori coincidono con le percentuali abituali di riproduzione in Europa e nelle api europee del Brasile.
In breve, tutte le fondatrici producono la stessa discendenza, secondo la stessa cronologia. Ciò significa che, contrariamente al Brasile, la tolleranza delle api africanizzate in Messico non è da attribuire alla sterilità delle fondatrici.

Conclusioni
Basandoci su 18 mesi di osservazioni, abbiamo potuto dimostrare che le api europee del Messico, come quelle dell'Europa e del resto dell'America, sono sensibili all'acaro Varroa jacobsoni. I termini di sensibilità delle colonie europee esprimono il fatto che, in assenza di trattamenti, queste colonie muoiono per il rapido sviluppo delle popolazioni diacari.
Le api africanizzate del Messico sono al contrario tolleranti alla Varroa. Utilizziamo il termine di tolleranza piuttosto che di resistenza per esprimere il fatto che queste colonie sopportano una popolazione non trascurabile di acari (fino a 2.500 individui), certamente dannosa, ma ciò nonostante sopportabile dalle colonie. Al contrario, il termine resistenza esprimerebbe il fatto che le colonie non soffrano per nulla a causa della presenza delle varroe; ciò si verificherebbe solo nel caso che le popolazioni del parassita fossero stabilizzate ad un valore molto basso. Bisogna specificare chese la popolazione di acari nelle colonie africanizzate in un periodo dell'anno è elevata, diminuisce subito molto rapidamente. Si tratta della prima originalità del nostro lavoro: per la prima volta abbiamo osservato una diminuzione della popolazione di acari in una colonia.
Certamente, la domanda che viene immediatamente in mente, alla quale noi tenteremo di rispondere nella terza parte di questo articolo, è di sapere quali fattori possono spiegare la tolleranza delle api africanizzate al parassita.Fin d'ora, e si tratta della seconda originalità del nostro lavoro, abbiamo dimostrato che la fertilità delle varroe fondatrici non permette di spiegare questa tolleranza. In tutti gli altri casi conosciuti, in effetti, la sterilità di tutte o parte delle fondatrici era il fattore principale della tolleranza stessa. Nel nostro caso al contrario, c'ètolleranza malgrado un normale tasso di fertilità: ci troviamo quindi davanti ad una diversa origine dei fattori di tolleranza.

A cura di Rémy Vandame & Marc Colin (e-mail : remy.vandame@univ-lyon1.fr)
INRA - Station de Zoologie & Apidologie - 84914 Avignon cedex 9

Traduzione di S. Curti
Tratto da "Abeilles & Fleurs" n°459 - Giugno - luglio - agosto 1997
Nota bene : la sintesi bibliografica qui presentata insieme a quelle che saranno presentate nella prossima parte di questoarticolo,hanno costituito l'oggetto di una tesi di dottoratopresentata da Rémy Vandame, nel dicembre 1996, all'universitàdi Lione. Questa tesi ha dato luogo a un documento di 120 pagine,che è disponibile presso la redazione di Abeilles & Fleurs(32 bis, boulevard Gambetta, 03200 Vichy,Francia) o presso l'autore(Rémy Vandame-Route de Malval-69670 Vaugneray),con una partecipazione di 100F.

RIFERIMENTIBIBLIOGRAFICI PRINCIPALI:
Daly HV. & Balling SS. (1978) identificazion of Africanized honeybees in the western hemisphere by discriminant analysis. J Kansas Entomological Soc 51:857-869
Ifantidis MD. (1984) Parameters of the popuklation dynamics of the Varroa mite on Honeybees. J apocultural Res 23 : 227-233
Ritter W. & de Jong D. (1984) Reproduction of Varroa jacobsoni Oud. in Europe, the middle cast and tropical South America. Zeitschrift für Angewandte Entomologie 98 : 55-57
Rosenkranz P. & Engels W. (1994) Infertility of Varroa jacobsoni females after invasion into Apis Mellifera worker brood as a tolerance factor against Varroatosi. Apidologie 25: 402-411.
[segue]3^parte